Ecumene

Mercoledì, 21 Giugno 2006 22:50

Divina Liturgia di rito bizantino

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Testo in italiano della Divina Liturgia (celebrazione eucaristica) di rito bizantino.

Divina liturgia di rito bizantino

 

I atto: PREPARAZIONE ALLA LITURGIA

Il prete, che sta per celebrare la divina Liturgia, deve in primo luogo essere in pace con tutti, non avere nulla contro alcuno e cercare di avere nell’animo solo pensieri degni del grande mistero che sta per celebrare.

E’ questo il senso delle preghiere seguenti recitate dal prete davanti all’iconostasi in attitudine di penitenza, domandando a Dio il perdono che gli permetterà di oltrepassare le porte del Santuario.

 

I. – PREPARAZIONE DEI MINISTRI

 

Dopo la consueta riverenza a chi presiede, il prete e il diacono avanzano verso le Porte Sante, vi fanno insieme tre metanie e recitano le “preghiere iniziali”.

 Preghiere davanti alle Porte Sante

 Il diacono dice:

“Benedici, Signore”

Il prete:

“Benedetto il nostro Dio, in ogni tempo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli”.

Il diacono:

“Amen”.

 Il Prete:

“Gloria a te, Dio nostro, gloria a te.

Re celeste, Consolatore, Spirito di verità, che sei presente in ogni luogo e tutto riempi tesoro di beni e datore di vita, vieni e abita in noi, e purificaci da ogni macchia, e salva, o Buono, le anime nostre”.

Il diacono dice il Trisaghion:

Santo Dio, santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi (tre volte).

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,

Ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Santissima Trinità abbi pietà di noi; o Signore, perdona i nostri peccati; o Sovrano, rimetti le nostre colpe; o Santo, visita e sana le nostre infermità, per la gloria del tuo nome.

Signore, pietà; Signore, pietà; Signore, pietà.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato i Tuo nome, venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà, come in Cielo così in Terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.

Il prete:

“Poiché tuo è il regno, la potenza e la gloria, Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli”.

Il Diacono:

“Amen”.

Il prete e il diacono dicono i “tropari penitenziali”.

D         Abbi pietà di noi, o Signore, abbi pietà di noi: privi di ogni giustificazione, noi peccatori ti rivolgiamo, o nostro Sovrano, questa supplica: abbi pietà di noi….

P         Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

D         Signore, abbi pietà di noi: in te, infatti, abbiamo riposto la nostra fiducia: non ti adirare oltremodo con noi, né ricordare le nostre colpe; ma riguardaci anche ora, misericordioso qual sei, e liberaci da nostri nemici. Tu sei, infatti, il nostro Dio e noi il tuo popolo; tutti siamo opera delle tue mani e abbiamo invocato il tuo nome.

P         Ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Il prete e il diacono fanno un profondo inchino mentre si sollevano le tende della porta

“Schiudi a noi la porta della misericordia, o benedetta Madre di Dio; fa che, sperando in te, non veniamo delusi, ma siamo liberati per mezzo tuo dalle avversità; tu, infatti, sei la salvezza del popolo cristiano”.

Il prete e il diacono venerano l’icone del Signore.

PD      “Veneriamo la tua purissima effigie, o Buono, chiedendo perdono delle nostre colpe, o Cristo Dio. Ti sei benignamente degnato infatti di salire volontariamente con il tuo corpo sulla croce per liberare dalla schiavitù del nemico coloro che tu hai plasmato. Pertanto con riconoscenza a te gridiamo: hai riempito di gaudio l’universo, o nostro Salvatore, venuto a salvare il mondo”.

E baciano l’icone di Cristo

Quindi si recano davanti all’icone della Madre di Dio e dicono il seguente Tropario:

“O Madre di Dio, fonte di misericordia, rendici degni della tua compassione; rivolgi il tuo sguardo sul popolo che ha peccato; mostra, come sempre, la tua potenza. Sperando in te, ti gridiamo “Salve!” come già Gabriele, il Principe delle Schiere celesti”.

E baciano l’icone della Madre di Dio.

Ritornano davanti le Porte Sante.

Indi chinano il capo, e il prete recita la seguente preghiera in preparazione al sacrificio:

P         “O Signore, stendi la tua mano dall’alto della tua dimora e confortami nel presente mistero affinché, stando senza colpa davanti al tremendo tuo altare, io celebri l’incruento sacrificio. Poiché tua è la potenza e la gloria nei secoli dei secoli”.

D         “Amen”.

Entrata nel Santuario

Quindi il prete e il diacono fanno tre profondi inchini davanti alle Porte Sante e un inchino a ciascun coro. Così entrano nel Santuario, il prete per la porta Nord, il diacono per la porta Sud, recitando a voce bassa il Salmo 5, a cominciare dal versetto 8:

“Entrerò nella tua casa e mi prostrerò davanti al tuo santo Tempio nel tuo timore….”

Giunti nel Santuario, fanno  tre profondi inchini davanti alla S. Mensa. Il prete bacia il S. Evangelo e la sacra Mensa, il diacono soltanto la sacra Mensa.

Vestizione dei Ministri

Il prete e il diacono si recano al diaconicon ove indossano i paramenti sacri recitando ad ogni indumento una preghiera prescritta.

Il “Lavabo”

In seguito, si lavano le mano recitando il Salmo 25,6-12.

 

II. – PREPARAZIONE DELLE OFFERTE

(Prothesis o Proscomidia)

Il primo atto o prothesis, che consiste nella preparazione del pane e del vino, è un “piccolo dramma realistico in compendio, che riproduce la immolazione dell’Agnello, dando così uno schema succinto del sacrificio che si compirà nella liturgia.

Il prete prende il pane e traccia tre volte con la lancetta il segno della croce, poi l’immerge nel lato destro e taglia dicendo:

“Come la pecora è menata allo scannatoio “ (Is. 53.7).

Fa anche una incisione dal lato sinistro dicendo:

“Come l’agnello senza macchia muto dinanzi a chi lo tosa, egli non aprì bocca” (Is. 53.7).

Dopo altre due incisioni il prete toglie la particella detta d’ora in  poi “l’Agnello” e dice:

“Perché la sua vita è stata tolta dalla terra”.

Mette questa particella sulla patena, rivoltata per significare la kenosi. Il diacono dice:

“Immolatevi, Signore”.

Allora il prete incide profondamente la particella in forma di croce dicendo:

“L’Agnello di Dio è immolato, colui che toglie il peccato dal mondo per la vita e la salvezza del mondo”.

Poi rivolta la particella e il diacono dice:

“Crocifiggete, Signore”.

Il prete trafigge il pane con la lancia, in alto dal lato destro citando:

“Uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua” (Giov. 19.34).

Staccando un’altra particella il prete la mette alla destra dell’Agnello dicendo:

“La Regina è venuta alla tua destra in vesti d’oro” (Salmo 45.13).

La particella successiva ricorda il Precursore e gli angeli (è l’icone della Diesis, le nozze dell’Agnello), poi vengono le particelle che rappresentano i profeti, gli apostoli, i santi; le particelle per i viventi e per i morti, ciascuno è presentato per nome.

Si ricostituisce così sulla patena dell’offerta la figura perfetta della Chiesa nella sua dimensione universale, che ricopre il cielo e la terra, che raggiunge gli assenti ed anche i morti, Chiesa-Agnello che ricapitola in sè tutto ciò che vive. “Come tu sai, in un mondo che tu solo conosci”.

E’ l’immagine del Corpo di Cristo, la comunione totale nel corpo totale. Questa visione sopravanza chiaramente il tempo. Durante l’incensamento il diacono dichiara:

“O Cristo, tu sei stato presente con il corpo nella tomba, con l’anima nel limbo; come Dio nel paradiso con il ladrone  e sul trono col Padre e con lo Spirito Santo; tu, l’infinito che riempe ogni cosa”.

E’ la visione del tutto adempiuto:

“Tutto ciò che si è compiuto per noi, la croce, la tomba, la risurrezione, l’ascensione, la presenza alla destra del Padre, la seconda venuta gloriosa”.

E’ la visione del mondo in Dio, quando questo mondo tutt’intero diviene teofania, presenza del Dio trino nel creato… Al disopra del tempo, prima della storia, nell’Agnello la fine raggiunge il principio. Il simbolismo racchiuso nella prothesis ci eleva verso il prologo celeste di cui parla l’Apocalisse: “L’Agnello immolato fin dalla fondazione del mondo” (Apoc. 13.8; Pie. 1.19).

Dall’eternità, dalla preesistenza, l’azione liturgica ci fa ora discendere nello svolgimento storico; l’Agnello entra nella storia, appare in un punto determinato dello spazio e del tempo e prende la figura di un fanciullo: è la Natività. Il prete ricopre la patena con le particelle ponendovi sopra l’asterisco in metallo e dichiara:

“E la stella, essendo giunta al luogo dov’era il fanciullo, vi si fermò” (Matteo 2.9).

La preghiera rivolta allo Spirito Santo:

“Re del Cielo, Paracleto, Spirito di verità, che sei presente in ogni luogo e tutto riempi, tesoro di beni e datore di vita, vieni e abita in noi, e purificaci da ogni macchia, e salva, o Buono, le anime nostre”,

equivalente al Veni Sancte Spiritus, è l’epiclesi generale sulla soglia del Mistero.

 

 

II atto: LA LITURGIA DEI CATECUMINI

 

“La liturgia dei catecumeni è la liturgia della Parola; l’Evangelo è posto al centro sul tavolo dell’altare; la lettura dell’apostolo (l’apostolos di un uomo è come un altro se stesso) precede la lettura dell’Evangelo, seguita dalla predicazione. La liturgia dei fedeli è la liturgia dell’eucarestia, al suo centro vi è il calice. Si vede quanto sia impensabile una separazione o una opposizione. <Dio parla e la cosa è>, ciò che la parola ha annunziato, si effettua immediatamente, si adempie nel calice che è la Parola fatta carne” e la sua azione è immediata: la trasmutazione dei fedeli in <sostanza del Re>”.

 

  1. 1) Benedizione iniziale e grande litania

“All’inizio del secondo atto il diacono si mette dinanzi alle porte sante e dice:

<Benedite, Signore>.

Il prete pronunzia la dossologia-benedizione:

<Benedetto sia il regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo>,

ponendoci tutto ad un tratto nel regno della Trinità Santa.

Il diacono… reca la preghiera collettiva da parte della grande comunità;

<In pace preghiamo il Signore…..>

Le litanie, come onde possenti, trasportano il fedele al di là di se stesso e della sua cerchia familiare, verso l’assemblea presente, poi verso gli assenti, verso coloro che sono in cammino e in pericolo sulla terra, sul mare e nell’aria, verso coloro che penano e che soffrono, verso coloro che agonizzano. Poi la preghiera abbraccia quelli che detengono l’ordin e il potere, la città e il paese, le nazioni e i popoli, infine l’umanità tutta intera. Essa chiede l’abbondanza dei frutti della terra e l’ordine cosmico e si compie con l’invocazione ecumenica per la pace e per l’unione di tutti”.

  1. 2) Salmi 103 (102) e 146 (145) o Antifone e tropario

<O Figlio Unigenito>. - Le Beatitudini

Il coro canta i salmi 102 e 145, detti <rappresentativi> (Typica), che raccontano l’attesa del popolo dell’Antico Patto teso verso la salvezza promessa, sia le antifone che sollecitano la salvezza promessa:

<Per l’intercessione della Madre di Dio,

o Salvatore, salvaci.

Per l’intercessione dei tuoi Santi,

o Signore, Salvaci.

O Figlio di Dio, ammirabile nei Santi (la domenica si dice: che sei risorto dai morti),

salva noi che a te cantiamo: Alleluia>.

Questa parte termina con l’inno solenne della salvezza stessa, al Figlio unigenito, al Monogeno, che confessa l’essenziale della fede cristiana secondo il dogma di Calcedonia. (Questo tropario ha probabilmente come autore l’imperatore Giustiniano).

Segue il canto delle Beatitudini che ricorda le qualità dell’anima vivente sotto la grazia.

3) La piccola Entrata o ingresso con l’Evangelo

“La porta del santuario si apre come si apre il Regno di Dio alla venuta di Gesù, è la piccola Entrata. Il prete porta solennemente l’evangelo all’altezza della fronte, egli è preceduto da un cero acceso. E’ la presentazione ritualizzata del Cristo che annunzia la sua parola ed è preceduto da san Giovanni Battista, <lampada ardente e splendente> (Giovanni 5.35).

la <preghiera dell’entrata> menziona gli angeli che celebrano nel cielo la liturgia eterna e che si uniscono adesso ai fedeli per la celebrazione comune:

<Maestro e Signore nostro Dio, che hai stabilito nei cieli gli ordini e gli eserciti degli angeli e degli arcangeli per celebrarvi la liturgia della tua gloria, fa che con l’entrata dei santi angeli che, con noi, celebrano e glorificano il tuo amore, perché a te conviene ogni gloria e ogni adorazione>.

L’ultima parola mette fortemente l’accento sul senso di questo rituale, l’adorazione, e spiega questa irruzione del celeste nel terreste al momento della piccola e della grande Entrata. Gli angeli celebrano nel cielo la liturgia eterna e partecipano alla liturgia degli uomini, la quale non è che un inserirsi nel tempo dell’adorazione perpetua, condizione normale di ogni creatura. E’ il tema iconografico, così sviluppato, detto <divina liturgia>, che raffigura il Cristo all’altare, in vesti pontificali, circondato da angeli celebranti e vestiti da preti e diaconi.

<Benedetta sia l’entrata dei tuoi santi>,

dice il prete.

E’ l’appello all’adorazione di Dio da parte di tutte le potenze di santità della Chiesa. I santi e tutti gli uomini nel loro principio stesso di partecipazione alla santità di Dio, e tutti gli angeli, si prostrano insieme, in sinassi liturgica. Così Dio il Santo, nascosto nel mistero stesso del suo splendore come in una nuvola, è adorato da tutte le potenze della sua santità, <risplendente sul volto dei suoi santi>.

Dopo la benedizione dell’entrata, il diacono leva in alto l’Evangelo e proclama:

<Sapienza!>.

E’ l’appello ai fedeli ad evitare tutto ciò che può distrarre la loro attenzione e a darsi interamente all’atto di adorazione.

Il coro canta:

<Venite, adoriamo e inchiniamoci dinanzi a Cristo….

Salvaci, o Figlio di Dio, tu che sei ammirabile nei tuoi santi>.

Nell’ufficio pontificale, è il momento in cui il vescovo entra nella sua funzione sacerdotale, liturgica: segna l’inizio della liturgia condensato nell’atto di adorazione”.

 

4) Troparia

“Seguono i cantici che commemorano proprio in questo momento i santi della giornata e della Chiesa. Il significato dell’insieme è grandioso nella sua ampiezza: tutto è riunito nell’atto di prosternarsi, è l’avvento di Cristo circondato dalla nuvola dei testimoni e dei servitori della sua gloria, è la santità di Dio risplendente nel suo principio umano, l’assemblea dei santi”.

 

5) Inno Trisaghion

“Il diacono si inchina e si rivolge al prete:

<Benedetto il tempo del Trisaghion>

Il prete benedice dicendo:

<Poiché tu sei santo, o nostro Dio, adesso, sempre e in eterno>

<Per tutto c’è il suo tempo> (Eccl. 3.1), dice l’Ecclesiaste. Dio <ha fatto ogni  cosa bella al suo tempo; ha perfino messo nel cuore dei figliuoli degli uomini il pensiero dell’eternità> (Eccl. 3.11).

Vi è dunque anche il tempo liturgico del Trisaghion, il tempo dell’adorazione. Il prete dice l’orazione del Trisaghion:

<Dio santo, che abiti nel santo dei santi, che sei lodato dai serafini al canto dell’inno tre volte santo; che sei glorificato dai cherubini e adorato da tutte le potenze celesti… che ti sei degnato di accordare a noi, tuoi umili e indegni servitori, l’onore di trovarci in questo istante dinanzi alla maestà e alla gloria del tuo santo altare e di offrirti l’adorazione che ti è dovuta; tu dunque, o Signore, accetta anche dalle nostre labbra peccatrici l’inno del Trisaghion… perché tu sei santo, o nostro Dio e noi ti rendiamo gloria, Padre, Figlio e Spirito Santo>.

Il prete si prostra tre volte dicendo il Trisaghion e il coro canta:

<Dio santo, santo Forte, santo Immortale, abbi pietà di noi,>

porta aperta sul mistero del Dio trinitario, donde, nell’ampiezza dell’adozione liturgica, il Cristo avanza e appare dinanzi ai fedeli.

Prima della fine del canto il diacono pronunzia:

<Dynamis> (forza),

invito a raddoppiare d’intensità e a far risuonare pienamente l’inno.

Se la liturgia è pontificale, il vescovo si avanza durante il canto tenendo nella mano sinistra il dikerion (candelabro a due ceri incrociati, mistero illuminante delle due nature in Cristo) e nella mano destra il trikerion (candelabro a tre ceri, la luce trisolare), benedice il popolo incrociando così le due immagini cristologia e trinitaria. E’ l’intensità massima della figurazione che raggiunge così, nel punto di incrocio, l’indicibile della santità divina.

Segue <la cerimonia del trono>, o la sua benedizione che raffigura una immagine simbolica del trono di Dio tre volte santo verso cui è salito il canto del Trisaghion”.

 

6) Epistola, Evangelo, litania diaconale,

preghiera per i catecumeni e loro congedo

“Cristo ha abolito l’inimicizia, ha dissipato le tenebre e la sua parola risuona nella lettura dell’Epistola (a questa pericope), tratta dagli Atti e dalle Epistole viene dato il nome di Apostolos) e dall’Evangelo del giorno. La sinassi dei catecumeni include la sua epiclesi: la preghiera prima della lettura dell’Evangelo chiede il dono dell’illuminazione che si riferisce al testo di Luca 24.45-46:

<Egli aprì loro la mente per intendere le Scritture… ecco io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso, lo Spirito che vi condurrà in tutta la verità>. E’ il metabolismo eucaristico delle scritture in Parola di Dio, l’eucarestia scritturale dei catecumeni.

L’uso antico faceva seguire la lettura da un’omelia episcopale o da una predicazione. Le litanie completavano questa parte trascinando gli uditori nel loro movimento ecumenico. E’ a questo momento che il diacono annunziava il <congedo dei catecumeni>; i penitenti e i catecumeni abbandonavano il tempio e cominciava la liturgia dei fedeli”.

 

III atto: LA LITUTRGIA DEI FEDELI

“Durante la liturgia dei fedeli, questi sono i testimoni del Cristo risolto e il Regno di Dio è proclamato”.

1) Il Cherubikon o l’inno cherubino

“<Stiano dinanzi a lui con timore e sapienza > invita il diacono, e il coro, mettendosi sullo stesso tono spirituale, intona il Cherubikon:

<Noi, che misticamente rappresentiamo i cherubini e cantiamo alla vivificante Trinità l’inno tre volte santo, deponiamo ogni sollecitudine mondana per ricevere il Re dell’universo, invisibilmente scortato dagli eserciti angelici. Alleluia, alleluia, alleluia>.

L’’anima si svuota, si accorda col canto delle potenze celesti; tutte le sue fibre sono protese nell’attesa dell’evento”.

 

2) La Grande Entrata

“La grande Entrata, o processione dell’offertorio, è una rappresentazione liturgica dell’arrivo di Cristo a Gerusalemme. I fedeli prostrati raffigurano il corteo del Cristo-Re, sacerdote e vittima, che appare egli stesso in mezzo ai fedeli. E’ il tema iconografico della divina liturgia.

Il canto del Sabato Santo fa risplendere ancor meglio la grandezza dell’entrata:

<Che ogni carne mortali stia in silenzio, e con timore e tremore; che nessuna considerazione terrena la domini. Perché ecco il Re dei Re e il Signore deo Signori, il Cristo nostro Dio si avanza per essere sacrificato e per essere dato in nutrimento ai suoi fedeli. Egli è preceduto dal coro degli angeli, con tutti i principati e le dominazioni, i cherubini dai molti occhi e i serafini dalle sei ali, che si velano la faccia e cantano l’inno Alleluia>.

Allorché la processione rientra nel santuario, il prete implora con la supplica del buon ladrone:

<Ricordati di me, Signore nel tuo Regno>.

Poi depone il calice sull’altare dicendo:

<Il nobile Giuseppe avendo tratto giù dalla croce il tuo corpo purissimo, lo avvolse in un bianco sudario e in profumi, e lo depose in un sepolcro nuovo….>.

E’ la passione e la morte. Il grande velo ricopre le offerte come il sudario e gli aromi sono ricordati dall’incenso. La porta del santuario si chiude come si è chiusa la porta del sepolcro.

E’ il momento dell’offertorio del canone eucaristico. La cortina si ritira nuovamente come sotto l’impeto della vita trionfante, come si aprirà la porta ancora per la spinta della fede vivente; l’angelo dalla spada fiammeggiante si ritira dall’albero della vita. L’aprirsi del cielo avvicina al mistero tremendo e l’invita a schiudersi perché donandosi totalmente riceva Dio totalmente.

L’orazione dell’offertorio anticipa l’epiclesi:

<Che il tuo spirito di grazia, autore di ogni bene, discenda sopra noi, sopra questi doni qui preparati e su tutto il tuo popolo>”.

3) Bacio di pace, Credo

“La parola del diacono risuona nel silenzio del raccoglimento:

<Amiamoci gli uni gli altri, a fin di confessare d’un sol cuore la nostra fede>.

Soltanto radicato nell’amore e nell’unità stessa della fede, con tutti i santi, l’uomo partecipa al mistero della vita divina; soltanto l’amore può conoscere l’Amore…Ed è per questo che è dal bacio di pace, che suggella l’atto più sconvolgente dell’uno in Cristo, che s’innalza il canto del Credo, annunziante questo Amore che discende, si offre, soffre e salva.

 

La parola che accompagna il bacio di pace esprime bene il suo significato:

<Gesù Cristo è in mezzo a noi….>

Il visibile e l’invisibile della Chiesa si compenetrano e mutano la natura stessa delle cose.

Durante il canto del Credo il celebrante agita lentamente il velo al di sopra del calice e la patena, simbolo della discesa dello Spirito Santo”.

 

4) Anafora o Canone eucaristico

 

  1. a) Appello all’attenzione

“<Stiamo dinanzi a lui con timore, stiamo attenti a offrire in pace la santa Anafora>,

insiste il diacono.

Il momento più sacro si avvicina:

<In alto i cuori>

<Noi li eleviamo verso il Signore>.

Le sollecitazioni del mondo svaniscono, il suo cuore si eleva, l’uomo veramente libero può ora abbandonarsi al suo slancio”

b) Grande preghiera eucaristica

“<Rendiamo grazie al Signore>,

invita il prete.

All’azione propriamente laudativa, detta <eucaristia>, il coro risponde con questa azione di grazie che supera la semplice riconoscenza, diviene adorazione, contemplazione, elevazione e risplende come una vera eucaristia trinitaria:

<E’ degno e giusto adorarti, Padre, Figlio e Spirito Santo, Trinità consustanziale e indivisbile>.

Il sacrificio contenuto nell’unico atto di Cristo è trino.

L’orazione del Prefazio raccoglie tutti i titoli di Dio a nostra conoscenza e si compie nel Sanctus:

<Santo, santo, santo, il Signore Sabaoth>.

L’eucarestia degli angeli nella liturgia della sinagoga termina col <Benedetta sia la Gloria di Jahveh dal luogo della sua dimora> (Ez. 3.12). La liturgia cambia questa parola in:

<Benedetto colui che viene nel nome del Signore> (Salmo 118.26).”

 

c) Consacrazione, Anamnesi, Oblazione del corpo e del sangue e Epiclesi o invocazione dello Spirito Santo

“Il sacrificio è annunziato dalla commemorazione, anamnesi, che segue subito le parole costitutive della santa cena:

<Questo è il mio corpo…. Questo è il mio sangue>.

Dopo il ricordo dei grandi misteri: passione, morte, risurrezione, ascensione, parusia, il prete dice la formula dell’oblazione:

<In tutto e per tutto noi t’offriamo ciò che è tuo, la tua proprietà>.

Nella liturgia siriana di san Giacomo le parole del prete sottolineano bene la tensione estrema dello spirito:

<Quest’ora è augusta e questo momento tremendo, fratelli miei! Perché lo Spirito Santo vivificatore, discendendo dalle altezze del cielo e posandosi su questa eucaristia, la consacra… State dunque qui con timore, pregate perché la pace sia con voi, e la protezione dei Dio nostro Padre.  Diciamo ad alta voce tre volte: Kyrie Eleison>.

La risposta dei fedeli prostrati sintetizza tutto il tema dell’eucarestia:

<Ti glorifichiamo, ti benediciamo, ti rendiamo grazie, Signore, e ti preghiamo, o nostro Dio>.”

Viene qui l’epiclesi, la preghiera che chiede la venuta dello Spirito Santo>:

<Manda il tuo Spirito Santo su di noi e sopra i doni qui presenti e fa di questo Pane il prezioso Corpo del tuo Cristo e di ciò che è in questo Calice prezioso Sangue del tuo Cristo, trasmutandoli per virtù del tuo Santo Spirito, affinché, per coloro che ne partecipano, siano purificazione dell’anima, remissione dei peccati, unione nel tuo Santo Spirito, compimento del regno dei cieli, titolo di fiducia in te e non di giudizio o di condanna>.

 

d) Memento dei santi, dei morti e dei viventi

“Il triplice memento dei santi, dei morti e dei viventi si ricollega all’epiclesi e all’offerta universale di tutti e di tutto. E’ la grande preghiera di intercessione della Chiesa:

<Ancora ti offriamo questo culto razionale, per i defunti nella fede, progenitori, padri, patriarchi, profeti,m apostoli, predicatori, evangelisti, martiri, confessori, continenti (= casti) e per ogni spirito consumato nella fede.

In modo particolare per la tuttasanta, intemerata, benedetta sopra ogni creatura, la gloriosa nostra Signora,  Madre di Dio e sempre vergine Maria.

Per il  santo Profeta e Precursore Giovanni Battista, per i santi gloriosi e illustri Apostoli, per il santo del quale celebriamo la memoria, e per tutti  i santi tuoi.

Ricordati anche di tutti quelli che si sono addormentati nella speranza della resurrezione per la vita eterna. (Qui il prete commemora i defunti che vuole).

Ancora ti preghiamo: ricordati o Signore, di tutto l’episcopato ortodosso, che dispensa rettamente la tua parola di verità, di tutto il sacerdozio, del diaconato in Cristo e di tutto il clero.

Ancora ti offriamo questo culto spirituale per tutto il mondo, per la Santa Chiesa cattolica e apostolica, per coloro che vivono nella castità e nella santità, per i nostri governanti e per le autorità civili e militari.

Rcordati in primo luogo, o Signore, del nostro santissimo Padre…. Papa di Roma, del nostro beatissimo Patriarca… e del nostro piissimo Metropolita (o arcivescovo o Vescovo….).

Ricordati, o Signore, della città in cui dimoriamo, e di ogni città e paese, e dei fedeli che vi abitano.

Ricordati, o Signore, dei naviganti, dei viandanti, dei malati, dei sofferenti, dei prigionieri e della loro salvezza.

Ricordati, Signore, di coloro che presentano offerte e si adoperano per il bene delle tue sante Chiese e di quanti si ricordano dei poveri,  e elargisci su noi tutti la tua misericordia.”

e) Pater

“L’attesa della comunione si distende nel canto maestoso della preghiera domenicale. Porre così questa preghiera, proprio prima del Pasto, indica che il pane quotidiano, supersustanziale  è il pane eucaristico”.

 

5) Elevazione, Frazione e Comunione

“Il momento di unirsi è vicino e il sentimento della propria indegnità… percorre l’assemblea:

<Le cose sante sono per i santi>,

dice il prete elevando l’Agnello, Pane di Vita;

e ciascuno confessa:

<Un solo Santo, un solo Signore, Gesù Cristo>.

I fedeli si radunano come le sante donne al sepolcro.

La porta si apre del tutto, in silenzio, simbolo dell’angelo Gabriele che rotola la pietra del sepolcro.

Tenendo tra le mani il calice il prete appare dinanzi ai fedeli inginocchiati. E’ l’avvento del Cristo risorto che viene a offrire la Vita immortale. La tomba, la morte sono spezzate, l’alba della risurrezione inonda ogni cosa con la sua luce senza tramonto.

<Avvicinatevi con timore di Dio, con fede e con amore>.

La comunione testimonia della presenza reale e costante del Cristo, e così fino alla fine del mondo”.

 

6) Benedizione del popolo e trasposizione delle sante specie nella prothesis

<Salva o Dio il tuo popolo e benedici la sua eredità>.

“L’elevazione del calice dopo la comunione e le volute d’incenso che avvolgono i santi doni riportati nella prothesis per esservi consumati (<mentr’essi guardavano fu elevato, e una nuvola, accogliendolo, lo tolse d’innanzi agli occhi loro>, Atti 1.9) simboleggiano l’ascensione di Gesù verso i cieli da cui cadono giù i raggi precursori della luce della Parusia e della nuova Gerusalemme. E’ il finale escatologico della liturgia, il suo pasto è messianico, i fedeli sono raccolti intorno riguardando a colui che viene: <Grande e santissima Pasqua, o Cristo! Dacci di essere ammessi alla tua comunione, alla tua cena mistica in modo più intimo ancora nel giorno senza tramonto del tuo Regno>.

<Sii esaltato al di sopra dei cieli, o Dio, e che la tua gloria si estenda a tutta la terra>,

prega il prete”.

7) Ringraziamento

Il diacono invita a rendere grazie al Signore:

<Dopo aver partecipato ai divini, santi, immacolati, immortali, celesti, vivificanti misteri di Cristo, rendiamo grazie al Signore>.

Il prete recita segretamente la seguente preghiera:

<Ti rendiamo grazie, o Signore amico degli uomini, benefattore delle anime nostre, perché anche in questo giorno ci hai resi degni dei tuoi celesti e immortali misteri. Dirigi la nostra vita, confermaci tutti nel tuo timore, custodisci la nostra vita, rendi sicuri i nostri passi, per le preghiere e le suppliche della gloriosa tua Madre e sempre vergine Maria e di tutti i tuoi Santi, poiché tu sei la nostra santificazione….>

 

8) Congedo dei fedeli

<Andiamo in pace>.

“La missione di Cristo è compiuta:

<O Cristo, il mistero della tua economia divina è finito, riempi i nostri cuori di gioia e di allegrezza>.”

 

9) Benedizione e distribuzione dell’antidoron o pane benedetto

“La liturgia termina con la benedizione finale e la distribuzione dell’antidoron o pane benedetto, ricordo delle agapi primitive.

La chiesa prolunga con questo gesto di elogia (benedizione), la sua azione liturgica che respinge le mura del tempio fino ai confini nel mondo. Il fedele porta con sé, come un’offerta al mondo, questa testimonianza carismatica di unità e di amore.

Nutrito e abbeverato alla sorgente l’uomo stesso è ora come una coppa riempita della presenza di Cristo e offerta agli uomini e al mondo”.

Letto 6632 volte Ultima modifica il Venerdì, 04 Giugno 2010 23:17
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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