Un testo egizio risalente a 2500 anni prima della venuta di Cristo recita: “Com’è penosa la fine di un vecchio. Si indebolisce di giorno in giorno, la vista si abbassa, le orecchie diventano sorde; la sua forza declina; il cuore non ha più requie. La bocca si fa silenziosa e non parla più. Le facoltà intellettuali diminuiscono; non riesce più a ricordare oggi ciò che ha fatto ieri. Tutte le ossa gli dolgono, le occupazioni cui in passato si dedicava con piacere ora le compie con pena e il senso del gusto è sparito. La vecchiaia è la peggiore delle sciagure che possano affliggere un uomo. Il naso si tappa e non può più sentire niente”.
Il testo "nudo e crudo" è intriso di pessimismo e di una visione drammatica della vecchiaia.
Anche il Salmo 30, 10-16 delinea un paesaggio funesto della tarda età, ma si conclude con una nota di speranza: “Ma io confido in te, Signore; / Tu sei il mio Dio, nelle tue mani sono i miei giorni”.
La vecchiaia è come l'Everest, la salita è dura e la fatica è tanta, ma il viaggio parte da lontano. In un certo senso, la vecchiaia si prepara da giovani, per cui una persona sui 20/30 anni che tende a lamentarsi o ad essere scontenta, diventerà sempre più insoddisfatta e infelice con il passare dei giorni. Alcuni giovani sono già vecchi a 25 anni, mentre ci sono novantenni che sprizzano ancora ottimismo e vitalità.
Atteggiamenti negativi
Il calendario più importante non è quello che annuncia i nostri anni, ma quello che informa sulla giovinezza interiore. Ci sono diversi fattori genetici, ambientali, socio- culturali e personali, che incidono nel modo di vivere l'invecchiamento. Tenendo presente il quadro globale della persona, possiamo evidenziare dei tratti della persona che contribuiscono a un invecchiamento negativo.
* A livello mentale, la tendenza alla rigidità, al dogmatismo, all'autoritarismo, all'intolleranza, alla scontrosità e alla critica costante contribuiscono a giorni amari nell'età avanzata.
* A livello sociale, il ripiegamento su di sé o l'isolamento, la diffidenza o il sospetto nei confronti del prossimo, l'aridità affettiva e il distacco dal cuore e dalle emozioni preannunciano una vecchiaia segnata dalla solitudine e dal vuoto.
* A livello fisico, l'intemperanza o l'eccesso nel consumo di cibo o bevande alcoliche, la dipendenza dal fumo, la vita sedentaria, la trascuratezza o la negligenza nel prendersi cura di sé anticipano giorni difficili per il domani.
* A livello spirituale, il porre se stessi al centro di ogni cosa, l'egoismo, l'eccessiva ricerca dei beni materiali, il rifiuto della sofferenza o dei limiti contribuiscono a rendere più drammatico l'impatto con la crescente fragilità personale.
Atteggiamenti positivi
Sull'altro versante, e usando lo stesso quadro di riferimento, si possono delineare degli atteggiamenti costruttivi per invecchiare bene e far soffrire meno gli altri.
* A livella mentale, aiuta a mantenersi giovani l'essere aperti e curiosi, lo sviluppo di potenzialità nascoste, il porsi degli obiettivi, la pratica dell'ottimismo.
* A livella affettivo, l'anziano si rende amabile quando sorride e coltiva il buon umore, ama e si lascia amare, sa prendersi cura degli altri, è disponibile e si relaziona con persone di diverse età.
* A livello fisico, l'attempato si conserva più sano nella misura in cui sviluppa sane abitudini, mangia bene e fa esercizio fisico regolare, usa in modo proficuo il suo tempo.
* A livello spirituale, persona invecchia bene quando convive positivamente con le proprie e altrui imperfezioni, dedica spazio alla riflessione e alla preghiera, affronta la vita come un mistero da scoprire più che come un problema da risolvere, coltiva la serenità e un cuore riconoscente.
Vivere l'ultima stagione
Questa preghiera, scritta da un anziano, riassume bene gli atteggiamenti da coltivare per interpretare meglio gli ultimi capitoli della vita:
“Se il mio incedere è incerto e le mie mani inabili: sorreggetemi. Se le mie orecchie sono deboli e devono fare sforzo per udire la vostra voce: compatitemi. Se la mia vista è imperfetta e il mio intendimento è più scarso: aiutatemi. Se le mie mani tremano e rovescio il vino sulla tavola: fate finta di non vedere. Se mi incontrate sulla strada: fermatevi a chiacchierare con me.
“Se mi vedete solo e triste: sorridetemi. Se per la terza volta in un giorno vi racconto la stessa storia: abbiate pazienza. Se mi comporto da bambino: circondatemi d'affetto. Se non penso mai alla morte: aiutatemi a prepararmi al trapasso. “Se sono infermo e ingombrante: assistetemi. Benedetti coloro che mi amano e non mi fanno piangere”.
Arnaldo Pangrazzi
(da Missione e Salute, n. 3, 2016, p. 64)