Il buddha
Siddarta Gautama, un principe indiano vissuto tra il 566 ed il 485 a.C.., detto anche Sakyamuni, il saggio della tribù dei Kania.
È uno dei più grandi maestri di spirito che abbia avuto l’umanità.
Sappiamo poco di lui da un punto di vista storico. Certamente colpito da alcuni aspetti della vita, malattia ¡ vecchiaia ¡ morte, scelse una vita di rinuncia al mondo per cercare un nuovo significato dell’esistenza.
Ottenuta, in modo straordinaria, l’illuminazione volle renderne partecipi anche altre persone.
Insegnò e praticò un “Cammino intermedio” tra i due opposti, vita di piaceri ed estremo ascetismo. Si attenne personalmente ed insegnò la rinuncia più totale ad ogni forma di egoismo.
Non si presenta mai come un essere sovrumano; è stato, ed è, un predicatore di salvezza, un uomo esemplare.
Le dottrine etico-religiose
Gli insegnamenti del Buddha riguardano principalmente:
le quattro nobili verità:
“Esistenza del dolore, della sua causa, dei mezzi per eliminarlo, della sua estinzione”
ed i cinque precetti etici:
“Non rubare, non uccidere, non mentire, non commettere adulterio, non uso di sostanze inebrianti”
questi ultimi si tradurranno per i monaci, che compongono con i laici la comunità sangha, nei voti:
“povertà, assoluta non violenza, castità perfetta”.
Regole precise e severe regolano la vita dei monaci:
esame di coscienza,
confessione dei peccati,
povertà assoluta,
castità perfetta,
lotta contro i pensieri di orgoglio e di odio,
un retto comportamento anche esteriore,
moderazione nel mangiare (consumo di cibi solidi una sola volta al giorno),
elemosinare il proprio pasto.
Una vita regolata fin nei minimi particolari.
Tuttavia il Buddismo non è una dottrina prevalentemente ascetica; la predicazione della non violenza è volta a promuovere il rispetto per gli altri, l’armonia con tutti i viventi, in una solidarietà tra uomo e mondo naturale, gli altri precetti sono indirizzati a promuovere il rispetto dei beni altrui e del proprio bene individuale, morale, fisico.
Importanti sono le virtù buddiste: amicizia, gioia simpatetica, compassione, equanimità, finalizzate a realizzare l’apertura dell’uomo verso tutti in uno spirito di amore universale.
Il carattere eminentemente etico del buddismo fa di questo un cammino responsabilizzante ed interiorizzato.
La legge del Karman per cui si ricevono in questa vita e nelle reincarnazioni successive i premi ed i castighi che uno merita, la confessione dei peccati che comporta soltanto la soppressione delle colpe leggere che fanno sì che nessuno possa sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni e che ognuno divenga sempre più cosciente di ciò che compie.
Il Nirvana
Nei testi buddisti è così chiamato: “l’incondizionato, l’altra riva, eterno, beatitudine, rifugio…” ecc.
Esso si concontrappone a tutto ciò che è di questo mondo; è qualificato come cessazione del dolore, come al di là del tempo, come "l'altra riva".
È il fine ultimo raggiungibile da tutti i viventi che giungano alla perfetta purificazione.
È estinzione delle rinascite, è estinzione delle passioni, dell’odio, dell’errore.
Quindi l’etica, le pratiche ascetico-meditative, il culto dei buddisti hanno una finalità escatologica.
Il buddha ha taciuto riguardo ai problemi metafisici quasi volesse far tacere una curiosità che in sé non è salvifica.
IL SILENZIO DI BUDDA
Nelle Sutra, narranti l’origine del Buddismo si trova l’episodio del silenzio di Budda.
Un discepolo aveva chiesto al maestro:
se la vita ed il corpo sono la stessa cosa
se la vita è una cosa ed il corpo un’altra
se l’uomo perfetto vive anche dopo la morte oppure no
Il Budda aveva risposto con la parabola della freccia avvelenata:
Stolto colui che, colpito da una freccia avvelenata, fa venire un medico e gli dice:
“Non voglio farmi estrarre la freccia senza prima aver saputo se chi mi ha colpito è un guerriero o un sacerdote o un cittadino o un contadino. Non voglio farmi estrarre la freccia prima di sapere chi è l’uomo che mi ha colpito, come si chiama, da dove viene, a che popolo appartiene”.
“Così avviene” dice il Budda “quando uno dice: Non voglio condurre la vita santa presso l’uomo illuminato, finchè egli non mi comunica se il mondo è temporale o eterno, finito o infinito… Il perfetto non potrebbe comunicargli abbastanza; perché egli nel frattempo morirebbe” .
E’ dunque chiaro perché il Budda tace, perché non ha risposto a quegli interrogativi.
“Perché essi non recano alcun vantaggio, non promuovono la conservazione alla santità, perché non favoriscono il distacco dal terrestre, la fine di tutti i desideri, la cessazione dell’effimero, la pace, la conoscenza, l’illuminazione, non conducono al nirvana: per questo non ho risposto”.
Per il Budda l’importante è dunque “rimuovere la freccia”, agire e fare esperienza.
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