Canberra (Australia): 7-20 febbraio 1991
Si tratta della VII assemblea organizzata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese. Per quanto riguarda il nostro tema vi è un forte richiamo a considerare attentamente il problema della cultura che ovunque rappresenta un sistema di significati e quindi si offre come strumento all'evangelizzazione e alla comunione. L'invito ci propone di guardare oltre la nostra comprensione per discernere i frutti e i doni dello Spirito Santo (che è lo Spirito di Cristo) e per riconoscere la presenza di Dio tra le genti di altre fedi. Il compito non è certamente facile. Per esempio nell'area musulmana non si può proporre molto al di là di un "incontro d'impegno" ("encounter of committment").
Vale la pena ricordare subito l'importanza della cultura richiamando la definizione di Paul Tillich che ormai ha avuto risonanza mondiale: la cultura è la forma della religione e la religione è la sostanza della cultura.
Basilea 1985 (15-21 maggio)
L'incontro a dimensioni continentali fu organizzato dalle Chiese Evangeliche Europee (KEK) e dalla Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). Graz si pone come seconda tappa in questa direzione. L'incontro di Basilea fu una grande festa ricca di cortei e di canti. Il tema era: "Pace nella giustizia". Vanno ricordate le tre "sfide": a) la necessità di un nuovo ordine economico mondiale, b) di una nuova corte internazionale di giustizia (a favore dei diritti umani e del disarmo, contro ogni sorta di discriminazione e di militarismo) e c) ai un nuovo ordine mondiale per la salvaguardia del creato. Si tratta di un potente lievito pronto per essere inserito nella nuova situazione che verrà creandosi con la caduta del muro di Berlino.
Graz (23-29 giugno l997)
1- I partecipanti.
Il tema dell’incontro è stato: "Riconciliazione. Dono di Dio e sorgente di vita nuova". Anche in questo caso, come già per Basilea, la riunione è stata arricchita dalla partecipazione a diverse liturgie, da canti condivisi, dalla presenza di bande musicali e da gesti significativi. Il tutto è stato facilitato dal fatto che non era previsto un consenso teologico a carattere dottrinale. Vi erano 700 delegati, ma si è calcolato intorno a 10.000 il numero delle presenze. I cattolici costituivano il 51% dei convenuti e il 40% dell'insieme proveniva dai paesi dell'Est europeo.
In un primo momento è sorta qualche difficoltà per l'ammissione dei movimenti puramente ecclesiali come i Focolarini (contano ormai 19 cittadelle sparse in tutto il mondo), i neocatecumenali, la comunità di S. Egidio e il movimento "Noi siamo Chiesa", sviluppatosi particolarmente in Austria. Il contesto non dottrinale ha facilitato il superamento della perplessità iniziale.
Una difficoltà, forse imprevista, si è riscontrata nell'uso del pronome "Noi" nei documenti finali. Avrebbe infatti espresso una unità non ancora raggiunta che gli ortodossi intendevano sottolineare in modo particolare.
A questo punto possiamo ricordare alcune citazioni dell'incontro di Graz. Si è detto che è stata "una mostra di ecumenismo" e naturalmente anche una "festa ecumenica". L'osservazione più arguta (che cela una punta critica in rapporto all'opzione dei poveri) ha rilevato che nell'insieme la riunione di Graz è stata "una festa di giusti".
Tuttavia va messo in evidenza l'immenso lavoro che ha coinvolto le chiese per la preparazione del convegno. Il documento iniziale ha ottenuto oltre 1.400 reazioni ed ha costretto gli organizzatori a impostare in maniera nuova lo svolgersi dei lavori. Si sono divisi gli interventi in "ambiti" per affrontare i temi generali e in "fora" per raccogliere il maggior numero delle sollecitazioni. La manifestazione era pure affiancata da circa 1500 "stands" dove venivano esposti i lavori dei vari settori ecumenici nazionali.
2- Gli interventi.
Li ricordiamo rapidamente come punti di riferimento.
Il Cardinale Carlo Maria Martini ha esortato gli europei ad "andare avanti con fiducia" e "gioiosa speranza" nonostante le nuove divisioni che si prospettano all'orizzonte dopo la caduta del muro di Berlino.
Chiara Lubich dei Focolarini (lungamente applaudita) e Roger Schutz di Taizè hanno sottolineato la necessità di una spiritualità ecumenica e di una economia di comunione.
Mons. Aldo Giordano, segretario della CEE, ha ricordato che i nostri problemi sono anche le nostre speranze. Graz si presenta come un' "assemblea veramente ecumenica" e l'ecumenismo è una "cosa seria".
Daniel Ciobotea, ortodosso, ha parlato dell'ecumenismo come di "una scuola d'incontro".
Alessio II patriarca di Mosca ha colto l'occasione per condannare il "proselitismo sfrenato" considerato un'"aggressione spirituale". Ad occhi occidentali rimane l'impressione che per i russi la presenza di altre denominazioni cristiane sia vissuta come una "violazione di domicilio"; forse una sopravvivenza dell'antica formula "cuius regio eius religio" nonostante che gli Zar e lo stalinismo siano tramontati.
George Carey, arcivescovo di Canterbury, ha a sua volta deplorato il proselitismo sfrenato, ma ha anche ricordato alle chiese, tra cui la sua, di non cedere alla tentazione di un nuovo nazionalismo.
Come non ricordare la posizione dei "cristiano-teceschi" durante l'ultimo conflitto mondiale?
I partecipanti italiani hanno voluto ricordare il successo del recente documento sui matrimoni misti firmato dalla chiesa cattolica e dalle chiese evangeliche valdo-metodiste. Alcuni sacerdoti cattolici (ed è significativo che siano stati proprio loro) hanno richiamato l'importanza della TILC, la traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente, che rimane il dato ecumenico più impegnativo del nostro paese nel XX secolo.
Infine Graz ha offerto ai vescovi "uniati", cattolici di rito bizantino, l'occasione di organizzare per la prima volta un loro incontro.
3- Il Messaggio Finale
Il messaggio inviato alle chiese è stato costruito tenendo presenti le "raccomandazioni" formulate dall'assemblea e, a loro volta, le raccomandazioni hanno raccolto in sintesi il materiale emerso dai vari settori di lavoro che hanno caratterizzato l'assemblea.
Per quanto riguarda la prospettiva del dialogo interreligioso i temi segnalati nel messaggio sono abbastanza limitati.
Il nostro tempo offre occasioni di paura e di speranza. Ci troviamo senza soluzioni da suggerire. Occorre perciò mantenere aperto il dialogo e insistere sulla libertà di coscienza, sul primato della persona, sulla solidarietà e sulla remissione dei debiti del Terzo Mondo. Bisogna sostenere il disarmo e battersi contro le tendenze dell'individualismo.
4 - Le raccomandazioni
Con gli ebrei abbiamo innanzi tutto in comune la Bibbia ebraica; i Salmi occupano un posto particolare nelle rispettive liturgie.
Dobbiamo tuttavia prendere atto che la nostra storia con gli ebrei è una "storia di colpe" ed una "vergogna" a causa dell'antisemitismo che abbiamo coltivato. La situazione è delicata perché l'autore di ingiustizie non ha il diritto di chiedere la riconciliazione e non bisogna neppure attendersi dalle vittime un'automatica disposizione al perdono. Le chiese sono invitate dall' Italia e dalla Germania (oggi anche dalla Svizzera) a dedicare una giornata di riflessione sugli ebrei. In Italia la giornata era già stata fissata per il 17 gennaio, cioè per il giorno precedente a settimana dedicata alla preghiera per l'unità dei cristiani.
Per quanto riguarda le altre religioni l'invito di Graz è un invito all'apertura verso le diversità. La nostra fedeltà comporta anche il rispetto degli altri che si concretizza nella tolleranza, nella cooperazione e nell'alleanza contro i malintesi e le strumentalizzazioni politiche. Dal punto di vista teorico il rapporto Vangelo-cultura assume un'importanza di primo piano. Coscienti della nostra finitezza occorre rimanere aperti verso le possibilità offerte dagli altri che come noi appartengono ad un mondo finito. Il dialogo sulla libertà religiosa e sui diritti umani apre pertanto una strada per passare dall'informazione alla formazione, per fare insieme tutto quel che può essere fatto insieme. (La conferenza di Fede e Costituzione, strumento teologico del Consiglio Ecumenico delle Chiese, tenutasi a Lund nel l952, aveva già dato quest’indicazione per orientare il rapporto tra le chiese cristiane).
Le raccomandazioni offrono uno spettro più ampio del Messaggio Finale e propongono impegni concreti anche nell'area dell'incontro con le altre fedi viventi. Soprattutto credo vada sottolineata la necessità di prendere in seria considerazione il rapporto fede-cultura.
5 - Le discussioni.
Il materiale, raccolto in vista delle raccomandazioni, richiama l'attenzione anche al settore che ci interessa direttamente.
Dio vuole rivelarsi a tutti gli uomini ed è presente in modo misterioso nell'intera creazione attraverso la coscienza e la dimensione interiore dell'essere umano. Il dialogo è dunque un nuovo aspetto dell'insondabile pienezza di Dio. Incontriamo tutti lo stesso Dio dell'ineguagliabile autorivelazione in Cristo.
E' chiaro che senza verità e giustizia non ci può essere riconciliazione. Ciò comporta il rispetto celle "convinzioni" e dello stile di vita" della fede altrui; non significa cedere necessariamente al secolarismo. E' però un invito a togliere le condanne reciproche e a garantire il diritto ad una conversione, libera dalle pressioni del proselitismo di tipo finanziario o dalle manipolazioni politiche. Sotto quest'aspetto per le chiese, la riconciliazione significa innanzi tutto un disintossicarsi.
In Europa vi sono ormai venti milioni di musulmani e quindi s’impone la necessità del dialogo. Nella storia, accanto alle guerre, vi sono stati anche periodi di buon vicinato e di coabitazione ai quali dovremmo ispirarci. Tuttavia oggi è necessario esprimere la nostra solidarietà verso le vittime di quanti soffrono sotto l'islam e cercare di ristabilire la loro dignità.
Al di là degli evidenti risvolti sociali, che esigono nuovi orientamenti nel rapporto Nord-Sud, l'impegno per una vita sostenibile, la condivisione e la solidarietà, la riconciliazione ci spingono a superare la contrapposizione delle etnie in vista di una comunione ecumenica del popolo di Dio. L'interdipendenza non può fare a meno della comprensione reciproca.
Per le chiese è giunto il momento d'imparare dai propri errori, di trovare un criterio per distinguere gli spiriti. Accanto alle traduzioni comuni della Bibbia, ai canti e alle preghiere le chiese possono facilitare il loro compito con la creazione di consigli di chiese locali o nazionali.
6 - Dopo Graz
I documenti dell'Assemblea di Graz hanno avuto ampia ripercussione nei mesi successivi. Moltissime riviste religiose ne hanno parlato soprattutto in Italia. Nella sessione del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche), che si è tenuto quest'estate al passo de La Mendola, un gruppo specifico si è soffermato sui documenti di Graz appena messi in circolazione. Sono stati ripresi i temi che riguardano l'impegno sociale in quanto sono applicazioni concrete della necessaria riconciliazione. Non si è trascurato l'impegno ecumenico che si allarga verso le altre fedi viventi. Intanto si rende non più rinviabile una maggiore educazione all'ecumenismo. Molti giornalisti hanno notato che interrogando i partecipanti ai vari riti domenicali, raramente la gente sapeva qualcosa dell'avvenimento di Graz. L' ecumenismo non è stato, se non raramente, un argomento di prima pagina e certamente la situazione non potrà essere invertita. Si tratta di un lievito che deve far fermentare la pasta nei tempi lunghi e non di una rivoluzione capace di soluzioni immediate che la gente non riuscirebbe a comprendere. Bisogna insistere sull'informazione in vista della formazione ecumenica. Questo è possibile a partire dalle scuole dove si trovano alunni di confessione e religione diverse. Per superare i pregiudizi si può dare maggior peso all'ospitalità. Per tutti s’impone uno stile di vita più sobrio che sia testimonianza del primato della persona umana, della giustizia, dei diritti umani e della libertà religiosa.
Abbiamo molto da imparare dagli altri. Tra l'altro potrebbero aiutarci a riportare alla ribalta valori della nostra stessa testimonianza che sono stati troppo spesso dimenticati.
7 - Riflettendo su Graz
- L'aspetto pratico, nei confronti delle altre religioni o fedi viventi, si traduce in appello al rispetto reciproco, alla tolleranza, alla difesa della libertà religiosa, dei diritti umani ed ad impegno concreto e solidale per affrontare insieme i problemi che assillano la nostra società. In fondo si tratta di essere più attenti alla regola d'oro: "Fate anche agli altri otto quel che volete che essi facciano a voi" (Matt. 7,12).
- L'assemblea di Graz apre anche una prospettiva, non nuova ma certamente di non facile condivisione: tutti ci rivolgiamo allo stesso Dio e facciamo riferimento all'interiorità dell'uomo e alla sua coscienza. Sarà necessario esaminare gli spiriti e stabilire un criterio comune nel rispetto delle "convinzioni" e dello "stile di vita" di ognuno tenendo presente che senza verità non ci può essere giustizia.
- L'apertura ad una nuova sensibilità nei confronti del diverso da noi ci pone una serie di interrogativi che impegneranno certamente la riflessione ecumenica sul rapporto con le altre religioni. Sarà necessario verificare le tendenze esclusivistiche con quelle inclusivistiche, le spinte al sincretismo con quelle dell’isolamento universalistico e infine il rapporto tra lo spirito dell'uomo e lo Spirito di Dio. In che modo lo Spirito di Dio gestisce la storia collettiva e individuale? La salvezza ci è data "nonostante" la nostra religione o "a causa" della nostra religione o ancora "attraverso" la nostra religione?
- L'invito che ci viene rivolto da Graz e da altre riflessioni nell'area ecumenica è quello di dedicare maggiormente la nostra attenzione al rapporto vangelo-cultura. E' evidente che non si può elevare la nostra cultura al livello del vangelo e neppure abbassare il Vangelo alla nostra cultura. In ogni caso bisognerà procedere con molta precauzione per non essere fagocitati da una fretta insoddisfacente e inconcludente. Paul Tillich ha proposto una formula che ha avuto ampia eco di consensi a livello mondiale: la cultura è la forma della religione e la religione è la sostanza della cultura. Il termine "religione" è qui usato in maniera molto vasta, nel senso dell'insieme dei significati che governano la nostra vita e per i quali siamo anche disposti a sacrificare la nostra esistenza. In questa prospettiva la cultura assume un ruolo importante perché unifica aree religiose spesso incompatibili, come i musulmani e i buddisti del Tibet. La cultura ha anche un ruolo disintossicante per quanto riguarda l'integrismo, il provincialismo, il fanatismo e la superstizione che si annidano in tutte le religioni. E' un'opera di decantazione del raccogliticcio primitivo. La cultura però non crea senso o significato; si limita a dare una forma comune, un consenso generale, alle idee in circolazione. Vale quindi la pena se non è addirittura doveroso interrogarla per renderci conto dell'ambiente nel quale ci troviamo a vivere la fede cercando di esprimerla in azioni sostenibili e accettabili per credenti e non credenti.
- Una moratoria V'è un suggerimento che ha origini diverse e potrebbe essere di grande aiuto per continuare nell'umiltà il confronto tra le religioni. Si tratta di una "moratoria" sui valori ultimi. Nell'incontro delle religioni se si fa riferimento a Cristo, a Maometto o a Budda una parte dell'assemblea (compresi gli atei) perderà ogni interesse nel dialogo e lascerà il suo posto. Se invece si accetta di parlare soltanto della traduzione o della trasposizione della nostra religione in termini culturali scegliendo cioè di avviare un discorso orizzontale (coram mundo e non coram Deo) allora e soltanto allora si potrà avviare una concreta collaborazione sugli aspetti pratici, compresi quelli proposti da Graz. Lo si è fatto al tempo della riforma protestante proponendo l'"uso civile" della legge (Lutero), o "la religione pubblica" (Zwingli e Calvino). Lo si è fatto con la nascita del moderno diritto internazionale adottando una formula dall'apparenza scandalosa "Etsi Deus non daretur". Lo si è fatto a Stoccolma nel 1525 con la prima Assemblea ecumenica di Fede e Azione, coscienti che il "dogma divide e la pratica unisce". In fondo lo si è fatto a Basilea 1989 e a Graz in quanto gli incontri non prevedevano pronunciamenti a carattere dogmatico o teologico. La "moratoria" permette ad ognuno di mantenere il segreto della propria fede e di darne la traduzione pratica in vista di un consenso comune a tutti. Il "segreto" evita la secolarizzazione; la pratica favorisce il massimo impegno per l’oggi e non necessariamente per il domani.
- "Middle axioms" Nel corso della ricerca ecumenica del nostro Secolo ha trovato crescente consenso una nuovo formula per precisare l'impegno delle chiese nella società. Si è parlato di "middle axioms". Tra l’invariabilità della Sacra Scrittura e la continua variabilità, nel tempo e nello spazio, della situazione (e della cultura) è possibile individuare valori mediani (middle axioms) che facciano da ponte, cioè da riferimento e da orientamento. Costituiscono una segnaletica transitoria come la dignità, la libertà, la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato. Sono valori che danno, per l'oggi, un aspetto concreto all'impegno del credente. Non sono valori fissi perché, con lo stesso criterio, andranno ripensati e riformulati domani. I "middle axioms" nascondono la nostra motivazione, ma danno visibilità all'impegno che da essa deriva. I "middle axioms" possono essere condivisi su larga scala da tutte le fedi viventi e costituiscono l'humus adatto per avviare l’incontro e la collaborazione.
- Filosofia e teologia Lavorando in questa direzione si può certo far uso della storia delle religioni, della sintesi delle religioni comparate. Si può addirittura avviare una filosofia della religione limitandola a segnalarci il tipo di filosofia o le categorie di pensiero che sorreggono la religiosità degli uomini. I più coraggiosi parleranno di una filosofia religiosa, distinguendola da quella precedente, perché tenteranno di individuare le tendenze che emergono dalle indagini come segni premonitori o predisposizioni alla ricezione delle dimensioni ultime dell’infinito.
- A titolo di conclusione, dopo esserci inoltrati in possibili prospettive future, si potrebbe ancora chiudere con un ulteriore interrogativo per sottolineare la serietà della problematica che dovremmo necessariamente affrontare nell'incontro con le altre fedi viventi. Il passo definitivo oltre i confini del finito, del nostro esistere quotidiano, sarà una "partenogenesi" o una "fecondazione"?
Per molti si chiarifica la fede, cioè la convinzione che non tutto il dicibile è ricavabile da un'indagine sulla nostra condizione. Non tutti si accontentano di una teologia dedotta dalla precaria situazione umana come se nulla ci fosse mai stato dato.
Altri puntano verso una teologia pensata tenendo presente sì la situazione, ma facendo riferimento ad un qualcosa che ci è stato dato, ad un incontro che si è verificato nella nostra storia. Altri aggiungono: "Il Signore ha parlato".
Un ultimo auspicio: manteniamo pure i nostri confini, visto che li riteniamo ancora indispensabili e utili nel nostro cammino verso il Regno di Dio, ma almeno abbattiamo le nostre frontiere che sicuramente ostacolano il nostro pellegrinaggio e la stessa gestione dello Spirito in questo tempo d'attesa.