Le religioni, che anche noi un tempo combattevamo oltraggiandole, ora si riscoprono "vie di salvezza". E, in campo monastico, salendo in alto nell'esperienza dell’Assoluto (i monaci del "Dialogo interconfessionale monastico" parlano sempre di esperienza) si acquista la capacità di relativizzare il mondo dei segni nei quali si articola ogni religione. Anche noi ci scopriamo in ricerca di una verità che non è nostro possesso, semmai da essa siamo posseduti e che nessuna malvagità può contraddire.
Un tempo, ricorda padre Cipriano Carini, abate benedettino di Parma coordinatore del simposio, noi dicevamo: abbiamo raggiunto la verità e quindi non abbiamo altro compito che quello di trasmetterla tale e quale. Ma il dialogo interreligioso c'interroga e c'inquieta se l'abbiamo veramente trovata o se invece la stiamo ancora cercando; se il Vangelo non ha ancora da dirci altro di come lo abbiamo finora inteso. La Grecia ebbe la missione di fornire alla Chiesa i mezzi di espressione concettuale della fede; l'Oriente, col mondo delle metafore e dei simboli può forse oggi disporre l'uomo a cogliere i segreti supremi racchiusi nel Vangelo.
Certo, il dialogo monastico è un crinale dai due versanti. Dall'uno rivela un carattere comune a tutte le religioni che è quello della ricerca dell'oltre, dell'Assoluto propria di credenti, monaci, sufi, mistici...; dall'altro scopre radicali differenze per culture, oltre che per religione, spinge a studiare, ricercare. Così, ciò che si percepiva in Assisi è stato da un lato un desiderio appassionato della comunione nel Mistero e dall'altro l'assumere col confronto anche il rischio della fedeltà alla propria religione.
Assisi e la Cittadella, luoghi di dialogo particolarmente suggestivi, hanno accolto con grande rispetto questo simposio, conclusivo di un itinerario. I monaci, una trentina, buddhisti giapponesi e indu erano stati ospiti di monasteri italiani (Praglia, Camaldoli, Noci, San Giulio) e ad Assisi confrontavano le loro diverse impressioni, ammiravano dei monaci cristiani la "fraternità" e la loro scelta "per tutta la vita", che non è per es. del monachesimo giapponese. Le difficoltà linguistiche non impedivano agli ospiti cristiani di rilevare lo stile dei ritmi monastici zen e hindu. Presenze discrete e importanti da parte cattolica quella di Pierre de Bethune, benedettino francese, instancabile nelle traduzioni e nelle premure agli ospiti, e soprattutto di monsignor Michael Fitzerald presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.