1 Pietro 13
13Perciò, dopo aver preparato la vostra mente all'azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà.
1 Pietro 3/15
15ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto.
I cristiani sono, o dovrebbero essere, la Speranza del mondo.
Dobbiamo propagare nel mondo la buona novella: non dobbiamo annunciare anzitutto che si deve andare a Messa la domenica ed altre cose sotto pena di peccato mortale. Ma dobbiamo o portare questo sorprendente messaggio: Dio ci ama, Dio ama e salverà il mondo.
Credere in Dio significa credere nella salvezza del mondo. Ed il paradosso moderno è che quelli che credono in Dio non credono nella salvezza del mondo e quelli che credono nell'avvenire del mondo non credono in Dio.
I cristiani credono, anche se preferiscono non pensarci anzi non ci pensano mai, credono nella fine del mondo, aspettano la catastrofe finale, il castigo degli altri.
E gli atei inventano dottrine di salvezza..
Le eresie moderne sono dottrine di salvezza. Esse cercano disperatamente di dare un senso alla vita degli uomini e credono, per questo, di dover negare Dio, perché i cristiani proclamano la loro fede in Do che li salverà ed il loro totale pessimismo nei confronti del mondo.
Gli atei tentano di dare un significato alla vita, al lavoro, all’avvenire degli uomini.
Ma in pratica ambedue ignorano il vero Dio: il Dio che ha tanto amato il mondo.
Amare Dio significa amare il mondo. Essere appassionato di Dio significa essere appassionato del mondo. Sperare in Dio significa sperare nel mondo.
La fede cattolica non consiste prima di tutto nell’intimità tra l’anima e Dio, ma in un’adesione a Gesù Cristo salvatore del mondo.
Ora avviene che alcuni aspetti della civiltà del mondo convergono verso le concezioni cristiane monto più di quanto i cristiani non si aspettassero.
Il peccato non ha arrestato, né deviato sostanzialmente l’evoluzione della creazione decisa dal creatore e questa prosegue vittoriosamente, ripresa in mano dalla redenzione.
Io mi dico certe volte che Dio, nella nostra religione, deve sentirsi talvolta solo: vi è qualcuno all’infuori di Lui che crede nella salvezza del mondo?
Dio cerca tra noi, figli, che gli assomiglino abbastanza, che amino abbastanza il mondo, perché Egli possa mandarli ogni giorno nel mondo per salvarlo.
San Pietro diceva ai cristiani: “Siate sempre pronti a rendere conto a chiunque ve lo domandi della speranza che è in voi!”.
Quale speranza vi è in voi? Quale buona novella portate al mondo?
San Paolo qualificava i pagani: “Coloro che non hanno speranza” e definiva i cristiani: “Coloro che attendono, che aspettano la sua venuta”.
Che cosa aspettate, voi? Avete qualche speranza?
Quando guardo la maggior parte dei cristiani sono tentato di dire: “I popoli colonizzati aspettano l’indipendenza; le nuove nazioni sud-americane, afro-asiatiche aspettano la liberazione dal neocolonialismo, i proletari aspirano alla liberazione del proletariato, alcuni cristiani lavorano per mettere la Chiesa in stato di missione, per renderla più povera ed al servizio di tutti, umile ed aperta.”
Ma la speranza di molti di cristiani consiste esattamente nello sperare che le speranze degli altri non si realizzino! Che conservino le loro abitudini (latino, tonache, ceri e statue), i loro privilegi, i loro possedimenti (carattere sacro della proprietà privata… così sacro e così privato che priva della proprietà i più a vantaggio di alcuni)”.
Cambierebbero volentieri anche il Padre nostro non direbbero più “Venga il tuo Regno” perché sarebbe un desiderio rivoluzionario, ma “si conservi il tuo Regno”! e sarebbe già bello, più tranquillo.
Questi cristiani troppo tranquilli chiedono la conversione degli altri, ma quando gli altri saranno diventati come loro, andranno a Messa e reciteranno delle preghiere, che cosa sarà cambiato nel mondo?
Supponete che tutti i cittadini di uno stato domenica prossima vadano a Messa e si comunichino come fanno molti dei cattolici, per questo solo fatto quale progresso ci sarà lunedì nei vari problemi della Chiesa e del mondo: giustizia sociale ed internazionale, la fame, la guerra, la guerra nucleare, l’educazione, i piaceri, il razzismo.
Se la nostra religione non passa nella vita non siamo più la speranza del mondo. Dio vuole collaboratori. La domanda capitale del nostro tempo è forse questa: credete che il lavoro umano abbia un senso anche su un piano divino? Credete che Dio interromperà il corso dei secoli in un momento scelto arbitrariamente, indipendentemente dai nostri sforzi, e quando giudicherà che le nostre agitazioni sono durate abbastanza, oppure credete che questo mondo non finirà mai se non lo completiamo?
L’uomo ha l’incarico di perfezionare la creazione e di dare il suo valore a tutta questa creazione. Non è questa una speranza da offrire a noi stessi ed la mondo?
Il cristiano dovrebbe essere la luce del mondo e la speranza di una umanità disperata. Vi è una crisi della speranza perché siamo in un’epoca di mutamenti. Siamo passati di colpo dall’età della pietra all’era atomica. Gli scienziati ci dicono che in questi anni e nei prossimi l’umanità realizzerà più progressi tecnici e scientifici di quanti non ne abbia realizzati in tutti i millenni precedenti.
La rapidità dell’evoluzione delle idee e dei fatti diventa vertiginosa. Anche se noi possiamo però realizzare delle regressioni barbariche l’umanità raggiunge l’età adulta. Un adolescente diventa uomo quando ha trovato che vale la pena di vivere e ciò per cui vale la pena di morire. Ma quanto uomini sono rimasti adolescenti!
Tanta umanità di oggi nonostante un’apparente apostasia lavora per liberarsi dalle oppressioni (fame, freddo, malattie, lavoro penoso) e dalle oppressioni morali (soppressione delle barriere di razza, liberazione dal colonialismo (qualsiasi), progresso dell’istruzione, progresso della psicologia e dell’educazione.
E’ degno di considerazione il fatto che le scoperte moderne cancellano progressivamente le conseguenze del peccato originale e riacquistano i doni preternaturali: esenzione dell’ignoranza (insegnamento) e della sofferenza (medicina), dei lavori pesanti (meccanizzazione), dei dolori del parto, unificazione progressiva dell’umanità, lotta contro le tare ereditarie, o acquisite, per mezzo della genetica, della biologia, della psicologia, e della pedagogia. La natura si riadatta alla grazia o meglio la grazia risolleva di nuovo la natura. Tuttavia non dobbiamo idolatrare la tecnologica.
Finalmente nel ventesimo secolo si incomincia a disporre di mezzi, da considerare il problema di nutrire i due terzi dell’umanità sotto alimentata, di dar loro il minimo di agiatezza che li renderà capaci di approfittare della redenzione. Ma il potere economico, le multinazionali continuano ugualmente a sfruttare lo stesso malgrado la presa di coscienza.
Per la prima volta nella storia si risveglia e si esperimenta nel genere umano una coscienza collettiva e planetaria.
Nonostante gli egoismi che persistono ed il conservatorismo che ha paura; l’uguaglianza crescente delle condizioni sociali e la solidarietà tra individui e popoli solidarietà ogni giorno più sentita, dispongono più che mai i nostri contemporanei a realizzare la grande preghiera di Cristo: “Che essi siano uno!”
Tutto il movimento di liberazione va nella medesima direzione del nostro sforzo di redenzione. La conversione del mondo è impensabile senza la trasformazione economica, sociale, tecnica che si sta realizzando.
I cristiani dovrebbero dunque essere impegnati fino al collo in questa evoluzione. I grandi ostacoli attuali alla vera umanizzazione del pianeta sono ormai ostacoli morali: egoismo, paura, orgoglio.
E' compito del nostri cristiani proclamare e dimostrare che essi non sono insormontabili.
Certamente si deve temere per il fatto che i nostri contemporanei cedono all'orgoglio del progresso autonomo, senza Dio e persino contro Dio.
Si tratta di un pericolo reale, pericolo che è accresciuto ancora di più dai teologi pessimisti e dai cristiani poco istruiti. La buona teologia ci parla che con la redenzione qualcosa è cambiato nel mondo, il mondo si evolve. la redenzione continua fino alla dominazione universale di Cristo o incorporazione in Lui. Il mondo sarà il suo pleroma cosmico.
Purtroppo l’umanità di oggi sa di essere capace tecnicamente di tanto ma ne ignora lo scopo, non sa dove va, quale è il suo avvenire.
Per troppo tempo Dio era concepito come qualcuno che o intimoriva o proteggeva o tappava i buchi. Questo Dio sta indietreggiando, con il progresso è morto. Era un Dio falso.
L’umanità avendo perduto il suo falso Dio, si è perduta: è libera ma ansiosa. Prima era tranquilla: tutto dipendeva da Dio. Ora la si è persuasa che tutto dipende da lei.
Essa non conosce ancora il Dio di Gesù Cristo.
Gesù duemila anni fa ha rivelato il Dio del mondo moderno: un Dio che non mette paura e non intimorisce, che ama e perdona.
Non è neppure protettore: non bisogna domandare al Crocifisso di essere promossi agli esami o di fare un bel matrimonio.
Dio ci dice: " Devi essere forte della mia forza e felice della mia gioia, perché io non ho null’altro da darti."
Dio è povero! .Al crocifisso si può dare una cosa sola: amare e soffrire con lui.
Questo Dio non indietreggia con il progresso dell’uomo. Anzi più l’uomo diventerà potente più avrà bisogno di amore. più l’uomo vivrà a lungo più dovrà imparare ad amare.
Il mondo moderno è un terreno favorevole ad una vera evangelizzazione.
La speranza di Cristo è alla dimensione del mondo: "Mi renderete testimonianza a Gerusalemme, in tutta le Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra."
Ci si domanda se i cristiani non assistono inconsciamente, tanto l’hanno rimpicciolita, individualizzata, ad un inizio di realizzazione della loro speranza.
Ci si può chiedere se Cristo non ha lanciato nel mondo delle forze naturali e soprannaturali capaci di trasformarlo a poco a poco, di farne un luogo in cui abita la giustizia ed in cui ci si ama gli uni e gli altri.
Fine del mondo paternalistica?
Dovremmo imparare che il mondo non aspetta il suo termine necessariamente in seguito ad una distruzione senza significato, ma in seguito ad un completamento, e dipende da noi, animati dalla grazia, procurarglielo.
Vi sono nel mondo delle profezie, dei confusi presentimenti che il mondo deve unirsi, sollevamenti verso quell’unità a cui tutti aspirano e che nessuno sa realizzare. Cristo ha promesso di farlo ed è a noi cristiani che ha affidato questo compito. Ci ha garantito la conversione del mondo se noi siamo uno, se ci amiamo gli uni e gli altri.
Il mondo ha bisogno di sperare per vivere. Si convertirà a chi gli prometterà la più bella, la più grande speranza, e mi pare che occorre caratterizzarla con tre condizioni. Prima di tutto non bisogna presentargli una salvezza individualistica. Uno dei segni del nostro tempo è la solidarietà: il mondo si sente diventare uno; una coscienza planetaria si sveglia nell’umanità. Non predichiamogli un “si salvi chi può” ma una redenzione fraterna e cosmica.
Poi non vi è salvezza idealistica. Cristo è Signore della creazione nel suo insieme. Per favore non accontentatevi di salvarvi l’anima, sarete mutilati, diminuiti, alienati. Noi cristiani crediamo nella resurrezione dei corpi. Dio ha buon gusto si è fatto uomo ed è rimasto uomo. Fate come Lui.
Romani 8/19-22
19 La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio;
20 essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza
21 di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
22 Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto;
La stessa intera creazione anela, in ansiosa attesa, alla manifestazione gloriosa dei figli di Dio: quella creazione è stata sottomessa alla vanità…, sostenuta tuttavia dalla speranza che essa, pure, la creazione, verrà affrancata dalla schiavitù alla corruzione per partecipare alla libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che la creazione geme e soffre fino a questo momento le doglie del parto.
Siamo responsabili della salvezza del mondo intero. Dobbiamo amare il mondo in modo tale da farlo partecipare della nostra eternità. Il nostro lavoro verrà consacrato; abbiamo l’incarico di portare l’universo al punto di maturità in cui potrà rispondere alle ambizioni del creatore.
Quando avremo stimato il mondo forse l’inizio del cielo sarà quaggiù. Lo vivete questo compito? Il cristiano è qualcuno che prende sul serio il suo impegno nel tempo? E’ colui che crede che Dio gli affida il mondo ed i suoi fratelli per portarli al punto in cui si eternano. Il nostro cuore è alle dimensioni del mondo? Ci tenete a salvarlo? La sua salvezza dipende da voi.
La fine del mondo ha già avuto luogo. La morte di Cristo ha segnato la fine di un mondo, tutti i segni della fine del mondo si sono avverati alla crocefissione: la terra ha tremato, il sole si è oscurato, i morti sono risuscitati, i popoli per bocca del centurione si sono battuti il petto e hanno detto: “Era il figlio di Dio”.
Ora siamo nella fase gloriosa del Regno di Dio. Cristo risorto invia noi, i suoi discepoli, a riunire gli eletti dai quattro angoli della terra. Il nostro tempo è il tempo della Chiesa, della costruzione del Regno, dell’espansione missionaria. Siamo occupati a costruire l’universo definitivo, ed è per questo che l’uomo fa delle scoperte e manifesta delle capacità che stupiscono. Tuttavia vi saranno ancora delle scosse, degli urti, i dolori del parto:
E infine non è salvezza paternalistica. Non vi è salvezza che Dio voglia operare da solo: Dio è Padre ma non paternalista. La salvezza è sempre stata, indivisibilmente, un dono di Dio ed un lavoro dell’uomo. Pensate alla creazione: è opera di Dio ma l’uomo la completa e la migliora.
Non bisogna pensare che il mondo finirà con un intervento imprevedibile o catastrofico del Signore che cancellerà i nostri sforzi, spazzerà i nostri abbozzi, interromperà i nostri lavori e farà discendere completamente nuovo, fresco, prefabbricato, il paradiso di papà. La venuta di Cristo è una realtà quotidiana, il corpo di Cristo è in crescita. Il suo Regno si instaura in mezzo a noi e nessuno sa dove si fermerà il suo sviluppo. Forse siamo noi, nell’ambito di milioni di secoli, i primi cristiani, i primi a percepire le dimensioni reali della redenzione, i primi soprattutto a sentire imperiosa l’esigenza di una salvezza collettiva che ci sembra più importante e più esaltante della salvezza individuale.
Per il cristiano il cielo è cominciato quaggiù contemporaneamente al suo amore. egli si impegna con tutte le sue forze ai suoi impegni terrestri ma con un amore che sa divino. E’ tutto occupato dagli uomini ma è con tutta l’ispirazione che gli viene dall’alto.
Louis Evely
sacerdote e scrittore