Ecumene

Giovedì, 10 Gennaio 2008 00:00

La riforma della Chiesa: una necessità costante (Giovanni Cereti)

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Riflessione, a più voci, sull'ecumenismo

Una riforma della Chiesa, che la adegui a ciò che il Signore le chiede oggi, esige che essa tenga conto di quelli che sono i "segni dei tempi" e cioè del fatto che, essendo essa pienamente inserita nella storia dell’uomo, i mutamenti che avvengono nella società la toccano nella viva carne e profondamente. Lo Spirito condurrà la Chiesa all’unità, ma già fin d’ora è auspicabile un dialogo serio, portato avanti con coraggio e determinazione.
1. La riforma della Chiesa:
una necessità costante

di Giovanni Cereti *

Con il concilio Vaticano II l’appello alla riforma è tornato a risuonare nella Chiesa cattolica in stretto collegamento con l’invito a impegnarsi per la riconciliazione dei cristiani.
Il Concilio stesso ha operato una grande riforma nella teologia e nella prassi ecclesiale, ma non possiamo nasconderci che ci sono ancora ambiti non rivisitati.

La coscienza della necessità di rinnovamento e di riforma nella comunità cristiana è stata viva sin dalle origini. Quando sorgevano nuove necessità, gli apostoli stessi vi sapevano provvedere (cf At 6,1).

Gli interventi dei responsabili delle comunità, così come le deliberazioni dei concili, determinarono sempre dei cambiamenti e delle riforme, che intendevano rispondere alle nuove esigenze e alle nuove situazioni. Se l’accento veniva posto per lo più sulla conversione e sul rinnovamento personale, che ha trovato la sua espressione più alta nel monachesimo, non è mai mancato nella Chiesa neppure il richiamo alle riforme e ai rinnovamenti comunitari, invocati per esempio da tanti movimenti popolari nel corso di tutto il Medioevo.

Un più esplicito appello alla riforma della Chiesa è risuonato poi più volte nella prima metà del secondo millennio, e di esso si sono fatti portavoce anche grandi uomini spirituali, più tardi venerati come santi nella Chiesa cattolica. Questo appello raggiunse anche i responsabili della Chiesa, ma naufragò nel contrasto fra i sostenitori dell’autorità del Papa ed i sostenitori di quella del Concilio, oltre che in una inadeguata concezione della riforma da realizzare, in quanto si guardava più a tornare a un passato idealizzato che a una nuova incarnazione del Vangelo nel mondo contemporaneo.

Il tempo del sospetto

Dopo gli eventi del XVI secolo e della Riforma protestante, lo stesso appello a una riforma divenne sospetto per secoli nella Chiesa cattolica. Soltanto con il concilio Vaticano II esso è tornato a risuonare, in stretto collegamento con l’invito a impegnarsi per la riconciliazione dei cristiani, a partire dalla convinzione che le divisioni esistenti sono state in larga misura la conseguenza non solo delle inadeguatezze, dei ritardi, dei difetti o dei peccati dei cristiani, e in particolare dei ministri della Chiesa, ma anche di insufficienze pastorali e culturali non imputabili a nessuno ma egualmente esiziali per l’unità.

Qualora la comunità cristiana avesse saputo operare a tempo debito i rinnovamenti richiesti dalle circostanze, molte dolorose separazioni non avrebbero avuto luogo. La riconciliazione delle Chiese esige pertanto che esse tornino a riavvicinarsi fra di loro, confrontandosi insieme con il Vangelo e con i segni dei tempi, e operando ovunque quelle riforme e quei rinnovamenti che si rivelassero necessari sulla base di questo confronto.

Agli inizi del XX secolo la Chiesa cattolica venne fecondata da molti movimenti di rinnovamento, i quali contribuirono fortemente al riavvicinamento fra i cristiani, come ricorda il secondo paragrafo di Unitatis redintegratio 6, dove si parla dei movimenti biblico, patristico, liturgico, teologico, che avevano posto le basi di un nuovo approccio alla fede cristiana, consentendo un ritorno alla Bibbia e alla tradizione più antica, un approfondimento delle vicende storiche e quindi una migliore conoscenza degli avvenimenti che hanno portato alle separazioni, oltre che dei condizionamenti culturali e storici che hanno accompagnato le formulazioni teologiche confessionali.

Oltre a questi movimenti, che operarono soprattutto sul piano della ricerca e dello studio, possono essere ricordati i rinnovamenti attuati sul piano pastorale, con un maggiore impegno del laicato, che lo portò progressivamente a prendere coscienza della dignità del suo battesimo e del suo essere Chiesa, determinando così una nuova valorizzazione del sacerdozio universale del popolo di Dio; l’elaborazione di una dottrina sociale della Chiesa, che non è stata senza paralleli con l’analogo cammino dei movimenti del "cristianesimo sociale" e di "Vita e Azione"; e l’impegno missionario risvegliato soprattutto con i pontificati di Benedetto XV e di Pio XI, che puntarono sulla creazione di un clero e di un episcopato "indigeni" e che consentirono alle giovani Chiese di Africa e di Asia di acquistare in pieno la propria dignità.

Fedeltà al Vangelo

È proprio in questa prospettiva di rinnovamento e di riforma che deve essere letta la decisione di far entrare la Chiesa cattolica nel movimento tendente alla realizzazione della piena comunione fra i cristiani. Il movimento verso l’unità e il movimento per la riforma e il rinnovamento ecclesiale vanno di pari passo, in quanto entrambi consistono nella ricerca di una maggiore fedeltà al Vangelo e alla propria vocazione, che sono comuni a tutti i battezzati e a tutte le Chiese, al di là delle attuali separazioni. Il Concilio lo ha affermato esplicitamente: «Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente nell’accresciuta fedeltà alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l’unità. La Chiesa pellegrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno» (UR 6).

Non è superfluo sottolineare il fatto che in questo passo il Concilio afferma, riprendendo quasi alla lettera un’affermazione di Lutero («Ecclesia indiget reformatione»), che di rinnovamento la Chiesa ha sempre bisogno («perpetuo indiget»), e che l’impegno per la riforma è un dovere («ut oportet»), a cui è chiamata da Cristo.

Questa necessità può derivare da una situazione di peccato che si è determinata nella comunità cristiana, il che impone un atteggiamento di penitenza, ma forse la ragione di fondo che rende la riforma indispensabile dobbiamo trovarla proprio nella condizione peregrinante della Chiesa, nella sua stessa condizione ontologica, per la quale l’elemento divino in essa può diventare visibile e concreto solo in forme umane, storicamente e culturalmente determinate, incarnate nelle diverse epoche storiche. La resistenza al cambiamento negli elementi umani della Chiesa è il frutto di una mentalità "monofisita", che anche in essa sa scorgere solo la dimensione divina e considera quindi tutto irreformabile.

Si può anche ricordare che il Concilio utilizza nel passo appena citato l’aggettivo perennis e l’avverbio perpetuo, per rimarcare a due riprese che la necessità della riforma non viene mai meno, facendo in qualche modo proprio anche il principio delle Chiese riformate: «Ecclesia reformata semper reformanda». Per quante riforme siano già state realizzate nel corso della storia e anche nelle epoche più recenti, la Chiesa non solo ha bisogno di riforma, ma questa è talmente collegata alla sua condizione peregrinante, che non può mai considerarsi conclusa.

Una riforma della Chiesa, che la adegui a quello che il Signore chiede a lei oggi, esige che essa tenga conto di quelli che abbiamo definiti i "segni dei tempi", e cioè del fatto che, essendo la Chiesa pienamente inserita nella storia dell’uomo, i cambiamenti che avvengono in essa toccano profondamente la Chiesa. Ci si può domandare se ciò non costituisca un invito ad abbandonare il linguaggio che ha ereditato da una cultura medioevale, statica, rurale, prescientifica, il linguaggio di una società paternalista e fortemente gerarchizzata, il linguaggio di una cultura europea, per cercare di comprendere e parlare il linguaggio degli uomini ai quali essa è inviata.

Una nuova inculturazione del cristianesimo esige che esso sappia incarnarsi in tutte le culture del mondo; e in tutte le culture intese non solo in senso geografico, ma anche quelle culture contemporanee che tengono conto dei dati delle scienze naturali, delle scienze storiche, delle stesse scienze umane. E tutto questo, non per un superficiale adattamento al mondo e alle sue mode, ma per discernere e accogliere lo Spirito Santo che opera nel mondo.

I rinnovamenti decisi dal Concilio cominciarono a essere tradotti in atto in una serie di disposizioni, provenienti per lo più dalla Santa Sede, nel corso degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, che svilupparono anche nuove istanze sinodali ai diversi livelli della vita della Chiesa, e ciò nonostante le difficoltà e le resistenze che un tale rinnovamento incontrava al suo interno.

La strada è ancora lunga

Altri rinnovamenti tuttavia attendono di essere realizzati nella vita quotidiana delle Chiese attraverso la disponibilità alla riforma, l’apertura al cambiamento, l’impegno nel rinnovamento della vita concreta delle comunità locali, l’ascolto delle richieste che ci possono provenire da altri cristiani che ci aiutano a comprendere quante cose si rivelano discutibili alla luce del Vangelo.

Il pensiero corre a tante devozioni popolari, all’uso di titoli onorifici, a ricchezze non necessarie; ma anche a quei rinnovamenti nella celebrazione dell’eucaristia e nel culto dell’eucaristia al di fuori della celebrazione, richiesti dal Vaticano II e dalle riforme postconciliari, o a tutto quello che riguarda i rapporti fra l’episcopato e il primato del vescovo di Roma, o infine alla situazione della donna nella Chiesa. Tutto quello che viene fatto per il rinnovamento teologico e pastorale è al servizio non soltanto di una vita ecclesiale sempre più piena e più fedele al Vangelo, ma anche del riavvicinamento fra le Chiese. Il cristiano sa che il suo impegno porterà a tempo debito i suoi frutti, perché ha fiducia nello Spirito, che guida la Chiesa nella storia e che ha suscitato in essa il desiderio dell’unione (cf UR 1).

L’incessante rinnovamento, al quale la Chiesa è chiamata da Cristo (cf UR 6) per poter restare degna sposa del suo Signore (cf LG 9), si può realizzare grazie all’opera dello Spirito Santo, che incessantemente fa nuove tutte le cose. È lo Spirito che con i suoi doni rende atti i fedeli ad assumere opere e compiti per il rinnovamento e la crescita della Chiesa (cf LG 12), e che «con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo» (LG 4), in una fedeltà al passato, al depositum fidei, e nello stesso tempo anche al futuro, dal quale il Signore ci chiama, in una perenne attenzione al Vangelo e ai segni dei tempi.

È lo stesso Spirito che condurrà la Chiesa all’unità (cf UR 24), suscitando forse un incontenibile movimento nel popolo cristiano, analogo a quello che è riuscito a travolgere situazioni che apparivano sclerotizzate e immodificabili.

«Tra le tentazioni e le tribolazioni del cammino la Chiesa è sostenuta dalla forza della grazia di Dio [...], affinché per l’umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà, ma permanga degna sposa del suo Signore, e non cessi, sotto l’azione dello Spirito Santo, di rinnovare sé stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto» (LG 9).


* docente presso l’Istituto di studi ecumenici, Venezia, e la Pontificia facoltà teologica Marianum, Roma

(da Vita Pastorale, dicembre 2005)

Bibliografia

Cereti G., Riforma della Chiesa e Unità dei cristiani nell’insegnamento del concilio Vaticano II, Il Segno 1985, Verona; Cereti G., Molte chiese cristiane, un’unica Chiesa di Cristo, Queriniana 1992, Brescia; Congar Y. M., Vraie et fausse réforme dans l’Eglise, Cerf 1952, Paris (tr. it., Vera e falsa riforma nella chiesa, Jaca Book 1968, Milano); Dizionario del Movimento Ecumenico, Dehoniane 1994 (1992), Bologna; Von Allmen J.J., Prophétisme sacramentel. Neuf études pour le renouveau et l’unité de l’église, Delachaux et Niestlé 1964, Neuchatel.

Letto 2889 volte Ultima modifica il Sabato, 01 Marzo 2008 10:52
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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