San Benedetto, fondatore dei Benedettini, invita i monaci a riunirsi varie volte al giorno per compiere quella che egli chiama l’Opus Dei e che è a un tempo – i monaci ne fanno esperienza – un’opera che Dio compie in noi e un lavoro o un ufficio che noi abbiamo il dovere e la gioia di compiere per Dio.
Una preghiera comunitaria
Parecchie volte al giorno - sette al massimo, tre al minimo, giacché la frequenza è variata lungo i secoli – una comunità di monaci si riunisce per rimanere alla presenza di Dio, lodarlo e pregarlo. Lo svolgimento della preghiera è previsto e programmato inIn questa preghiera comunitaria io non perdo la mia personalità, ma piuttosto la sviluppo: io mi appoggio sui miei fratelli e d’altra parte so che do loro qualche cosa. precedenza e io entro con i miei fratelli in questo programma, che varia ogni giorno e varia secondo le stagioni, ma un programma che ci viene dato che noi accettiamo.
Io non prego da solo, ma devo inventare la mia preghiera; prego con gli altri e insieme preghiamo con i testi che la liturgia ci propone. In questa preghiera comunitaria io non perdo la mia personalità, ma piuttosto la sviluppo: io mi appoggio sui miei fratelli e d’altra parte so che do loro qualche cosa. Il giorno in cui posso partecipare alla preghiera comune e mi sforzo di pregare da solo con gli stessi testi, non provo un sentimento di libertà e di autonomia, ma piuttosto un senso di frustrazione. Così la mia preghiera fondamentale è una preghiera comunitaria e liturgica, che mi nutre e mi sazia e che liberamente posso prolungare in una adorazione o una supplica personale.
Un Dio unico o trinitario?
Mentre prego e celebro la liturgia, mi pongo una domanda: quale è il Dio quale mi rivolgo? La risposta non è semplice. Se si domanda a un cristiano, che per definizione crede a un Dio in tre persone, se nella preghiera s’indirizza al Padre o al Cristo, egli è spesso imbarazzato, e lo si capisce.
Anche la liturgia ci pone in attitudini diverse. Quando cantiamo i salmi, tanto belli e numerosi, noi ci indirizziamo al Dio unico, al solo padrone del mondo, all’unico rifugio dell’uomo. Il fatto di terminare ogni salmo con la dossologia “gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo” manifesta il desiderio di equilibrare questo indirizzo al Dio unico con un ricordo trinitario, ma non cambia l’orientamento fondamentale della nostra lode e della nostra supplica.
Come sorpresa constatiamo che la maggioranza delle orazioni tradizionali della liturgia cattolica, che usiamo nella messa o nell’ufficio divino, non menzionano che un solo Dio. Esse invocano il Dio eterno e onnipotente, il Dio di potenza e di misericordia, al quale indirizziamo questa o quella domanda. Qui ancora, con una conclusione invariabile nominiamo il Figlio e lo Spirito Santo; “Per Gesù Cristo tuo Figlio, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo”. Molte collette che si trovano nel Messale potrebbero essere indette da un Musulmano. Un grande lavoro dovrebbe farsi per cristianizzare questo vasto repertorio di orazioni.
Nella più bella e più ricca di tutte le preghiere della liturgia cattolica il Dio in tre persone, specifico dei cristiani, si manifesta in tutto il suo splendore e la sua azione: la Preghiera eucaristica, che è il centro della nostra liturgia, è pienamente trinitaria. S’indirizza a Dio Padre, e gli chiede di mandare il suo Spirito sulle offerte per santificarle e consacrarle e fa memoria, sotto forme diverse, del suo Figlio amato che egli ha inviato per salvarci.
Nella Preghiera eucaristica, la nostra azione di grazie – poiché è questo il significato della parola “eucaristia” – s’indirizza al Padre, ma non cessa di riferirsi al Figlio e allo Spirito. Si chiude naturalmente con la dossologia trinitaria che, dopo aver nominato Gesù Cristo, continua: “Per lui, con lui e in lui, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli”.
Se una tale preghiera di lode e di ringraziamento si trova al centro della liturgia cattolica, evidentemente ci invita a mettere gli stessi sentimenti al centro della nostra preghiera personale.
Dio creatore o Dio Salvatore?
Un’altra attenzione feconda nasce dalla pratica assidua della preghiera liturgica. Il divo che noi lodiamo e invochiamo è Dio creatore o il Dio Salvatore? La domanda può sorprendere, ma merita che ci fermiamo un istante a riflettere.
Nel Messale la menzione del Creatore è rarissima. Certamente all’inizio del Credo affermiamo la nostra fede “in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. Inoltre, all’inizio della Preghiera eucaristica IV, un soffio di lirismo ci fa esclamare: “Tu solo sei buono e fonte della vita, e hai dato origine all’universo, per effondere il tuo amore su tutte le tue creature. Ma tali esclamazioni sono eccezionali. La maggioranza delle orazioni chiede a Dio di venire in nostro soccorso, di aiutarci, di liberarci. Esprimendo una teologia che ci lascia perplessi, la liturgia non teme di dire che siamo “schiavi del peccato”, e durante il tempo Pasquale assicura che la passione del Cristo ci ha “riscattati” e implora Dio perché “continui in noi la sua opera di redenzione”.
Veramente noi siamo prigionieri o schiavi del peccato? Come comprendere questa idea di “redenzione”? Da quale proprietario, abusivo ma reale, il Dio onnipotente e misericordioso dovrebbe riscattarci, prezzo del sangue e del suo Figlio? E’ meglio parlare di salvezza o liberazione, perché tutti riconosciamo che la nostra libertà è fragile o incompleta. A parte queste sfumature teologiche, il Messale generalmente ci mette in presenza di un Dio Redentore o Salvatore e molto più raramente del Creatore del mondo o dell’uomo, al quale vorremmo esprimere la nostra meraviglia, la nostra ammirazione, la nostra gratitudine. Troviamo piuttosto nei salmi, negli innumerevoli salmi di lode e di acclamazione, l’ininterrotto clamore dell’universo e dell’umanità. L’Ufficio del mattino, che porta appunto il nome di “lodi”, è composto nella maggior parte di salmi di lode. Felici quelli che celebrano questa liturgia mattutina e vi trovano, fin dall’alba, il tono di una preghiera personale che potrà svilupparsi lungo tutta la giornata.
Concludiamo dicendo semplicemente che la preghiera liturgica ha il grande vantaggio l’aprire all’infinito l’orizzonte della nostra relazione con Dio. Essa è il luogo della conoscenza di Dio e di un Dio personale. È il luogo della conoscenza e del riconoscimento di Dio che è a un tempo il Creatore dell’uomo e il suo Salvatore o Liberatore. E’ il luogo dove l’uomo trova al massimo la sua identità e la sua dignità.
P. Philippe Rouillard osb
Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità.
Come tu mi hai mandato nel mondo, anche io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa.
Gv 17,11.15-21
Clicca qui per andare all'INDICE di "Altre forme di Preghiera"