Ecumene

Martedì, 10 Agosto 2004 22:46

La tradizione di san Tommaso apostolo in India

Vota questo articolo
(7 Voti)

di Jean-François Salles

Gli Atti di Tommaso attribuiscono a questo apostolo l'evangelizzazione dell'India. Essi raccontano un evento che si suppone essersi svolto alla metà del I secolo d.C., ma si collocano senza equivoci nell'ambiente intellettuale e religioso dell'oriente dell'inizio del III secolo. L'originale degli Atti apocrifi era, con ogni probabilità, redatto in siriaco. Non si citeranno qui gli aneddoti che attribuiscono a san Bartolomeo (secondo Eusebio), o a Teofilo l'indiano la cristianizzazione dell'India.

Gli Atti sono il testo fondatore della tradizione millenaria che attribuisce la cristianizzazione dell'India all'apostolo Tommaso. Gli Atti apocrifi di Tommaso sono stati redatti probabilmente ad Edessa, in Osroene, verso la fine del II secolo o all'inizio del III. Prima del 250, Origene di Cesarea riferisce che l'apostolo Tommaso fu inviato presso il re dei Parti Gondofares, ma è impossibile determinare l'anteriorità di una delle due tradizioni. Il racconto della predicazione e del martirio dell'apostolo è unanimemente accettato come autentico dai cristiani del sud dell'India, che si autodefiniscono "Chiesa di San Tommaso"; ma esso pone numerosi problemi allo storico.

Gli Atti riferiscono un autentico avvenimento, cioè una visita e un apostolato di Tommaso nell'India del Nord-ovest (dominio dei Parti) e nell'India del Sud (dominio malayale)? In occasione della prima edizione del testo all'inizio del XIX secolo e sino all'inizio del XX, la risposta fu unanimemente negativa: pura fantasia, "apocrifo"! Poi vennero le scoperte di monete, nell'India del Nord-ovest, intitolate a un re Gondofares, con una legenda in caratteri greci e quella, a Taxila, di una iscrizione in partico che cita il grande re Guduhvara nel ventiseiesimo anno del suo regno (45 o 46 d.C., sulla base dell'era indopartica detta Vikrama). La realtà storica del re "convertito" da Tommaso conferiva una maggiore verosimiglianza ad un evento raccontato circa due secoli dopo da un anonimo. Gli scettici continuano ad obiettare non è mai stata ritrovata traccia di sorta di un cristianesimo indiano riferibile ai due primi secoli della nostra era (perché non la si è cercata, diranno altri). Nessun manoscritto indiano antico testimonia la visita di Tommaso: nel 1599, in occasione del sinodo di Dampier (Udayamperoor), organizzato dal Portogallo, la Chiesa del Kerala, sino a quel momento dipendente dalla sede patriarcale di Baghdad, fu brutalmente posta alle dipendenze di Roma, e i testi sospetti di eterodossia (manoscritti siriaci, orientali o nestoriani) distrutti; l'autodafé dei libri siriaci del Malabar avrebbe fatto scomparire la totalità dei manoscritti antichi. Nessun reperto archeologico cristiano può essere datato, al più presto, prima dell'VIII o del IX secolo d.C., sarebbe perciò illusorio pretendere di datare i canti popolari e le altre tradizioni orali, così vive nell'India del Sud. In mancanza della dimostrazione del contrario, a quanto sembra impossibile, bisogna proprio ammettere che la tradizione di un'evangelizzazione tomista dell'India e il racconto della fondazione della Chiesa di San Tommaso non poggia che su un unico testo, posteriore di due secoli all'apostolo, e redatto in un ambiente non indiano.

L'ambiente intellettuale della redazione degli Atti

L'Osroene costituiva un centro di intensa riflessione filosofica e religiosa alla fine del II e inizio del III secolo, in particolare all'interno delle comunità giudeo-cristiane, quali i Battisti, bersaglio di gruppi ebrei radicali. In una popolazione composita, s'incontravano degli Encratiti, setta di ebrei cristiani che spronava alla verginità e alla castità dei battezzati (come nel Vangelo di Tommaso e nelle Odi di Salomone, testi apocrifi redatti ad Edessa), questi tratti sono in realtà pregnanti nel racconto dell'apostolato di Tommaso in India, in cui le spose del re Misdaiois e del generale Siphor si separano dai loro sposi. Si incontravano anche, nell'Osroene, una delle culle dell'eremitismo, numerosi cristiani di origine ebraica adepti di un ascetismo ispirato probabilmente alle credenze essene: se non si ritira dal mondo, Tommaso l'Indiano ripete però in tutto il corso della sua predicazione la necessità della spoliazione ascetica. È probabile che le discussioni sull'ascetismo cristiano abbiano tratto degli argomenti dalle dottrine indiane, ben conosciute in Oriente e in Occidente: molto prima del Racconto sulla vita dei Bramini del vescovo Palladio (V secolo), la Confutazione di tutte le eresie di sant'Ippolito di Roma (verso il 230) mostra un'approfondita conoscenza delle pratiche ascetiche dei Bramini e dei "Samani" conosciute sin dalla fine del II secolo dal letterato di Edessa Bardesane. Nel Libro delle leggi delle nazioni, Bardesane descriveva con precisione i costumi dei Seri, degli Indiani, di un'altra setta indiana, dei Persiani, dei Geti ecc.; secondo Porfirio (seconda metà del III secolo), Bardesane sarebbe stato informato sull'India da un'ambasciata di Indiani presso l'imperatore Eliogabalo (218-222). È dunque in un ambiente intellettuale che ha familiarità con l'India che si inseriscono gli Atti di Tommaso. Si nota tuttavia che il testo non fa alcun riferimento alla geografia del paese che, se non fosse indicato come l'India, potrebbe apparire del tutto astratto. Non vi si trova, in particolare, alcun dato della tradizione ellenistica, da Nearco ad Arriano, ma è vero che il redattore era di cultura siriaca e che la vocazione del testo era apologetica, non geografica. D'altra parte, l'Osroene è sempre rimasto un mondo assai vicino ai Parti sotto la successione dei re Abgar, anche dopo la conquista romana di Settimio Severo nel 195 e l'erezione di Edessa a colonia romana nel 213; può apparire logico che il ricordo del grande re Gondofares, dimenticato in ogni altro luogo e che la versione aramaica degli Atti identifica con il mago Gaspare, vi si sia perpetuata sino alla metà del III secolo. Se dunque gli Atti non possono in nessun modo dimostrare l'affermazione della creazione di una chiesa cristiana in India verso il 50, invitano però ad interrogarsi sulla prima evangelizzazione del mondo indiano.

I cristiani di san Tommaso

Nessun dato testuale controllato conferma l'esistenza di un cristianesimo indiano antico nei primi secoli della nostra era. Ma la leggenda di san Tommaso esiste, e come ogni credo di fondazione, è bene tenerne conto. Tommaso è sbarcato in India presso Cranganore (Cochin) verso l'anno 50, dopo aver fatto visita al re Gondofares a Taxila e raggiunto l'India del Sud attraverso l'isola di Socotra. Egli predica per parecchi anni lungo la costa del Malabar, e converte un certo numero di famiglie agiate della regione: il giudeo-cristianesimo è presto associato all'aristocrazia dell'India del Sud, anche se non è trascurata una religiosità popolare. Tommaso fonda sette chiese, ordina sacerdoti e diaconi, di cui due famiglie rivendicano l'antichità quasi ereditaria. Attraversa l'India meridionale e predica nella regione di Madras. Un'oscura tradizione lo vuole missionario in Cina.

Al ritorno da questo viaggio, una reazione anticristiana dei Bramini porta, nell'anno 72, al martirio di Tommaso, seppellito a Mylapore, presso Madras.

La prova di tutto questo? Alla fine del II secolo, i cristiani dell'India domandano al vescovo Demetrio di Alessandria l'invio di un "dottore" della Chiesa per rafforzare la fede dei fedeli. Il filosofo Panteno, discepolo di Clemente di Alessandria (160-220), parte per l'India e trova un vangelo di San Matteo in lingua "ebraica" (aramaica o siriaca), riferisce a Clemente le sue conoscenze sui Bramini che il dottore della Chiesa integra nella sua opera. Diventa uno dei primi occidentali a citare il nome di Buddha.

Secondo taluni storici, l'evangelizzazione dell'India sarebbe iniziata alla metà del IV secolo, all'inizio della grande persecuzione dei cristiani del Kuzistan, della Mesopotamia e di Babilonia che fuggivano verso l'India, sotto il regno del re sassanide Šapur II. In realtà, un'altra tradizione riporta l'attività di un altro Tommaso verso il 344-345: al catholicos di Ctesifonte arriva un messaggio sullo stato di abbandono della religione cristiana in India, ed egli decide di inviarvi una missione sotto la direzione di Tommaso Kinayi. Questo mercante, esperto nelle relazioni con l'India, avrebbe avuto un banco in loco (la tradizione rifiuta la sua identificazione con San [Mar] Tommaso). Egli è accompagnato da un vescovo, Giuseppe di Uruk, e da settantadue famiglie della Mesopotamia. I discendenti di questa Chiesa si proclamano ancora i "sudisti" rispetto al rimanente della Chiesa indiana. Un'analisi superficiale fa emergere elementi ridondanti rispetto agli Atti di Tommaso, ed è necessario uno studio più approfondito. Un punto della tradizione fa pensare: il re della regione avrebbe concesso delle terre e dei privilegi ai nuovi venuti, consacrando una installazione "ufficiale" del cristianesimo nell'India del Sud; il problema merita di essere studiato, in ultima analisi, la presenza di un nuovo Tommaso non aiuta a chiarire le tradizioni indiane.

Un altro racconto presenta una nuova ondata di arrivi dalla Mesopotamia nell'VIII o IX secolo, sancita da un'iscrizione su una lastra di rame (tavolette di Quilon), che i Portoghesi avrebbero visto nel XVI secolo e il viaggiatore francese Anquetil du Perron ha pubblicato nel XVIII secolo, ma che gli storici contemporanei cercano invano… La relazione conferma le strette relazioni tra la Chiesa di Babilonia e quella di san Tommaso. Ma i cristiani dell'India non sono i soli autori di questi racconti fantastici: quando si sono scavate le fondazioni della cattedrale di San Tommaso a Mylapore presso Madras nel XVI secolo, i Portoghesi hanno dichiarato di aver trovato i resti della prima chiesa di San Tommaso, quella del suo apostolato sulla costa del Coromandel e del suo martirio, monumenti ora oggetto di un circuito turistico religioso. Di fronte a questa abbondanza di testi, di tradizioni e di ritrovamenti contraddittori, lo storico non sa più che cosa scegliere per fondare un discorso scientifico; il teologo guarda con attenzione alle discussioni eresiologiche che hanno dato vita agli Atti di Tommaso, racconto fondante la Chiesa indiana, senza trovare necessariamente una relazione tra il discorso e la storicità di un evento che si perpetua nel XX secolo; il cristiano dell'India del Sud aderisce senza riserve alle tradizioni tomiste, fondamento della sua fede. Che cosa rimane alla fine di tutto questo? Dei dubbi...

 

 

Letto 10549 volte Ultima modifica il Mercoledì, 14 Settembre 2011 18:39
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search