Ecumene

Domenica, 21 Ottobre 2007 17:15

Relazioni inter-ortodosse ed ecumenismo (Andrea Pacini)

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Dialogo ecumenico

Relazioni inter-ortodosse ed ecumenismo

di Andrea Pacini





Le relazioni ecumeniche tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse sembra stiano attraversando un periodo di miglioramento e di maggiore distensione rispetto all’ultimo decennio trascorso. Si tratta di una distensione concretamente testimoniata anche da alcuni importanti eventi, quali la ripresa - nello scorso mese di settembre - dei lavori della Commissione internazionale di dialogo teologico e - in occasione della festa di sant’Andrea lo scorso 30 novembre - la visita fraterna di papa Benedetto XVI al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, nonché il clima più disteso - o almeno meno conflittuale - che si respira nei rapporti tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa. Ci si può chiedere tuttavia se questo processo di distensione, in sé senz’altro positivo, si sviluppi su un fondamento solido, o se rimanga in qualche modo su un piano ancora superficiale e necessiti di un più profondo radicamento.
 
E’ chiaro infatti che alcune questioni che hanno complicato non poco i rapporti ecumenici tra ortodossia e cattolicesimo, come quella dello statuto teologico delle Chiese greco-cattoliche, rimangono ancora non risolte; se la sospensione della discussione su tale argomento ha avuto l’innegabile risultato positivo di consentire la ripresa del dialogo teologico, resta il fatto che non aver raggiunto una soluzione condivisa significa che tale punto nodale potrà riemergere come causa di conflittualità nel presente e nel futuro. Tale rischio si prospetta anche perché non si tratta di un problema di ordine puramente teorico, bensì con diretto riferimento esistenziale, dal momento che coinvolge Chiese vive, che convivono all’interno di Stati a maggioranza ortodossa.

Esiste tuttavia un’altra questione, forse meno nota al vasto pubblico, che ha recentemente influenzato le relazioni ecumeniche cattolico-ortodosse e che è destinata a esercitare un’influenza rilevante anche nel futuro: si tratta dei rapporti interni all’ortodossia, ovvero delle relazioni inter-ortodosse, caratterizzate da tensioni non irrilevanti, che si ripercuotono anche sull’ecumenismo.

Dal momento infatti che la comunione ecclesiale ortodossa è costituita da un insieme di Chiese autonome (normalmente, ma non sempre, di rango patriarcale), le relazioni tra le diverse Chiese svolgono un ruolo essenziale per esprimere una posizione univoca e condivisa o, al contrario, frammentaria. E’ un dato di fatto che con gli inizi degli anni ‘90 e la fine dei governi comunisti nell’Europa orientale, il rinnovato ruolo delle Chiese ortodosse di quei Paesi, in particolare della Chiesa ortodossa russa, ha riacutizzato un’antica e non risolta competizione tra il patriarcato di Mosca e il patriarcato di Costantinopoli. La motivazione di tale competizione non è irrilevante, perché riguarda il ruolo e l’esercizio dell’autorità primaziale all’interno della comunione ortodossa. Com’è noto la tradizione orientale riconosce alla sede di Costantinopoli il rango primaziale, che comporta in particolare la prerogativa di concedere lo statuto di autonomia e di autocefalia a nuove Chiese ortodosse e il diritto di appello al patriarcato ecumenico da parte di Chiese ortodosse che abbiano contenziosi reciproci, nonché da parte di singoli chierici che abbiano contenziosi con la propria giurisdizione ecclesiastica.

Il patriarcato di Mosca non intende riconoscere tali prerogative al patriarcato di Costantinopoli, e spesso ha posto atti unilaterali in cui ha assunto prerogative di tipo primaziale che secondo la tradizione spettano al patriarcato ecumenico, quali la concessione dello statuto di autocefalia alle Chiese ortodosse di Cina, Giappone e America (Stati Uniti), e, più recentemente, il rifiuto della mediazione di Costantinopoli per risolvere la crisi interna all’ortodossia ucraina. Ultimamente la competizione tra Mosca e Costantinopoli ha trovato ulteriori elementi di aggravamento in rapporto alla diaspora russa in Europa occidentale. Qui infatti, in seguito alla rivoluzione sovietica, si sono costituiti forti nuclei di emigrati russi, che si sono organizzati in due giurisdizioni ecclesiastiche, di cui una - la diocesi del Chersoneso - dipende da Mosca e l’altra - che ha il maggior numero di parrocchie - costituisce l’esarcato russo dipendente dal patriarcato di Costantinopoli. Quest’ultimo era stato fondato negli anni ‘20 del secolo XX per un’esplicita volontà di sottrarsi alla giurisdizione di una Chiesa russa che si riteneva compromessa con il governo sovietico.

L’esarcato russo ha svolto e svolge un ruolo fondamentale sul piano delle relazioni ecumeniche e come “ponte” culturale e teologico tra l’Occidente cristiano cattolico e protestante e l’Oriente ortodosso. L’istituto teologico San Sergio che da esso dipende è l’istituzione teologica ortodossa più impegnata in tali campi. Grazie al suo impulso le relazioni ecumeniche con l’ortodossia in tutta Europa hanno conosciuto progressi assai importanti. Tuttavia da circa tre anni il patriarcato di Mosca ha cercato di espandere la sua influenza sulla diaspora di origine russa, partendo dalla Gran Bretagna, dove ha invitato le due giurisdizioni a unificarsi riconoscendosi dipendenti dal patriarcato di Mosca. La strategia, messa in atto anche grazie a nuovi gruppi di immigrati russi giunti in Gran Bretagna, mirava a erodere molte prerogative di autonomia di cui godevano le parrocchie e le diocesi “russe” in terra britannica; inoltre il patriarcato russo ha cercato di diffondere la propria linea teologica e culturale, decisamente meno aperta a una ricerca teologica nuova, a una maggiore autonomia locale e a relazioni ecumeniche ricche e costruttive.

Di fronte a queste prospettive i fedeli e buona parte della gerarchia locale hanno protestato, ottenendo nel 2002 il trasferimento del vescovo ausiliare appena nominato proveniente dalla Russia. La situazione è ulteriormente precipitata nella primavera del 2006, quando a fronte della linea promossa dal patriarcato di Mosca, lo stesso vescovo Basilio - successore del noto vescovo Anthony Bloom nella guida pastorale della giurisdizione britannica del patriarcato russo - ha chiesto al proprio patriarca di passare personalmente all’esarcato russo della giurisdizione di Costantinopoli - che mantiene l’apertura teologica, pastorale ed ecumenica tipica dell’ortodossia dell’Europa occidentale - e di lasciare che potessero seguirlo le parrocchie che lo volessero. La risposta del patriarcato di Mosca è stata l’immediata sospensione a divinis. Il vescovo Basilio si è allora appellato al patriarca di Costantinopoli, che ha riconosciuto come anticanonica la procedura da cui era stato colpito e lo ha accolto nella propria giurisdizione con le parrocchie che intendono seguirlo.

Per il patriarcato di Mosca si è trattato di uno smacco notevole, anche perché tutte le principali Chiese ortodosse - con l’eccezione del patriarca di Antiochia - si sono dichiarate solidali con il vescovo Basilio e la decisione del patriarca ecumenico. Per il patriarcato di Mosca la volontà di espandere la propria influenza sulla diaspora europea si è dimostrata un’arma a doppio taglio, a fronte della notevole differenza di prospettiva culturale, teologica e pastorale tra la porzione maggioritaria dell’ortodossia dell’Europa occidentale - specialmente quella di antico insediamento - e le posizioni teologiche e culturali della Chiesa ortodossa russa attuale. Questo spiega perché anche in occasione del recente incontro della Commissione di dialogo teologico cattolico-ortodossa il capo della delegazione russa abbia contestato in modo violento la responsabilità primaziale di Costantinopoli e le connesse prerogative, senza per altro ottenere alcun successo, perché anche in quell’occasione le altre Chiese ortodosse si sono mostrate solidali con Costantinopoli. L’insieme di queste vicende tuttavia coinvolge anche l’ecumenismo inteso come efficace cammino verso l’unità: forti elementi di competizione e di disgregazione interni a una confessione non possono infatti che ulteriormente complicare i processi di riconciliazione e di dialogo ecumenici interconfessionali.

(da Vita Pastorale, gennaio 2007)

Letto 2139 volte Ultima modifica il Domenica, 02 Dicembre 2007 20:24
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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