Ecumene

Lunedì, 09 Agosto 2004 22:17

La Rus' e l'ecumenismo ferito

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di Enzo Bianchi

Nel dialogo ecumenico che la Chiesa cattolica cerca di costantemente di rinnovare, soprattutto dai giorni del beato Giovanni XXIII, vi è un indubbio primato di attenzione e di interesse per le Chiese dell'ortodossia. Sono infatti Chiese che hanno conservato intatta la fede apostolica espressa nei sette concili ecumenici e che si nutrono e vivono ancora della teologia e della spiritualità dei grandi padri della Chiesa indivisa. Quando si riprende una felice espressione di Giovanni Paolo II e si ripete che la Chiesa deve "respirare con i due polmoni d'Oriente e d'occidente", si attesta la necessità della presenza delle Chiese ortodosse per una comunione ecclesiale veramente "cattolica".

Purtroppo proprio con queste Chiese, e in particolare con il patriarcato di Mosca, oggi si registrano gravi difficoltà e persino palesi contraddizioni al dialogo, al punto che molti osservatori parlano ormai di "inverno" dell'ecumenismo. Come mai, dopo la stagione post-conciliare così promettente e capace di esprimere una speranza urgente di unità, si è ricaduti nella polemica, nel rifiuto a incontrarsi, nella paralisi del dialogo teologico bilaterale? È vero che nei rapporti tra la Chiesa cattolica e il patriarcato ecumenico di Costantinopoli o quello di Romania si registrano alcuni atteggiamenti meno ostili, ma nel complesso c'è una diffidenza e una mancanza dl volontà nell'affrontare i temi teologici che ancora ci separano tale da non lasciar posto a speranze fondate, almeno nel breve termine.

Cerchiamo di decifrare questa crisi. Occorre ammettere che essa è dovuta soprattutto a un evento storico del quale ci si sarebbe potuti rallegrare: la rinascita delle Chiese orientali "uniate" dopo la caduta dell'impero sovietico, in particolare in Ucraina e in Romania. Queste Chiese "unite a Roma" sono per i cattolici Chiese a tutti gli effetti che fanno parte a pieno titolo della comunione cattolico-romana: Chiese che hanno lottato fino al sangue, fino ai martirio vissuto da centinaia di migliaia di fedeli, per vivere e testimoniare la loro fede cristiana e la loro volontà di restare unite alla Chiesa di Roma. Ma oggi per gli ortodossi queste Chiese - di cui avevano in parte acquisito i beni confiscati dal regime sovietico e delle quali avevano poi però condiviso anche la sorte di persecuzione da parte del regime - sono una presenza che incarna un proselitismo attuato da Roma doppiamente sleale nel riguardi delle loro Chiese madri ortodosse. La Chiesa cattolica oggi riconosce che quella forma di apostolato missionario attuata negli ultimi secoli e che ha prodotto le Chiese "uniate" non può oggi essere accettato né come metodo missionario né come cammino verso l'unità delle Chiese; nel contempo Roma non può negare l'esistenza di quelle Chiese, anche se appaiono - a volte a torto, a volte con ragione - fautrici di proselitismo e quindi viste come una minaccia dalla Chiesa ortodossa.

Accanto a queste già non lievi difficoltà, vanno aggiunte quelle derivanti dalla presenza cattolica "latina" in Russia, ampliatasi considerevolmente dopo la caduta della cortina di ferro. Molti missionari cattolici sono presenti nel territorio tradizionalmente ortodosso con opere, edifici, scuole gestite da congregazioni maschili e femminili, così come sono presenti movimenti impegnati in una virulenta evangelizzazione: una presenza oggettivamente sproporzionata rispetto ai bisogni del cattolici presenti in Russia e, dunque, una presenza missionaria. Non sorprende allora che, come altre Chiese ortodosse, anche quella russa soffre del complesso della "sorella più debole" di fronte alla Chiesa cattolica vista come sorella più forte: questo modo di porsi e dl agire le fornisce molte ragioni di diffidenza e suscita atteggiamenti di difesa. Non va dimenticato che, nonostante il grande numero di fedeli, la Chiesa ortodossa russa è uscita fiaccata dalla cattività comunista e forse si attendeva dalla Chiesa cattolica un aiuto fraterno nell'annuncio del Vangelo dopo settant'anni di propaganda ateistica: invece sì è trovata di fronte un'agguerrita concorrenza...

Così oggi viviamo un ecumenismo ferito, frutto di un atteggiamento non ispirato a una rinuncia a compiere gesti senza l'altra Chiesa o contro di essa, un atteggiamento non attento all'andare incontro umilmente alla Chiesa più debole per mettersi al suo servizio. Sì, purtroppo è avvenuto quello che aveva previsto già all'inizio degli anni Cinquanta, ancora in pieno stalinismo, padre Philippe de Regis, un gesuita lungimirante: da parte cattolica "un giorno si sarà tentati, quando la Russia si aprirà, di correre in questo vasto campo di apostolato (...) con un investimento grande di denaro, con energia e zelo incontestabili (...). Ma questa attività provocherà la reazione violentemente ostile degli ambienti ortodossi, e la Chiesa cattolica agli occhi del popolo russo darà un'immagine di nemica (...). Sarà così scavato un fossato ancora più profondo fra le due Chiese".

(da Mondo e missione, marzo 2003)

 

 

 

 

Letto 1761 volte Ultima modifica il Martedì, 13 Settembre 2011 19:31
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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