Ecumene

Sabato, 01 Aprile 2017 01:29

Maria Skobtsova: donna dai mille volti, madre in mille modi (a cura di Michael Plekon)

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Per dodici anni, dal giorno della sua professione monastica avvenuta nel marzo 1932, fino all'arresto e alla deportazione al campo di concentramento di Ravensbruck dove troverà la morte nelle camere a gas, vivrà un'esistenza singolare per una monaca.

Ci sono poche figure del nostro tempo così radicali, insolite e complesse come Elisabeth Pilenko, che in seguito alla tonsura monastica prenderà il nome di Madre Maria. Nata nel 1891 a Riga, da una famiglia dell'aristocrazia ucraina, fu promettente poetessa, pittrice amatoriale, artista e studente di teologia a S. Pietroburgo - cosa inaudita per quei tempi. Fu coinvolta nel movimento rivoluzionario e frequentò i circoli letterari riuniti attorno ai poeti Alexander Blok e Vyatcheslav Ivanov.

Si sposò giovane, affrettatamente, ebbe un figlio e vide questo primo impulsivo matrimonio dissolversi in un divorzio. Durante la tempesta della rivoluzione russa fu sindaco di Anapa, il villaggio originario dei suoi antenati sul mar Nero. Là fu processata dall'armata bianca in ritirata, con l'accusa di nutrire simpatie bolsceviche. Non molto tempo dopo, assieme ad altri accusati di attività controrivoluzionaria, scampò all'esecuzione, fingendo di essere amica della moglie di Lenin. Assieme a migliaia di compatrioti giunse nell'ovest in esilio; in condizioni di incredibile povertà e sofferenza riuscì a raggiungere dapprima Istanbul e in seguito Parigi. Durante il viaggio che la condusse in esilio si sposò nuovamente, questa volta con Daniel Skobtsov, il giudice militare da cui era stata processata ad Anapa. Ebbe con lui una figlia, destinata a morire di meningite a Parigi, ed un figlio, che morì in campo di concentramento.


Liza sembrava non trovare posto nel suo tempo e nel suo mondo. O magari qualunque luogo e tempo avrebbe potuto essere stato il suo. Si era sposata con passione impulsiva. Aveva adorato i suoi figli, anche se potè farlo per breve tempo. Visse, come altri esuli, una povertà che non aveva mai conosciuto prima nella vita. Liza fu strappata alla famiglia e alla vita intellettuale e proiettata verso i molti emigrati russi sofferenti, cui viveva accanto. Il suo atteggiamento verso di loro era quello del pastore di anime e del consigliere. Ma per una donna non c'era attività diaconale possibile a quel tempo. E' pur vero che la Duchessa Elisabetta, recentemente canonizzata come Martire, aveva fondato alla periferia di Mosca una comunità di monache addette alla cura degli ammalati e degli emarginati. Ma gli unici modelli di vita ecclesiastica per madre Maria erano i conventi tradizionali in Estonia e Lettonia, sfuggiti alla rivoluzione, nei quali Maria non riusciva ad identificarsi. C'era troppa immediata necessità, troppa sofferenza attorno a lei. Per dodici anni, dal giorno della sua professione monastica avvenuta nel marzo 1932, fino all'arresto e alla deportazione al campo di concentramento di Ravensbruck dove troverà la morte nelle camere a gas, vivrà un'esistenza singolare per una monaca, perché fu allo stesso tempo curatrice d'anime, amministratrice di più case d'accoglienza, cuoca, scrittrice e molte altre cose. Con la benedizione del Metropolita Evloghij, lo straordinario vescovo della diocesi russa di Parigi, riuscì a plasmare a modo suo il mondo attorno a sé, che diventò di fatto il suo monastero. Con il sostegno di alcune tra le figure-chiave dell'emigrazione russa, fonderà ostelli per i senzatetto, gli abbandonati, gli ammalati e gli emarginati a Villa de Saxe, Rue Lourmel e Noisy-le-Grand.

Madre Maria giunse a comprendere che la vita monastica non è altro che l'incarnazione dell'amore per Dio e per il prossimo. Sosteneva inoltre che nel diffondersi in aree geografiche diverse, caratterizzate da climi, lingue e culture differenti, il monachesimo, quale realtà vivente, seppe sempre adattarsi ai nuovi ambienti e costumi. Trovò il modo di fiorire al di fuori dei deserti del medio oriente e delle province dell'impero bizantino. Madre Maria non aveva alcuna velleità di rinnegare gli schemi tradizionali del monachesimo, che piuttosto considerava quasi un lusso, inaccessibile alla maggior parte di coloro che cercano Dio. Sarebbe stato come paragonare la possibilità di potersi curare in un sanatorio in montagna, godendosi l'aria pura e il buon cibo, con la necessità di doversi accontentare di anguste stanzette sovraffollate, con il cibo dei poveri come unico nutrimento.

Per Madre Maria non i dettagli della vita monastica, quali gli abiti o gli edifici, definiscono il monachesimo, bensì i tradizionali voti di obbedienza, castità e povertà professati dai monaci e dalle monache. Le pratiche monastiche sono per lei un 'involucro storico' che può cambiare, così come i mezzi attraverso i quali la vocazione viene vissuta attraverso i voti monastici (Le sacrement, p.127). L'obbedienza promessa a Dio e praticata verso i superiori, nel monachesimo orientale verso un padre/madre spirituale o uno starets, può oggi essere vissuto come obbediente servizio a Cristo attraverso il lavoro della Chiesa nelle varie circostanze della vita moderna (Le sacrement, p. 131).

E' ingannevole pensare che l'idea di Madre Maria sul rinnovamento del monachesimo costituisca un appello al rifiuto della vita contemplativa ed isolata, in favore di un'esistenza caratterizzata da un'attività sociale radicale verso i poveri e i bisognosi. La sua vocazione carismatica consisteva nel mettersi in modo totale a disposizione di coloro che erano nel totale bisogno, spesso con l'aiuto di volontari, che raccoglievano denaro e cibo, per dare rifugio nei suoi ostelli ai senzatetto, ai derelitti e a ogni anima ferita. Lavorò in seguito con il suo assistente spirituale e compagno nel martirio, P. Dimitrij Klepinin, per nascondere ebrei francesi al tempo del governo di Vichy. Si recò persino al Vélodrome d'Hiver, per essere vicina alle migliaia di ebrei là rinchiusi in condizioni disumane durante il luglio 1942. "In particolare, il voto monastico di povertà, la sapienza di Dio e la sorprendente 'via del Regno', porrà il monaco e la monaca tra i poveri del mondo". Va sottolineato che l'intera esperienza monastica di Madre Maria fu caratterizzata dalla sofferenza e dal caos della povertà dell'immigrazione russa in Francia durante la grande depressione, e poi durante l'occupazione nazista durante la 2° guerra mondiale (Le sacrement, pp. 141-146). Come nel passato avevano fatto i Santi Sergio di Radonez, Nilo di Sora e Francesco di Assisi, i monaci e le monache non lavorarono solo per mantenersi, ma anche per vestire, nutrire e dare alloggio ai sofferenti.

adattato da P. Michael Plekon

(tratto da ECO. Evangelici Cattolici Ortodossi, n. 4/52, p. 2)

 

Letto 2486 volte Ultima modifica il Sabato, 01 Aprile 2017 10:44
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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