L'ampiezza del nostro sapere teologico perde, senza quest'inizio, la sua luce e la sua serenità; noi diventiamo delle figure tetre in un mondo buio che rischiano spesso di tediare gli altri. Se non prendiamo le mosse dalla vittoria sulla morte non abbiamo altra scelta da adottare, come punto di partenza, che le nostre miserie individuali e collettive sotto la costante minaccia del caos, del nulla e del vuoto. Tutto rimane nell'apparenza, problematico e pieno di ansietà diverse che si sovrappongono le une alle altre: Non abbiamo un coefficiente per la nostra vita. Nelle varie peripezie del pensiero e dell'azione temiamo sempre per ritrovarci in un vicolo cieco, come in un ghetto, e le nostre conclusioni migliori coincidono con le nostre premesse. Privati dell'aria fresca del giorno nuovo di Dio ci facciamo un dovere di rendere irrespirabile l'aria altrui.
Pasqua ci confronta con un cambiamento radicale, con un deciso e totale rovesciamento delle nostre prospettive. Si può allora, e allora soltanto, parlare di libertà. Finalmente non apparteniamo più al nostro mondo chiuso, ma ne siamo tratti fuori, come gli ebrei dall'Egitto di Faraone, e siamo messi in marcia verso la terra promessa. L'esigenza di essere liberi da questo o da quello passa su di un piano secondario: il coefficiente che determina la nostra vita consiste nell'essere liberi per Dio: è il senso della nostra partecipazione alla sua vittoria. L'evento liberatore incide sulla nostra vita quotidiana sulla storia di ogni nostra decisione e di ogni nostro impegno. Esso segna l'ora di Dio che passa nella nostra esistenza. Non si tratta di un'impossibilità: per questo siamo stati creati ed è questa l'ora che dobbiamo attendere con gioia. Ma non si tratta neppure di una formula da mettere a punto e da usare come una novità qualsiasi del nostro sapere umano. Senza l'invocazione: Padre nostro che sei nei cieli non v'è né novità né cambiamento, perciò la nostra vita nella libertà inizia con la preghiera. Il nostro modo di inserirci nella preghiera è di confessare che attendiamo da Dio il nostro coefficiente. Dio che ispira e compie il rovesciamento delle nostre prospettive è colui che ci dà la gioia e il permesso di vivere nella sua libertà come figli suoi. L'uomo attende questa libertà e l'attende la terra che noi abitiamo. Essa è quindi al contempo un dono e un compito di cui siamo debitori gli uni verso gli altri per preservare il mondo dal caos.