Il direttore del Corriere della Sera si trovava a passare per New York. La Fallaci gli fa leggere queste sue note. Accordo concluso! Il quotidiano pubblica uno scritto fiume della giornalista. Edizione esaurita in quattro ore. A Roma un tale acquista tutte le copie da un giornalaio, trentesei, per distribuirle ai passanti. Abbandonando la redazione di un romanzo in gestazione, la giornalista decide di trasformare l’articolo in un libro. Quasi un milione di copie vendute in cinque mesi.
La Fallaci chiama la sua opera un "sermone". Parodiando Zola, ne fa un "J’accuse" Chi? L’Islam. Lo scopo di questo articolo diffamatorio di meno di duecento pagine, è quello di aprire gli occhi alle "cicale" di ogni risma, che vivono nella spensieratezza, non vogliono vedere la realtà, "fornicano" con il Nemico che è dunque l’Islam.
Esso ha scatenato una guerra contro l’Occidente, capace di distruggere la sua cultura, "la" Cultura. Sarebbe folle credere che i fanatici costituiscano "delle semplici minoranze". "No, mio caro, no. Sono milioni e milioni, gli estremisti (…) Osama Bin Laden e i talebani non sono altro che la manifestazione più recente di una realtà che esiste da millequattrocento anni". Il frutto di una religione oscurantista, di analfabeti, che ha "uno scandaloso disprezzo per le donne", e presenta una costellazione di "regimi teocratici" i cui rappresentanti sparsi nei vari paesi, stanno organizzando "l’invasione" dell’Occidente, "insozzano" Firenze, l’amata città di cui è originaria la Fallaci.
L’identità dell’Italia e di tutta intera l’Europa, è minacciata. Ed ecco che l’autrice, "atea, grazie a Dio", si lancia in un’apologia della religione cattolica, che ha plasmato questo bel paese. Certo, vi sono alcune ombre in questo bel quadro, per esempio l’Inquisizione. Ma la Chiesa "ha dato un gran contributo alla storia del Pensiero". E guardate poi questo Papa, che ha portato il suo contributo alla caduta del comunismo! Il solo rimprovero che la Fallaci gli può fare: la sua richiesta di perdono ai mussulmani per le Crociate. I "fottuti figli di Allah" hanno forse chiesto perdono ai cristiani per "aver preso il Santo Sepolcro"?
Da tutto ciò si vede bene che non è sufficiente percorrere il mondo in lungo e in largo, osservare lo spettacolo della strada, intervistare i grandi leaders, per arrivare a capire le civiltà, la mussulmana in particolare. Ritenere di essa solo il Corano (sospettato, d’altra parte, di essere alla radice di tutti i mali), il filosofo Averroè e il poeta Omar Khayyam, rivela una crassa ignoranza. Ma, più ancora che in cultura, La Rabbia e l’Orgoglio, è testimonianza di un accecamento etnocentrico, di una coscienza quasi patologica della "superiorità" occidentale. Lo stesso Silvio Berlusconi non era arrivato a tanto.
L’opera di Oriana Fallaci, sottolinea Gilles Kepel, permette di capire come, dopo l’11 settembre, una parte sempre più numerosa dell’elettorato europeo, (e dell’opinione pubblica americana)è portata a "collegare le angosce e le paure causate dall’insicurezza, all’immigrazione, all’’islam e al terrorismo" e a volgersi verso l’estrema destra (2). Ma, con il pretesto di risvegliare gli spiriti contro la minaccia integralista, la Fallaci, la rinforza. Propugnando la sua tesi di un islam "intrinsecamente perverso" essa delegittima, in effetti, il lavoro critico di un buon numero di intellettuali mussulmani che cercano di reinterpretare e di "modernizzare" la loro religione. E calcando sul troppo famoso "scontro di civiltà" porta un duro colpo al partito della tolleranza e del dialogo. La Rabbia e l’Orgoglio, ecco una mossa sbagliata.
NOTE
1) La Rabbia e l’Orgoglio di Oriana Fallaci. Per rispondere ai suoi detrattori, la giornalista ha pubblicato sul settimanale milanese Panorama un lungo articolo Sull’antisemitismo (ripreso dal Figaro del 7 giugno 2002). Così, quelli che "fornicano" con l’islam, sarebbero antisemiti. Gli amici degli Ebrei, tra i quali sono anche io, avrebbero volentieri fatto a meno dell’imbarazzante contributo della signora Fallaci.
2) Vedi Il Punto del 24 maggio 2002.
(da Actualité n° 40 luglio-agosto 2002. Traduzione, riduzione ed adattamento a cura di Grazia Hamerl Sabatelli).