In cerca di guai
Peccatori e prostitute, compagni di Gesù
Quante pagine dei Vangeli possiamo leggere dove si racconta di Gesù che andava a cercare peccatori, bisognosi, rifiutati, ammalati, insomma persone “ultime”?
Tante! Fin dalla prima pagina “e il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14) Gesù estende il Regno di Dio andando anche in altre città (cfr. Mc 4,40-44), come dire, non si dà tregua: dove c’è tanta gente bisogna che vada!
Tra le cose che impressionano — cioè che hanno da lasciare un’impronta in noi — mi viene da rilevarne particolarmente due: Gesù le persone da poco conto (quale il lebbroso, la prostituta, il carcerato, ecc.) o con poca incidenza sociale le pone al centro, le mette in mezzo (Mc 3,3; e il contesto del versetto).
Le pone al centro: le considera; ridà loro importanza, recupera l’immagine di Dio nella persona umana “facciamo l’Uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gen 1,27). Accende un flash, quella persona acquista “luce”: acquista luce per il proprio cammino, anche perché sia “vista” in un altro modo da come fino a quel momento è stata considerata da chi gli sta intorno (cfr. “…Egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?...(Mc 2,16).
Gesù incontrando “il tale” da lui è “conosciuto” ossia instaura un rapporto, manifesta una relazione, che non può mancare nella vita umana di chiunque.
Le mette in mezzo: cioè le ripropone nella vita sociale, nella vita di relazione con gli altri dato che Lui ben sa che, tutti, tutti sono avvolti dal cuore di Dio; e Gesù ce lo dimostra con la sua Pasqua, dove a beneficio, a salvezza di tutti, si compie l’effusione del suo amore, del suo sangue, del suo Spirito.
Lui, Gesù, le persone in stato di emarginazione, che sono tenute fuori “le mura”, fuori della vita di società le pone in mezzo, le mette al centro: di questo hanno fortemente bisogno tutte le persone e pure i parecchi extracomunitari che si trovano soli tra le frasche di alberi e siepi che fanno da angolo negli incroci tra autostrada, tangenziale e linee ferroviarie a Bologna, nelle parti periferiche.
Generalmente sono giovani, uomini e donne; a volte anche con bambini che provengono dall’Est-europeo e non hanno possibilità d’inserimento.
Quando ci hanno visto perforare i loro poveri rifugi, dove manco i cani s’azzardano infiltrarsi, spauriti ci hanno salutati e accolto. I loro nomi troppo belli per non far sorgere presto uno sguardo di caldo saluto e di dialogo: Salomone, Giovanni, Marius, Emiliano…tutti dal passaporto timbrato poche settimane fa.
Questo bisogno di essere riportati in una “relazione” umana alla pari degli altri lo si vede, e più ancora si sente nel saluto alle Ragazze di Strada, che fanno questo umiliante lavoro lungo le nostre strade e nelle rotonde della periferia. Nel cuore ormai della notte quei dieci minuti di sosta con una o più di loro (Cinzia, Fatima, Jois…) fa recuperare a noi e a loro un momento di vita umana che dovrebbe estendersi a tutte le 24 ore del giorno e del tempo. Il bicchiere di coca, di latte caldo si intreccia con il canto e la preghiera del Padre Nostro — che, guai a te se tralasci! — con tanta esuberanza di vita per le Ragazze nigeriane. Mentre per le Ragazze dei paesi dell’Est la parola che si cerca di scambiare la porta facilmente alla famiglia, ai figli piccoli, lontani e bisognosi … alle lacrime.
So che le cose da fare per le persone in disagio, povere, ultime, lontane (!) da Dio sono tante e richiamano — ognuna — bisogni molto diversi. Ma tutti i bisogni vanno verso la dignità della persona umana, della relazione sociale, del rapporto, del saluto, verso anche un solo filo di speranza, di calore. Cosa possiamo fare?
Ecco, allora, che tra gli aiuti c’è quello di cercare di porre le tante persone in disagio, al centro del nostro cuore, dei nostri pensieri e della nostra preghiera.
Da qui…sorgeranno altri passi d’incontro.
Poi riproponendo più volte a noi stessi di mettere chi è meno fortunato di noi nel mezzo dei nostri discorsi, progetti e programmi di vita anche le scelte del nostro vivere quotidiano saranno segnate e porteranno l’impronta della loro presenza.
Questa impronta ci avvisa che è “passato” Gesù: “avevo fame, avevo sete, ero nudo, ero forestiero…(Mt 25,35ss).
E poi perché qualcuno non ci viene a trovare e insieme li andiamo — come faceva Gesù — a cercare?!
Don Mario Zacchini