Sotto altri cieli, per fortuna, il dialogo tra mondo ortodosso e Chiesa cattolica prosegue. Non senza contraccolpi e momenti di crisi, certo. Ma la testimonianza può diventare profezia.
Accade ad Arba Minch, città polverosa e infuocata dal sole nell'estremo sud dell'Etiopia. Qui i missionari spiritani vivono e collaborano ormai da trent'anni con l'antica comunità ortodossa etiope, che per secoli e secoli è stata una costola della Chiesa d'Alessandria d'Egitto. Fondata da Frumenzio nel quarto secolo dopo Cristo, la Chiesa d'Etiopia conta in tutto il Paese circa 30 milioni di fedeli circa la metà della popolazione. I centri di Axum, Lalibela, Gondar sono stati per secoli poli d'irradiazione della fede cristiana nel continente nero.
Nel sud dell'Etiopia, nella regione del Grandi Laghi adagiati sul fondo della Rift Valley, vivono tribù che fino a pochi anni fa non conoscevano affatto il cristianesimo. Terreno adatto per i missionari che hanno incominciato a percorrere quelle zone fondando cappelle e missioni.
I sacerdoti spiritani hanno fatto una scelta diversa: aiutare la Chiesa ortodossa ad evangelizzare, partendo da una constatazione elementare: la Chiesa di Cristo è una e non deve esserci competizione tra confessioni cristiane. La Chiesa ortodossa d'Etiopia è dunque "Chiesa sorella" e in quanto missionari cattolici è più utile che ci si metta ai suo servizio. Sul versante della promozione umana i missionari non sono rimasti con le mani in mano: hanno promosso cooperative e scuole agricole per la coltivazione di banane e patate. Hanno scavato pozzi e tracciato canali d'irrigazione. Ampie zone attorno alla città sono ora un giardino. Prima vi era solo una piana brulla costellata d'acacie spinose.
La vicenda della presenza missionaria nel Gamo Gofa e oltre il fiume Omo e riassunta dall'agenzia Apic in un lungo reportage che dà conto delle gioie e delle difficoltà di un progetto decisamente coraggioso e non sempre sostenuto dalla gerarchia cattolica locale (la regione del Gamo Gofa dipende dal vicariato di Soddo-Hosanna).
Originario di Metz, Francia, padre Philippe Sidot è da due anni parroco ad Arba Mich ("Quaranta sorgenti", in amarico; ed infatti attorno alla città, adagiata tra il lago Chamo e l'Abaya, sgorgano limpide polle d'acqua). La regione di Arba Minch si estende fino al confine con il Kenya e il Sudan. Conta circa due milioni di abitanti, per la maggior parte hamer, galeb, mursi, dime, ari e malle. La comunità cattolica è piuttosto ridotta: 60 fedeli, una cinquantina studenti. Oltre alla parrocchia in città, padre Philippe si occupa di Chencha, una piccola comunità situata a 3 mila metri d'altitudine. Ma la maggior parte del suo tempo, padre Philippe lo impiega a seguire il progetto di pastorale ecumenica, che la sua congregazione porta avanti con la Chiesa ortodossa.
In cosa consiste?
Essenzialmente in un aiuto nella formazione del clero, dei diaconi, dei catechisti e dei leader comunitari ortodossi, ma anche in una collaborazione nella costruzione delle strutture. Tanto che in questi anni sono state fondate o consolidate 120 parrocchie ortodosse. Uno sforzo importante, che ha creato un clima di. fiducia tra la gerarchia ortodossa e i missionari cattolici. "Eppure - confida padre Sidot - le difficoltà non mancano. Apparentemente il vicariato cattolico non ci ostacola e ci lascia fare. Ma altri missionari cattolici stanno impostando nella regione un vero e proprio lavoro di evangelizzazione, mettendo in alcuni casi a rischio la nostra credibilità e il clima di fiducia che si è instaurato Un atteggiamento che rischia di compromettere le relazioni ecumeniche anche a livello nazionale".
E i fratelli ortodossi, cosa pensano dell'opera in loro favore dei missionari spiritani? "Cominciano ad aprirsi, ma la diffidenza resta", - spiega padre Philippe., "Capita di tanto in tanto che si venga esclusi da qualche celebrazione o ricorrenza ortodossa. Un sintomo che in quanto missionari stranieri, siamo ancora visti come una sorta di minaccia. A parte qualche piccolo episodio, credo che la strada sia quella buona. La Chiesa cattolica, attraverso il magistero del Papa, ci invita ad apprezzare le ricchezze della tradizione ortodossa, i suoi tesori e la sua bella liturgia. Il nostro approccio missionario si basa sul riconoscimento della Chiesa ortodossa come Chiesa sorella. Non ci sembra produttivo mettersi in competizione per sottrarci a vicenda qualche cristiano. Piuttosto la nostra forza sta nell’unità di intenti". Una testimonianza comune quanto mai urgente di fronte all’avanzata dell’islam e alle nuove moschee (finanziate dai petroldollari dei Paesi arabi) che innalzano il loro minareto nel cuore delle antiche città cristiane d’Etiopia.
(tratto da Mondo e missione, dicembre 2002)