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Sabato, 26 Marzo 2005 11:35

Lectio (1 Cor 15, 20-44; 54-58)

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Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; ne come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.

Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. 

Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? 0gni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.

Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.

 

La nostra risurrezione

 

Tutto il capitolo 15 è un capo­lavoro. Si divide in tre parti:

- vv. 1-11: la risurrezione di Cristo;

- vv. 12-34: la nostra risurrezione;

- vv. 35-58: il "come" della risur­rezione o il problema dei corpi risuscitati.


La parte più importante è la prima, dove Paolo trasmette il Ke­rigma: la morte e la risurrezione di Cristo, e dove evoca il suo in­contro sulla via di Damasco, quin­di il momento fondamentale della sua vita, dell'ideale incarnato nel reale. Consideriamo solo qualche versetto della seconda parte, sul tema dell' ordine della risurrezio­ne, dove viene presenta­ta la visione finale che ci attende. Questa visione finale dobbiamo meditar­la sempre, perché illumi­na ed aiuta la visione oscura, debole, del tem­po che viviamo.


 Rileg­giamo i vv. 22-28:


Cristo è il primo dei risorti, con lui la ri­surrezione è già ini­ziata. Poi giunge il tempo della risurrezione per co­loro che appartengono a Cristo.

Quindi sarà la fine (è la stessa parola usata in 1Cor 13, 10: «quando verrà ciò che è perfet­to»), La fine, la perfezione, cor­risponde al momento in cui Cri­sto consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver sottomesso completamente i nemici. Paolo afferma la regalità del Padre e la distruzione di ogni opposizione, morte compresa. È quello che ri­ferisce anche Ap 21,3-4.

Nei vv. 27b-28 si dischiude la porta ad un altro mistero che rappresenta la grande ed invin­cibile speranza del mondo. Si af­ferma, infatti, che quando ogni cosa sarà sottomessa al Figlio, allora lo stesso Figlio sarà sotto­messo a Colui che gli ha sotto­messo ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Una immagine di grande bellezza: «Dio tutto in tutti».

Dunque tutti risplenderanno della gloria di Dio, tutti saranno penetrati dal suo amore, tutti lo conosceranno come siamo da Lui conosciuti, faccia a faccia.

Ai vv. 57-58, il capitolo si con­        clude rendendo grazie a Dio che ci dà la vittoria in Gesù, ed esortando i Corinti a re­stare saldi e irremovi­bili, prodigandosi nel­l'opera del Signo­re, sapendo che la loro fatica non è vana. In realtà è lui stesso che, contemplando. il non-an­cora della sua realizzazione finale, non si lascia, nel già ora, sconfiggere dalle difficoltà di una Chiesa concreta.

Riprendiamo dall'inizio la no­stra lettura, cercando di approfon­dire alcuni versi. Con un linguag­gio a diatriba, Paolo prende in considerazione un uso invalso a Corinto, quello di battezzarsi in nome di un defunto, quasi un bat­tesimo vicario. Ben più significati­vo, nella lettera, è però l'insegna­mento sul "corpo spirituale", che sembra una contraddizione nei termini. Si fa, infatti, riferimento all'efficacissimo paragone del se­me: si semina un chicco, ma non viene fuori un chicco, ma una pianta. Così dal corpo mortale, viene fuori un corpo in Spirito Santo: un uomo nuovo; un uomo "celeste"; un vivente suscitatore di vita. Così è Gesù risorto; così sarà per ciascuno di noi. Il lin­guaggio assume a questo riguardo

dei toni apocalittici: lo si evince anche solo dal richiamo alla "tromba". Questo è l'annuncio del "mistero", dell' evento di salvezza: la morte è vinta.

Nella considerazione del grande evento pasquale di morte e risur­rezione, a cui l'umanità è associa­ta, non deve mai essere persa di vista l'agape-carità. Proprio nella futura manifestazione del Signo­re, Paolo evoca di frequente il rife­rimento all' amore. In questa pro­spettiva, nella carità che tutti co­involge, l'intero capitolo 15 ci fa contemplare la ricapitolazione di tutto nel Cristo risuscitato. È que­sta la nostra grande attesa, che esprimiamo nell'avvicendarsi dei giorni, vivendo la fedeltà alla no­stra vocazione-missione. La cele­brazione dell'eucaristia e degli al­tri sacramenti, è memoria dell' e­vento-Cristo, nell'attesa della ri­surrezione gloriosa di quanti cre­dono e vivono in Lui. La risurre­zione di Gesù è al centro del tem­po, così ogni domenica noi ricor­diamo la grande "vittoria" della fi­ne dei tempi, la visione della glo­ria che ci attende.

Due messaggi, nei vv. 22-28, prendono rilievo per la nostra vita nello Spirito. La certezza del Re­gno: "Bisogna" è la grande parola del disegno di Dio - "che egli re­gni". Dobbiamo assolutamente mantenere la certezza della meta, del tempo finale della storia. La presenza del Padre al mondo e del mondo al Padre: "Dio tutto in tut­ti" dice che la storia tutta è un cammino verso il Padre. È l'invito a contemplare il grande pellegri­naggio dell'umanità verso la casa del Padre, dell'umanità tutta: tut­te le razze, tutte le religioni rac­colte in Dio.


In che cosa debbo uscire dalla sfera di influenza adamitica?

Come essere incorporato definitivamente in Cristo?

Pura passività di fronte al dono celeste?

O impegno nell’opera del Signore per la crescita dell’uomo e del mondo?


Luciano Pacomio

 

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Letto 4122 volte Ultima modifica il Mercoledì, 26 Febbraio 2014 15:53

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