Ecumene

Domenica, 08 Agosto 2004 14:02

Apriamo il dialogo dal mistero comune

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di Vladimir Zelinskij

Fra i muri caduti alla fine del XX° secolo c’era anche quello che separava le Chiese Ortodosse dell’Est dal mondo e dai loro popoli. Certamente, l’avvenimento è stato festeggiato in contesto politico, ma - a nostro avviso - non si è riflettuto abbastanza nella sua dimensione storica o spirituale.

Ci si aspettava che dopo la cattività babilonese del comunismo, preceduta dal lungo dominio turco nei paesi dell’Est o dalla "dolce paralisi", sotto il potere imperiale in Russia (con qualche piccola isola di libertà all’inizio del secolo), l’Ortodossia si presentasse subito sulla scena mondiale con tutta l’eleganza democratica, apertissima al dialogo con ogni uomo di buona (o meno buona) volontà. Invece, il mondo ortodosso, appena liberato, sembra sia diventato ancora più impenetrabile, come circondato da un muro interno.A volte, mosso dall’ethos ecumenico o da semplice curiosità, l’Occidente vuole dare un’occhiata oltre il muro, ma spesso sbaglia porta. Colui che sta per visitare questo mondo, si prepara al viaggio all’estero e diventa turista, in senso geografico, ma anche spirituale. Si lascia la propria casa per vederne un’altra: il museo dei riti lunghi ed ieratici, la riserva della mentalità medievale, il tempio di una spiritualità orientale che ha una reputazione alta, ma un po' enigmatica... Però la formula del dialogo "per capire, uscire" con tutta l’apertura verso un "fratello separato" è, infatti, un ostacolo alla vera comprensione. Cambiare il paesaggio per privare un’avventura spirituale in un altro universo religioso non serve quasi a nulla perché il vero incontro si fa sempre dentro se stessi.

Per il dialogo con l’Ortodossia non bisogna lasciare il proprio paese, né in senso geografico (nel nostro villaggio globale ogni fede è presente dappertutto), ma neanche in senso intellettuale e spirituale. Il vero dialogo comincia dall’immersione nella propria fede, non soltanto nella sua dimensione storica, ma anche in quella esistenziale. Non cambiare paesaggio, ma un po’ se stessi per accedere a queste cose essenziali che hanno le radici in un mistero pieno di luce e comune a tutti.

Mi ricordo quando per caso, tanti anni fa, sono entrato con mia moglie per la prima volta in una chiesa ortodossa a Mosca. Per due ore siamo rimasti nell’ambiente di preghiera, nella densità della preghiera che come se si fosse messa a pregare in noi e con noi, senza guardare la nostra educazione atea e l’assenza di fede. Ma la fede entra così; se deponiamo le armi e le corazze, essa si fa un nido nel nostro cuore, già preparato. Non c’era niente di straordinario in questa storia che si è conclusa con il nostro battesimo tre settimane dopo, ma credo che non finirà mai nella nostra esistenza. Ma ho capito allora che la forza della preghiera e la comunione nel mistero era una cosa che distrugge i muri e che anche le divisioni fra i cristiani possono sciogliersi davanti alla stupefacente scoperta di Dio, Colui che entra nella vita umana, si risveglia nel cuore umano, si offre come cibo umano...

La fede è innanzitutto un dialogo fra noi e Dio, fra noi uomini, ma anche dentro di noi. La fede è un’arte (perché ogni arte inizia da un dialogo) di riconoscere una realtà più profonda, più essenziale o sapienziale dell’essere umano. In questa realtà si riflette il Volto di Dio che si è fatto Uomo, e che è più vicino a noi di noi stessi, anche se è spesso chiuso dietro un muro da noi costruito. Per riconoscere lo stesso Volto dietro il muro delle divisioni (fra noi e dentro di noi), dobbiamo provare il dialogo da un altro lato, non dai nostri problemi e dalle nostre discussioni di casa che sono tanti, ma dal mistero che è sempre uno per tutti. Se vogliamo entrare nell’Ortodossia, apriamo le porte del dialogo sul primato del Volto di Dio e sulla giurisdizione del miracolo, sull’autorità dello stupore e sul proselitismo del Regno di Dio che è vicino... L’unità cristiana non è una costruzione umana che chiede un grande impegno e una buona volontà, ma un dono, già dato e non ancora realizzato, seminato, ma non ancora scoperto. Il nostro dialogo è solo un mezzo della ricerca della perla preziosa del Vangelo nascosta dentro di noi.

 

Letto 1953 volte Ultima modifica il Giovedì, 22 Settembre 2011 17:27
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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