Per i commentatori il gihâd si basa sul versetto coranico IX, 29: “Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero han dichiarato illecito, e coloro, fra quelli cui fu data la Scrittura, che non s'attengono alla Religione della verità. Combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati”. Nel versetto non compare però la radice ghd, ma qtl che indica l'uccisione, l'eliminazione fisica. Nel Corano la radice ghd si trova sempre quando si parla di sforzo personale, di impegno e non è direttamente collegata alla guerra santa. Nella maggior parte delle traduzioni disponibili gihâd è però tradotto con “combattimento”, per esempio “Non obbedire dunque agli infedeli e conduci contro di essi un grande combattimento per mezzo della predicazione” (XXX, 52). Se però traduciamo gihâd come sforzo l'idea di guerra viene molto attenuata. Nel Corano si parla molto di guerre, scontri, di battaglie, ma l'attività militare è resa dalle radici qtl e hrb. Le prime biografie di Muhammad sono intitolati Maghâzî da ghawaz (razzie), secondo un hadith Muhammad al ritorno da una razzia avrebbe detto “Ora torniamo dal piccolo gihâd al grande gihâd” e spiegò che il grande gihâd ero lo sforzo contro se stessi.
Il gihâd del Corano è perciò lo sforzo per far trionfare il volere divino sulla terra. I territori del dâr al -Islâm si contrappongono al quelli del dâr al-harb (guerra), contrapposizione che finirà quando tutti si covertiranno. Per questo il gihâd non è paragonabile alle crociate come alcuni fanno poiché queste sono state un episodio limitato nel tempo. Il gihâd assomiglia di più alle missioni cristiane.
Dal punto di vista giuridico si pone accanto ai cinque “pilastri della fede”, ma a differenze di questi che sono obblighi individuali, il gihâd è collettivo. Si può compiere in quattro modi: con l'animo, con la parola, con la mano e con la spada, e i primi tre metodi sono superiori alla lotta armata.
Tutti i testi classici concordano che in caso di attacco del nemico l'obbligo di gihâd diventa individuale e si estende a donne e anziani. Nel passato lo sforzo di espansione fu svolto da piccoli gruppi di persone, chiamate mugiâhid o ghâzî, che si insediarono alle frontiere dei territori dell'islam, soprattutto in Asia centrale e Anatolia.
Con il passare del tempo si prese atto che una parte del mondo non accettava l'islam e si introdusse la possibilità di stipulare tregue con il dâr al-harb. Questo permise ai non musulmani di poter soggiornare nei territori islamici per svolgere attività di commercio. I mercanti europei poterono recarsi nelle terre dell'islam senza timore, nessuno avrebbe proclamato un gihâd nei loro confronti.
Nell'ottocento il concetto di gihâd cambiò, nuove letture del Corano furono fatte e vennero lanciate lotte armate contro la penetrazione coloniale. Utilizzarono il gihâd il movimento wahhabita che portò la dinastia Saud al potere in Arabia, il movimento mahadista in Sudan, il movimento della sanussiyya in Libia solo per citare gli esempi più conosciuti.
L'11 novembre 1914 l'impero ottomano entrando in guerra contro Francia, Gran Bretagna e Russia, proclamò il gihâd che per la prima volta si estendeva a tutti i musulmani del mondo. Le potenze coloniali coinvolte fecero pressione sugli ‘ulamâ dei loro possedimenti affinché emettessero delle fatwâ (parere giuridico non vincolante) contrarie.
Sotto l'influenza di pensatori come al-Afghânî, Hasan al-Banna, Sayyd Qutb e Al-Mawdûdî l'idea di gihâd si trasformò in senso decisamente politico contro il colonialismo, anche se circolò per molto tempo in ambiti molto ristretti. La lotta di liberazione coloniale fu condotta soprattuto in nome del nazionalismo, le classi dirigenti “laiche” utilizzarono poco il gihâd e solo per giustificare le politiche condotte rispetto ad ambienti religiosi. Dopo l'indipendenza gihâd furono dichiarati per promuovere lo sviluppo economico e sociale.
La lotta palestinese fin dagli anni venti contro la penetrazione sionista non è mai ricorsa al gihâd.
A partire dagli anni settanta nei paesi islamici la lotta di movimenti che si battono sia contro i regimi locali sia contro l'imperialismo utilizza come slogan il gihâd.
Per la teoria classica solo il capo della comunità islamica può proclamare un gihâd offensivo.
Per gli sciiti duodecimani, in attesa del ritorno del dodicesimo imam, il gihâd offensivo non può essere proclamato, perchè manca l'autorità a cui spetta tale decisione. Gli sciiti ismailiti lo rifiutano a livello di principio, l'unico gihâd è quello che si deve combattere contro la propria coscienza.
I mugtahid (gli esperti dello sforzo interpretativo del messaggio divino) iraniani deputati a indicare la buona condotta ai fedeli, esaltano il gihâd, ma né lo propongono né lo attuano. Durante la guerra contro l'Iraq, negli anni ottanta, venne usato come mezzo di propaganda all'interno del paese per mobilitare le masse, ma a livello internazionale entrambi i paesi belligeranti fecero ricorso solo al diritto internazionale.
La maggior parte dei conflitti nei quali sono stati convolti paesi musulmani, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, difficilmente sono riconducibili al modello di gihâd, anche quando uno dei paesi era non musulmano. Anche per l'Afghanistan il modello del gihâd, proposto spesso dai mass media, non è applicabile, lì si è combattuto e si combatte una guerra civile, che vede il paese diviso in varie parti, a loro volta divise al loro interno in varie fazioni.
Maria Domenica Ferrari