Una serata al Rotary, vicino di tavola un rabbino, invitato, come me per una conversazione sul dialogo interreligioso.
In verità per un impegno precedente arriva un po' tardi, siamo già al dessert.
Viene servita una invitante creazione di frutta e gelato al fior di latte, ma lui, rivolto al cameriere, "lei è sicuro che in questo piatto non sia mai stata servita della carne?". Il poveretto lo guarda con un'aria un po' smarrita e balbetta un generico "non so, non credo"; "allora grazie ma non posso accettare, mi può portare solo una mela?". Lo scambio di battute è certamente originale e imbarazzante, ma risponde ad una seria prescrizione alimentare ebraica. "Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre", dice la Scrittura. E quindi gli ebrei osservanti dividono accuratamente gli alimenti che contengono carne da quelli che contengono latte; anche per quanto riguarda i piatti e il pentolame, tanto che in alcune abitazioni la diverse stoviglie trovano posto in camere separate.
Forse è a tutti noto che il mondo ebraico bandisce dalle sue tavole la carne di maiale, ma non è l'unica prescrizione alimentare. Per quanto riguarda la carne "potrete mangiare di ogni quadrupede che ha l'unghia bipartita, divisa in due da una fessura, e che rumina. Ma non mangerete quelli che ruminano soltanto o che hanno soltanto l'unghia bipartita, divisa da una fessura e cioè il cammello, la lepre, l'ìrace ... anche il porco, che ha l'unghia bipartita ma non rumina, lo considererete immondo... Fra tutti gli animali che vivono nelle acque potrete mangiare quelli che hanno pinne e squame; ma non mangerete nessuno di quelli che non hanno pinne, squame ... Potrete mangiare qualunque uccello di questo mondo; ecco quelli che non potrete mangiare: l'aquila, l'ossìfraga e l'aquila di mare, il nibbio e ogni specie di falco, ogni specie di corvo, lo struzzo, la civetta, il gabbiano e ogni specie di sparviero, il gufo, l'ibis, il cigno, il pellicano, la fòlaga, l'alcione, la cicogna, ogni specie di airone, l'ùpupa e il pipistrello"(Deuteronomio 14).
Alcune prescrizioni sono passate anche all'Islam, che all'origine condivide con il popolo ebraico lo stesso contesto geografico. Anche per i mussulmani è proibita la carne di suino, come pure la cacciagione, cioè animali uccisi in modo violento e i pesci che sono definiti di basso fondo", ovvero strisciano sulla sabbia e quindi anche molto i molluschi. L'Islam, poi, aggiunge il succo di uva fermentato, quindi tutti i tipi di vino, e si potrebbero continuare con le prescrizioni sulla modalità di macellazione o di cottura per non rendere un cibo halal o kasher (il significato è analogo).
La carne è anche un problema per il mondo indù e buddhista, che è in gran parte vegetariano, o, in alcuni casi, non mischia carne con legumi ( buddhisti). Ma la carne non è l'unico alimento a subire restrizioni, perché gli indù di casta elevata sono anche molto attenti a non mischiare cereali e legumi.
Alcuni commentano che le prescrizioni sono un portato culturale derivante dalla necessità di evitare cibi di facile deperibilità, ma questo, certamente comprensibile in ambienti a clima molto caldo, non giustificherebbe prescrizioni alimentari come quelle degli Avventisti del Settimo Giorno, nati negli Usa, che aboliscono dalle loro tavole la carne. Ma il palato vuole la sua parte anche a fronte di prescrizioni religiose e quindi le loro università hanno sviluppato tecnologie, di interesse per molti cuochi, per riprodurre con ingredienti vegetali il gusto e anche l'aspetto della carne e del salame, suscitando l'apprezzamento degli specialisti. Altre branche del protestantesimo applicano alla lettera la proibizione biblica di non "mangiare sangue", mentre altri si limitano a non mangiare il sanguinaccio. Problema di infimo ordine, verrebbe da commentare , se non fosse che il più grande scisma tra i pentecostali italiani è avvenuto intorno alla questione del sanguinacci. Anche nelle Filippine c'è una versione del sanguinaccio e sono nati movimenti religiosi che lo rifiutano, come l'Iglesia di Cristo, diffusa anche in Italia fra gli immigrati. Altro caso quello dei Mormoni che seguendo "la Parola di saggezza" del loro fondatore, il rev. Joseph Smith, escludono il fumo, caffè, thè, vino e comunque sostanze eccitanti. Per lunghi anni si discusse sulla Coca Cola, che contiene caffeina. Per preservare il mercato mormone (non piccolo: nel mondo sono sedici milioni, più degli ebrei) la Coca Cola decise di collaborare rivelando solo ai capi mormoni la famosa formula, tenuta segreta con misure rigorosissime. Nonostante le conclusioni dell'indagine favorevoli alla Coca Cola, i mormoni molto rigorosi preferiscono non berla.
Il movimento neo-zoroastriano Mazdaznan, che ebbe molto successo nei primi decenni del Novecento, in Germania e Svizzera, ha ricostruito in modo meticoloso le prescrizioni dietetiche degli antichi zoroastriani, interpretandole a modo suo. La cosa è di rilievo, perché uno dei primi docenti della famosa scuola tedesca di arte, il Bauhaus, il pittore svizzero Johannes Itten (1888-1967), era un fanatico adepto di Mazdaznan, e imponeva una rigorosa dieta base di aglio agli studenti. Dopo qualche mese venne però allontanato dall'insegnamento perché i suoi studenti erano deboli e denutriti e inoltre l'odore di aglio era talmente forte da impregnare le aule.
E il mondo Cattolico? "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!" (Mt 15,11). Il cattolicesimo ha sempre avuto un rapporto sereno con l'alimentazione e quindi, a parte l'indicazione generale di evitare ogni eccesso sia nel consumo del cibi che delle bevande, non vi sono mai state delle prescrizioni limitative. Religione dell'Incarnazione, il cristianesimo ha a che fare con tutto ciò che è umano. Dio stesso utilizza il cibo come strumento di comunicazione per la sua forte carica simbolica: molti episodi del Vangelo presentano Gesù seduto a tavola con i suoi discepoli: a Cana trasforma l'acqua in ottimo vino; sulle rive del lago Tiberiade moltiplica i pani e i pesci; dopo la Risurrezione con semplicità e delicatezza cucina pese arrostito e pane facendo trovare tutto pronto ai suoi discepoli stanchi per la lunga pesca. Gesù ben conosce quanta familiarità si crea tra le persone quando si siede alla stessa mensa. Ed è per questo che la cucina nella tradizione cattolica non è solo una necessità per sopravvivere ma, come ama ricordare Vittorio Messori, un modo per rendere gloria a Dio partendo dai frutti della terra e trasformandoli in un'opera d'arte.
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