* 1 – La liturgia che cosa è?
Ornamenti? Regole per la celebrazione? Cerimoniale per festeggiare? Ricordo del passato per la nostra edificazione e incoraggiamento a vivere meglio? Modo per ritrovarsi tra cristiani? Una forma didattica di catechesi? Una manifestazione comune di fede? Un modo speciale di preghiera? Un aiuto per la nostra vita religiosa? Un modo riservato a persone delicate, intellettuali, umaniste per pregare?
La liturgia spesso comporta in parte questi elementi ma non è questo! Allora?
Leggere attentamente la Sacra Costituzione sulla Liturgia (SC), anzitutto i numeri 5 – 13.
In breve: La Liturgia è attuazione nell’oggi
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dei misteri di salvezza (Cioè degli interventi di Dio e specificamente di Cristo, ma questi interventi iniziano nell’Antico Testamento)
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dei quali siamo contemporanei e attori
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per la ricostruzione del mondo verso l’ultimo giorno.
Esempio: La Messa è attuazione dell’unico sacrificio di Cristo davanti ai battezzati affinché sia possibile loro offrirsi con Cristo per realizzare l’Alleanza, cioè ricreazione del mondo nell’unità con Dio e in se stesso.
* 2 – Conseguenze:
1 - Il Signore è sempre presente nella sua Chiesa, però lo è particolarmente quando si celebra la liturgia dove vengono attuati i misteri passati della salvezza. Perché nella liturgia celebriamo un momento, nella storia della salvezza, che sta continuando fino al ritorno di Cristo.
2 - Dunque il Signore quando si celebra la liturgia è anzitutto realmente presente nella Santa Eucaristia.
- E’ anche presente nella proclamazione della sua Parola, a tal punto che - Cristo stesso proclama il suo Vangelo.
- E’ anche presente nella celebrazione dei sacramenti, ecc.
Però questi ultimi modi di presenza sono reali? Paolo VI nell’enciclica Mysterium fidei scrisse: “Quando dico reale la presenza di Cristo nell’eucaristia, non la dico reale escludendo la realtà degli altri modi di presenza, ma la dico reale per eccellenza. Cioè se celebro un battesimo, Cristo battezza, finito il battesimo non c’è più questo modo specifico di presenza. Se proclamo la parola, il libro rimane il libro, e finita la proclamazione non c’è più questo modo specifico di presenza. Ma se celebro l’eucaristia, mentre rimangono le Specie eucaristiche, cioè il pane e il vino consacrati, rimane la presenza, la quale è dunque presenza per eccellenza”.
3- Di conseguenza la liturgia è l’attività per eccellenza della Chiesa ed essa non può realizzare niente più efficace che la celebrazione liturgica che è la prima attività sua.
Però se la liturgia è la prima attività della Chiesa non è la sola e la Chiesa deve anche evangelizzare, affinché credendo sia possibile ai non credenti di celebrare la liturgia.
Però accanto alla liturgia esiste e deve esistere la preghiera privata nella stanza raccolta.
Però accanto alla liturgia esistono le devozioni e gli esercizi di pietà i quali, nel momento in cui non ostacolano la celebrazione piena della liturgia, rimangono apprezzabili.
Però la liturgia rimane l’attività maggiore della Chiesa e non ve ne è un’altra più grande; e come potrebbe essercene un’altra? La liturgia provoca modi diversi di presenza del Signore nell’attuazione dei suoi misteri di salvezza!
2 – LA CELEBRAZIONE DELLA CENA DEL SIGNORE
A – Celebrazione della Parola
Conosciamo l’importanza della liturgia della Parola nella quale, in un modo specifico, Cristo Signore è presente. Se, dunque, la lettura privata personale della Bibbia è necessaria, non ha però l’efficacia della Parola proclamata-ascoltata, perchè il Signore stesso, presente, proclama lui stesso la Parola.
1 – Struttura della liturgia della Parola
Gli Atti degli Apostoli ci mostrano i discepoli assidui all’ascolto della Parola, i quali rientrati a casa, celebrano la frazione del Pane.
Gli Apostoli come ebrei conoscevano la Scrittura e le descrizioni del libro del Deuteronomio e quello di Esdra nei quali si vede che il popolo ascolta la parola come detta da Dio stesso, dal suo inviato e nel libro di Esdra vediamo che colui che proclama la parola è salito sopra un palco che sarà il Bema ebraico e il nostro Ambone.
Quando san Giustino nel 150 scrisse la sua prima Apologia ad Antonino il Pio, nel capitolo 67 ci da la struttura della liturgia della Parola celebrata prima dell’eucaristia. Si vede che si leggono i Profeti, poi l’Apostolo, cioè le lettere apostoliche, poi il vangelo. Poi colui che presiede commenta ciò che è stato letto. Poi vengono delle preghiere per la comunità e i fedeli si danno il bacio di pace prima che siano portati il pane e il vino che saranno consacrati come è ancora nel Rito Ambrosiano.
Abbiamo qui la struttura della liturgia del sabato mattina nelle sinagoghe dell’epoca:
Lettura della legge, canti, lettura del Profeta, Targun (commentario) e preghiere.
Noi nella liturgia del venerdì santo, abbiamo la stessa struttura:
Lettura dell’Antico Testamento
Lettura dell’Apostolo
Lettura della Passione
Omelia
Grande preghiere solenne
Questa semplice struttura ereditata della sinagoga, è stata conservata fino al secolo V, ci presenta dunque gli elementi essenziali, mai trascurabili della liturgia della Parola. Sono gli elementi che devono essere più curati.
Nel secolo V entrano elementi di natura pastorale ma secondari:
a) Prima della celebrazione si canta il Gloria in excelsis Deo ma soltanto a Natale e quando, il vescovo celebra. Più tardi verso il secolo XII sarà cantato anche a Pasqua e da tutti sacerdoti.
b) Nello stesso secolo viene introdotto un canto d’entrata, mentre il sacerdote cammina verso l’altare. Si canta spesso il Salmo 150, poi si sceglierà un antifona e un salmo adatti al giorno in cui si celebra.
c) Verso il secolo VI, viene introdotto il Kyrie eleison. e nel tempo di Gregorio Magno si vede che la domenica sono espresse delle intenzioni prima di ciascun Kyrie.
Kyrie eleison era prima una esclamazione greca di gloria all’imperatore in una festa. Era dunque un esclamazione pagana ripresa dai cristiani per acclamare il loro Signore di gloria: il Cristo. Forse questa acclamazione era indirizzata dai cristiani radunati dopo l’entrata del vescovo che rappresenta Cristo sacerdote.
Ai nostri giorni il significato del Kyrie eleison si è spesso modificato e nell’atto penitenziale è diventato una richiesta di perdono.
d) Benchè la Didachè negli anni 80—90 preveda, il riconoscimento dello stato di peccatore da tutti i fedeli che vogliono celebrare, appare soltanto nel secolo X un atto penitenziale ma soltanto per i ministri dell’altare che lo dialogano insieme. Il Vat II ha stabilito diversi modi di celebrare un atto penitenziale prima di iniziare la Messa.
e) Però tra le letture e come risposta alla Parola di Dio vi sono delle esclamazioni o canti che s’incontrano già nell’Antico Testamento, nel libro di Esdra, per esempio, nel quale il popolo esclama Amen, Amen dopo le letture. Nella Chiesa di Roma è stato presto introdotto un salmo che chiamiamo responsoriale che è risposta alla Parola ma che si chiamava graduale, perché il diacono cantava il salmo, non dall’ambone, ma da un gradus, gradino che saliva all’ambone; questo canto si terminava da una formula musicale ripresa dall’assemblea. Il canto dell’Alleluia, invece serviva per accompagnare la processione con l’evangeliario verso l’ambone.
Il canto del salmo responsoriale ha, dunque, una grande importanza nella struttura della liturgia della Parola, e costituisce il dialogo di Dio con il suo popolo.
f) La preghiera solenne come l’abbiamo il venerdì santo dopo l’omelia per concludere la liturgia della Parola era il modo consueto, nella Messa, di pregare per concludere la liturgia della Parola. Questa forma di preghiera si è trasformata nel tempo del Papa Gelasio in una preghiera di forma litanica come la facciamo oggi. Poi questa preghiera è sparita nel corso dei secoli e ne è rimasto forse l’Oremus che il sacerdote diceva prima di cominciare l’offertorio e che era l’inizio della preghiera litanica che non si faceva più.
2 – Realizzazione pastorale della liturgia della Parola
La storia e la teologia della liturgia dimostra che la parte essenziale di questa liturgia è evidentemente la Parola proclamata come producendo uno dei modi della presenza di Cristo e attuando nell’oggi gli avvenimenti proclamati.
Di conseguenza sono le letture che devono essere anzitutto curate e messe in rilievo. Non ci si deve preoccupare in primo luogo del Kyrie o del canto d’entrata ecc. ma sono le letture che devono essere l’oggetto delle più grandi preoccupazioni. Nello stesso momento si vede che il salmo responsoriale, risposta alla parola e che istituisce il dialogo deve essere anzitutto curato con le letture. L’Alleluia è piuttosto un canto d’accompagnamento dell’evangeliario trasferito dall’altare all’ambone; ma il canto responsoriale è cantato per se stesso.
Per le letture: Esse devono essere preparate con cura: cioè conoscere il significato esegetico della lettura, il suo significato nel contesto della celebrazione. Poi si passa alla pronuncia: il testo deve essere proclamato, non semplicemente letto; è una comunicazione di Dio al suo popolo. Proclamare non significa mettersi al primo piano: il testo deve essere messo in rilievo e il lettore deve situarsi come dietro la lettura, proclamandola con la vita, realizzazione difficile. Si tratta di non sentirsi “il protagonista”.
Per il graduale: Deve corrispondere con la lettura. Non si canta dunque un qualsiasi canto ma quello che viene suggerito nel messale e che corrisponde con la lettura.
L’acustica è evidentemente di grande importanza. Tutti gli sforzi devono essere realizzati per migliorare l’acustica in una chiesa. I problemi di microfoni sono difficili da risolvere, ma si devono risolvere. I lettori devono imparare a utilizzare un microfono secondo la natura di esso.
L’ambone non è il leggio, il quale è una parte dell’ambone, che è il posto designato per la lettura, ben in vista e abbastanza elevato. Le chiese italiane conservano spesso antichi amboni purtroppo non sempre utilizzati. E’ utilizzato soltanto per la proclamazione delle letture, per l’omelia, non per diriger in canto o dare avvisi. Potrebbe essere utilizzato dal diacono soltanto per la preghiera universale.
I Libri devono essere degnamente trattati. Sarebbe bene che ci fosse un armadio nella chiesa, forse presso l’ambone nel quale siano conservati i libri liturgici. Si deve assolutamente non utilizzare un libro qualsiasi per le letture ma un libro speciale e distinto dalla sua copertura più ricca.
Nella Messa solenne, il libro dei vangeli è portato dal diacono e deposto sull’altare all’arrivo dopo l’entrata. Dopo la proclamazione del vangelo il libro potrebbe rimanere aperto e girato verso il popolo.
I vestiti. Essendo evidente che i vestiti degli uomini e delle donne che proclamano le letture devono essere decenti e decorosi, si può discutere dell’opportunità di un vestito particolare. Questo dipende un po’ dalle possibilità e dalla mentalità di una comunità. I vestiti laici possono avere un significato particolare: il ruolo del laico nella liturgia. Però un vestito, per esempio un mantello lungo e ampio indossato per la lettura e di colore bianco, può anche essere significativo del laico che riveste un potere specifico rendendo attuale ciò che proclama nel nome del Signore.
Comportamento del lettore. Il lettore non deve leggere dal suo posto ma andare verso il posto delle letture, aspettando che la risposta Amen sia stata detta alla conclusione della preghiera colletta. Poi si dirige verso il posto delle letture, lentamente affinché sia ben visto da tutti. Non inizia la lettura prima che tutti i fedeli siano seduti nella calma e nel silenzio.
Dopo la lettura si fa un silenzio, prima di cantare il salmo responsoriale. Il lettore per non disturbare questo silenzio, rimane al suo posto e non si muove prima che sia iniziato il canto del salmo responsoriale.
Comportamento dei fedeli. Si deve assolutamente proibire ai fedeli di camminare nella chiesa mentre si proclama la Parola di Dio. Perciò sarebbe bene che due o tre giovani all’entrata della chiesa blocchino i fedeli che vorrebbero muoversi arrivando in ritardo. Devono aspettare la fine della lettura e del silenzio che segue e si deve spiegare perché.
Uso del messale o altri sussidi. Il messale può essere utile nella chiesa per le risposte ecc; ma non per leggere le letture ecc, mentre sono proclamate. Tutto ciò che è detto e pregato ad alta voce dal celebrante o lettore deve essere ascoltato e non letto nel messale o in sussidio. Questi sussidi dovrebbero contenere soltanto ciò che è necessario per le risposte dei fedeli e nient’altro: senza letture, senza preghiere eucaristiche, ecc. Ma il messale e i sussidi possono essere utili per essere portati via dopo per rileggere le letture della Messa.
L’atto penitenziale. Come l’abbiamo visto si è sviluppato molto. Ma sono presentati diversi modi di realizzarlo. Penso che nel Tempo pasquale sarebbe buono utilizzare l’aspersione con il canto adatto al Tempo di Pasqua, in quel caso non si canta il Kyrie. Ma attenzione a non prolungare l’atto penitenziale e di rispettare le proporzioni tra i diversi elementi della liturgia della Parola senza ingrandire un elemento forse secondario, rovinando così lo svolgimento dell’insieme.
Per esempio la scelta di un canto del Kyrie e del Gloria troppo estesi può “sproporzionare” la struttura della liturgia della Parola. Si deve calcolare la misura di ciascun elemento.
Dove è possibile si dovrebbe incoraggiare una riunione aperta nella quale si preparino esegeticamente e liturgicamente le letture delle Domeniche e delle feste. Se questo è ben realizzato, contribuisce a consolidare l’unità coerente della comunità parrocchiale.
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