Sotto lo stesso cielo
Gianbattista Maffi *
Il Decreto Conciliare NOSTRA AETATE ha aperto una nuova epoca nei rapporti tra la Chiesa e le altre religioni monoteiste (ebraismo e islam). Proponiamo una riflessione teologica di quel documento, soffermandoci su alcuni punti che possono aiutare nella conoscenza reciproca e nel dialogo continuo tra cristiani e musulmani. Con lo scopo di ristabilire la pace là dove questa è minacciata; promuovere la giustizia e la libertà di coscienza, che implica quella religiosa.
«La chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente (...) E sebbene, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto sinodo esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà» (Nostra Aetate, 3).
La frase che apre questo documento sembra quasi ovvia e apparentemente banale, invece rappresenta un fatto unico, un inizio assoluto nelle dichiarazioni ufficiali della chiesa cattolica al suo più alto livello - quello del Concilio, appunto - riguardo all'islam. Guardare con stima i musulmani significa innanzitutto capire il loro atto di fede e la loro pratica religiosa, punto di partenza per conoscerli e farsi conoscere, per il rispetto reciproco, e per costruire insieme una comunità umana fondata su valori religiosi.
Alla luce degli avvenimenti di questi ultimi anni, il documento rappresenta ancora oggi un punto di forza nei rapporti tra cristiani e musulmani. Soffermiamoci sul contenuto dettagliato della dichiarazione, sottolineandone alcuni importanti elementi.
Dio - La fede nell'unicità di Dio e l'atto di adorazione sono il centro e il cuore dell'islam. Questo è anche il primo articolo della fede cristiana: «Credo in unum Deum», anche se per noi l'Unicità divina si apre sulla Trinità delle persone. Certamente noi, cristiani e musulmani, adoriamo lo stesso Dio Unico, non dandogli però sempre gli stessi “nomi", né attribuendo lo stesso senso a questi nomi divini. Per questo il Concilio ne rileva alcuni particolarmente importanti per l'islam e comuni alle due religioni. «Vivente e sussistente»: sono due attributi ritenuti sia dal Corano che dalla Bibbia, e hanno un profondo impatto nel cuore dei musulmani. «Misericordioso e onnipotente»: sono ripetuti in continuazione dai musulmani, non solo nella preghiera rituale ma anche come giaculatoria che introduce ogni azione quotidiana. Il primo evoca la bontà paterna di Dio e dà equilibrio e giusto significato alla Sua onnipotenza. «Creatore del cielo e della terra»: è uno dei temi essenziali del Corano e l'argomento che apre la rivelazione biblica, che dà all'islam e al cristianesimo la base essenziale e fondamentale dei rapporti tra l’uomo e Dio. «Ha parlato agli uomini»: il Concilio ha rifiutato di specificare «per mezzo dei profeti», come invece e precisato nel Credo. Questa omissione è stata voluta a causa dell'ambiguità che può nascere dal riferimento ai profeti, i quali non sono sempre gli stessi per le due tradizioni, non hanno sempre lo stesso volto né lo stesso ruolo. Dio che parla agli uomini rimane, però, il carattere più importante della fede musulmana, la quale non fa riferimento a un dio inventato dalla ragione umana, bensì al Dio trascendente che si è fatto conoscere attraverso la sua Parola affidata a degli uomini, i profeti. La fede musulmana è pienamente espressa dalla parola araba islam, che significa l'abbandono, la sottomissione attiva del credente alla volontà e ai «decreti anche nascosti di Dio». Viene, così, sottolineato l'aspetto del mistero che comporta questa fede, ragionevole senza voler essere razionale, proprio in linea con il Corano, che domanda al credente di accettare la volontà di Dio anche quando sembra paradossale agli occhi della ragione umana. Alcune eminenti figure coraniche rappresentano questo atto di fede puro e assoluto: Abramo, innanzitutto, al quale è chiesto di sacrificare il proprio figlio; Zaccaria e Maria, i quali credono all'annuncio della nascita miracolosa di Giovanni Battista e di Gesù; anche Mosè segue ciecamente una guida misteriosa e sconosciuta posta sul suo cammino. Abramo rimane, comunque, il prototipo e il modello perfetto di questo atto di fede e di sottomissione: in questo la sua figura trova il suo vero ruolo nella fede musulmana, prima ancora di essere il padre della fede monoteista.
Gesù e Maria - Sono tra i personaggi più venerati dal Corano e dai musulmani stessi. Il testo conciliare segnala, però, il rifiuto da parte loro di vedere in Gesù più che un grande profeta. Ciò non è una considerazione negativa per i musulmani, i quali fanno vanto del fatto che Gesù, figlio di Maria, è sempre e solo un uomo, nel rispetto totale della trascendenza assoluta di Dio.
Maria è la madre sempre vergine di Gesù, secondo l'islam: su questo punto non vi è mai stato dubbio. Maria, più che Gesù, è oggetto di venerazione da parte di molti musulmani, uomini e donne, i quali vanno a pregare nei santuari cristiani a lei dedicati; questo, però, senza generalizzare: «talvolta pure la invocano con devozione».
Il Giorno del Giudizio finale - Viene brevemente ricordato. La resurrezione dei corpi e il giudizio che ne seguirà sono uno dei punti essenziali che accomunano la fede cristiana e musulmana, anche se le modalità e i criteri di questo giudizio possono variare da una teologia all'altra. Rimane però il fatto che, come per il Corano così pure per il Vangelo, ognuno sarà giudicato secondo le proprie azioni e, soprattutto, sia per i cristiani che per i musulmani, il mondo che viene da Dio ritornerà a Lui per trovarvi il suo compimento.
L’apprezzamento della vita morale - Viene accennato senza entrare nei dettagli. Questo, a ragion veduta. I padri conciliari, infatti, hanno rifiutato di fare riferimento alla morale familiare a causa della poligamia e del ripudio ammessi dal Corano, ma anche alla morale sociale a causa del legame di principio tra lo spirituale e il materiale, tra la religione e lo stato. Ciò avrebbe richiesto sfumature e precisazioni di rilievo.
Il culto musulmano - È descritto con le sue tre principali manifestazioni: la preghiera rituale fatta cinque volte al giorno, l'elemosina che indica l'attenzione al povero e il digiuno del mese di Ramadan come forma di ascesi. Sono questi tre dei cinque pilastri che formano la pratica cultuale musulmana. Il documento conciliare non ha voluto soffermarsi sugli altri, per il fatto che non era sua intenzione fare una esposizione completa dell'islam.
La seconda parte del documento Nostra Aetate verte sulle prospettive di comprensione e di collaborazione attuali e future tra cristiani e musulmani. Si esprime l'invito a «dimenticare» il passato di rancori e guerre: non a ignorarlo ma ad andare oltre. La comprensione vicendevole, oggettiva e rispettosa, richiederà ancora molti sforzi da una parte come dall'altra. Se il dialogo islamo-cristiano è la base indispensabile per questa mutua comprensione, l'invito è di andare oltre per arrivare a una effettiva collaborazione fra i credenti verso un unico scopo: affrontare insieme le sfide del pensiero e della cultura moderna e globalizzata, non soltanto per salvaguardare l'uomo sul piano della fede ma anche per offrire il contributo di una fede sincera e impegnata alla nostra civiltà minacciata da un neo-paganesimo abietto. In questo senso, cristiani e musulmani hanno il compito di affrontare insieme i gravi problemi di questa epoca per la costruzione di un mondo migliore: promuovere la giustizia sociale all'interno dei vari paesi e tra quelli più ricchi e quelli più poveri; difendere i valori morali non con “moralismo", ma con una vita conforme alla fede; salvaguardare o ristabilire la pace là dove questa è minacciata; far regnare e promuovere la libertà nell'interesse del bene comune sul piano sociale e politico, ma anche a livello della libertà di opinione, in particolare della libertà di coscienza, che implica quella religiosa.
Sul piano della visione cristiana dell'islam, il Concilio Vaticano II, beneficiando degli sforzi precedenti dell'islamologia cristiana, ha rappresentato un momento forte per la coscienza cristiana, aprendo prospettive del tutto nuove e dando nuovo impulso al dialogo fra le religioni. Interessanti progressi sono stati fatti nell'intento di formare la coscienza cristiana a una più giusta visione dell'islam e favorire l'incontro fra i credenti. Ma ciò che può condizionare profondamente la visione cristiana dell'islam sarà la riflessione della chiesa su sé stessa e sul proprio ruolo nel mondo, in particolare l'applicazione di questa riflessione alla teologia delle religioni non cristiane.
* professore al pontifico istituto di studi arabi e islamistica (Pisai), Roma.
(da Nigrizia, dicembre 2005, pp. 49-51)