Aleksij II, patriarca di Mosca e di tutta la Rus' (antica Russia) spera nel superamento di questa divisione e avanza in tal senso una sua proposta, in una lettera che il 10 aprile 2003 ha inviato a tutti i fedeli di tradizione ortodossa russa che vivono in Europa occidentale e attualmente legati a tre diverse e contrapposte giurisdizioni.
Dopo l’affermarsi, nel 1917, della rivoluzione bolscevica (che fece subito migliaia di vittime tra le fila del clero ortodosso), il patriarca Tikhon - appena eletto proprio nell'estate del '17, dopo duecento anni di vacanza del Patriarcato, abolito da Pietro il Grande - dovette affrontare un drammatico problema: come rapportarsi al nuovo potere? Invitare vescovi, preti e fedeli a opporsi fino alla morte al regime instaurato da Lenin? Oppure cercare un modus vivendi? Sembra che in un primo momento (ma la questione è controversa) Tikhon abbia optato per la prima ipotesi, e che di fronte all’evoluzione del regime sovietico, a partire dal 1923 si sia avvicinato alla seconda. Il patriarca Tikhon venne comunque imprigionato e ben presto morì, nel 1925.
Di fronte a queste problematiche una ventina di vescovi russi diede vita, a Costantinopoli, alla Chiesa russa all'estero, dapprima legata al Patriarcato, in seguito staccatasi. Dopo varie vicende, questa chiesa porterà il suo centro negli Usa, a Jordanville. Tuttavia numerosi fedeli che si riconoscevano in questa Chiesa restarono in Europa.
Un altro gruppo di fuorusciti russi fondò, a Parigi l'esarcato (o arcidiocesi) russo in Europa occidentale, legato al Patriarcato di Costantinopoli.
Dopo la fine dell'Urss (1991), il Patriarcato di Mosca ha cercato di organizzare la cura pastorale dei suoi fedeli che vivono in Europa occidentale.
Aleksij II si domanda: che senso ha, oggi, lo scisma nato ottant'anni fa, "causato dalla tragedia storica del popolo russo, dal collasso della società prodotto dalla catastrofe della Rivoluzione"? Perché mantenere in Europa occidentale tre giurisdizioni russe? Perciò il Patriarca ha indirizzato la sua lettera non solo ai vescovi russi in Europa occidentale (legati a Mosca), ma anche a quelli che dipendono da Jordanville e da Parigi.
Riflettendo sulle vicende del passato riguardanti gli esuli il Patriarca esprime questo pensiero: gli "eccezionali pastori amavano profondamente la Russia che non avrebbero mai più rivisto, e credevano che l'unità ecclesiale sarebbe stata restaurata non appena si fosse spezzato il giogo che opprimeva il loro Paese. Lo credevano pure i loro confratelli vescovi, che sperimentarono la piena ferocia della persecuzione della Chiesa nell'Urss di quel tempo".
Aleksij propone che le tre giurisdizioni diventino un'unica metropolia russa dell’Europa occidentale e che in futuro accoglierà anche gli ortodossi russi dell'Europa centrale. Questa metropolia, continua il Patriarca, sarà al momento guidata dal metropolita Antonio di Surozh (88 anni, residente a Mosca). Il seguito avrà una sua piena autonomia, e quindi il diritto di eleggere il suo metropolita (dietro conferma del Patriarca di tutta la Rus').
Ci sono le condizioni ecclesiali perché la proposta di Aleksij abbia successo. Ma non è facile andare a ricomporre un’unità sulla quale pesano diverse esperienze ed incomprensioni.