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Venerdì, 24 Maggio 2019 18:45

VI Domenica di Pasqua – 26 Maggio 2019

Anno C

di Don Paolo Scquizzato,

Prima lettura: At 15,1-2.22-29

1 Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l'usanza di Mosè, non potete essere salvati».
2Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

22Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. 23E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! 24Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. 25Ci è parso bene perciò, tutti d'accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, 26uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. 27Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi, a voce, queste stesse cose. 28È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: 29astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

Salmo: 66

Rit.: Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Alleluia, Alleluia, Alleluia.

2 Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;

3 perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. Rit.

5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. Rit.

6 Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.

8 ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. Rit.

Seconda lettura: Ap 21,10-14.22-23

10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.22In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.
23La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.

Canto del Vangelo:

Alleluia, alleluia!

Se uno mi ama osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia!

Vangelo: Gv 14,23-29

«23 [In quel tempo Gesù disse] «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate». (Gv 14, 23-29)

OMELIA

«Se uno mi ama… » dice Gesù (v. 23). Ma cosa vuol dire amare Gesù? Forse, semplicemente permettergli di amarmi.

Ciò che salva, è la sua presenza e azione in me. Il problema è che io spesso gli impedisco, con la mia presenza e la  mia azione, di compiersi in me.

Finché ci sono io, in me non c’è Dio. O meglio c’è ma è come non ci fosse, perché inibito dal mio io ingombrante. Prevalgo io.

Occorre perciò compiere un vero cammino di espropriazione di sé, del proprio ego.

Un ego che tende a precedere sempre Dio, magari immaginandolo in un certo modo, che lo crea e lo ricrea attraverso i propri pensieri, le proprie idee. Ebbene, Dio non è la nostra idea su di lui, i nostri concetti su di lui e neanche le nostre ‘verità’ su di lui.

Dio è sempre ‘oltre’. È semplicemente l’indicibile, l’inafferrabile, l’inconcepibile.

Ecco perché Meister Eckhart scrive: «Perciò prego Dio che mi liberi da Dio», e ancora: «Dovremmo lasciare Dio in pace perché egli possa essere Dio in noi».

«Ci riesce tanto facile dire: “Dio è amore”, ma nel nostro mondo, che è tanto piccolo, l’amore ha spesso poche possibilità, s’infrange in continuazione contro le idee che ci facciamo di Dio e che addirittura gli mettiamo in bocca. Ma Dio è l’infinito e forse l’unico peccato è tutto ciò che lo limita» (E. Drewermann).

Amare Dio sarà perciò una sorta di ‘non azione’, di espropriazione di sé, al fine di lasciargli piena libertà di azione in noi.  D’altra parte noi siamo per natura piena ricettività, e ciò che ci viene richiesto è solo di «coltivare tutte le nostre potenze mentali, psichiche e sensoriali perché si sviluppi in noi il divino, di cui poi fare esperienza di tale sbocciare» (W. Jager).

Allora comprenderemo perché Gesù continua dicendo: «Se uno mi ama… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23). Non dice: ‘voi verrete a noi’, ma ‘noi verremo a lui’. L’opera è sempre sua. Non è questione di sforzi, di compiere precetti, sacrifici, preghiere per piegare il cielo verso di noi. È tutto molto più semplice: il cielo è già in noi. Occorre solo permettergli di aprirsi in tutta la sua grandezza in noi.

Una volta che Dio sboccerà in noi, diverremo anche detentori dello Spirito santo (v. 26) e della pace (v. 27). I due doni del risorto.

Lo Spirito di Dio in noi, assolve due compiti fondamentali:

«vi insegnerà ogni cosa» (v. 26a). Cosa precisamente? Che lui è Padre, che noi siamo figli e quindi che l’unico modo per vivere è scoprirsi e comportarsi da fratelli.

«vi ricorderà tutto» (v. 26b). ‘Ri-cordare’, etimologicamente vuol dire ricondurre nel cuore. Chi è in Dio, chi è stretto in questa unione, può dimorare finalmente in se stesso, all’interno di sé, non è più costretto a perdersi, non è più frantumato in mille pensieri e azioni che non gli appartengono. Ha le radici ben radicate in sé, al centro del suo cuore.

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14, 27). La pace è la serena certezza che in questa unione intima con Dio, non è più necessario crearsi nemici per vivere in pace. Infatti la pace del mondo (cfr. v. 27b), è resa possibile solo perché fondata sulla violenza, sulla paura, sul dominio, su pericolosi giochi d’equilibrio. La pace apportata da Cristo è invece frutto della vittoria del bene sul male, o meglio del male attraversato dal bene.

La pace su cui può riposare la nostra vita, scaturisce dall’avere lo Spirito di Dio in sé, dalla consapevolezza di essere abitazione di Dio, una cosa sola con Dio.

Laddove comincia la signoria di Dio nella nostra vita, termina anche il triste affanno del voler rimanere a galla affogando gli altri.

CAMMINO DELLA SETTIMANA

Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri:

"beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»."

«Se uno mi ama… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23)

Buon cammino!

"Una guida sintetica per condurre la Liturgia della Parola"

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