La spiritualità cristocentrica di Elredo di Rievaulx nel trattato Gesù dodicenne
Nei giorni dal 18 al 20 marzo [2010] si è tenuto a Tolosa un convegno intorno alla figura dell'abate cistercense Elredo di Rievaulx.
Intentio cordis: è il titolo davvero appropriato scelto per questo convegno all'occasione del nono centenario della nascita dell'abate Elredo di Rievaulx.
Il presente articolo vuole essere una sintesi della conferenza data da suor Sophie Vaujour dell'abbazia cistercense di Boulaur (Francia). Il quadro in cui si inserisce l'intervento è quello della seconda giornata di questo convegno (sabato 20 marzo) dedicato alla teologia e spiritualità elrediana, mentre la giornata precedente aveva dato spazio alla storia e all'antropologia.
Intentio cordis: espressione tutta impregnata di sapore monastico che qualifica la preghiera del monaco nella Regola di Benedetto. Al monaco è chiesto proprio di pregare «con lacrime e con fervore del cuore» [(intentione cordis:) RB 52,4].
Intentio cordis: si addice in modo particolare al trattato di Elredo Gesù dodicenne (1). Composto su richiesta di un altro monaco, Ivo di Wardon. L'opera mette a fuoco il cuore di Elredo: tutto il trattato infatti è attraversato interamente dal tema della ricerca appassionata del Cristo, amato senza misura. È proprio lui, Elredo, il protagonista in queste pagine della ricerca mai finita di Dio, condotta a fondo, con l'intenzione del cuore. Il trattato Gesù dodicenne può essere datato fra gli anni 1154-1155; si tratta di un'opera scritta negli anni della maturità: Elredo è ormai in possesso di tutti gli elementi della sua dottrina e li convoca in questo scritto non per esservi esposti sistematicamente, ma raccolti insieme perché siano a servizio della ricerca spirituale.
Un'intensa amicizia lega fra loro Elredo e Ivo di Wardon, tanto da lasciar trasparire - pagina dopo pagina - il calore e la purezza dei sentimenti che li animano, ed è veramente un'amicizia cristiana, eco di quella espressione così caratteristica che l'abate mise all'inizio del libro primo dell'Amicizia spirituale: «Eccoci qui, io e te, e spero ci sia un terzo in mezzo a noi, il Cristo» (1,1).
Il tema principale dell’opera: la ricerca di Cristo
L'opera s'incentra interamente sul brano evangelico che narra la perdita ed il ritrovamento di Gesù al tempio (Lc 2, 41-52). La ricerca di Gesù da parte dei suoi genitori rappresenta il filo conduttore di tutto il trattato. È proprio Dio ad essere cercato quando cerchiamo Cristo, e l'umanità che egli ha assunto per venire verso di noi è il cammino che ci dona per ritornare a lui. Grazie a questa pagina del vangelo di Luca, Elredo vuole promuovere la ricerca personale del lettore al fine di condurlo a trovare e a incontrare colui che la sua anima ama. È decisivo notare che per Elredo la vera ricerca di Dio va vissuta non in sottili disquisizioni teologiche, ma nella luce della devozione: «Tu, figlio mio, non cerchi le questioni, ma la devozione; non le cose che rendono acuta la lingua, ma quelle che risvegliano il sentimento» (Gesù dodicenne, I,11).
Una caratteristica del trattato: I prologhi tropologici
Dopo il prologo, costituito dai primi due paragrafi con funzione di introduzione, il Gesù dodicenne si presenta come una costruzione in tre parti che costituiscono rispettivamente l'interpretazione storica, allegorica e infine morale del brano evangelico secondo i tre sensi classici della Scrittura. Ognuna di queste tre parti è preceduta a sua volta da una specie di prologo tropologico: questi tre prologhi non sono qualcosa di secondario e nemmeno una consueta introduzione, ma sono brani ricchi di immagini e di significato. Nel primo prologo - riferito all'interpretazione storica - Elredo ci parla di Betlemme, luogo della nascita ed insiste sul tema della conversione; nel secondo prologo - all'inizio dell'interpretazione allegorica - a partire dal tema della fuga in Egitto vengono messi in luce i temi delle tentazioni e della conversione; infine nel terzo prologo - quello all'interpretazione morale - il lettore è portato da EIredo a guardare alla città di Nazareth, luogo di crescita e di esercizio delle virtù: da qui inizia la salita a Gerusalemme, vista come porta della contemplazione.
Per noi è importante capire perché Elredo compone questi tre prologhi tropologici: in essi viene a costituirsi un cammino spirituale preliminare in cui l'autore vuole implicare tutto se stesso, e poi sul suo esempio, trascinare il lettore a decidersi per questo percorso coinvolgente, costruito in crescendo, da Betlemme (la conversione) all'Egitto (la lotta alle tentazioni) fino a Nazareth (acquisizione delle virtù) a cui segue il dono della contemplazione.
Uno sguardo d’insieme
Elredo stesso ci dona una definizione del suo Gesù dodicenne con l'espressione «semi di meditazione» che ritroviamo all'inizio e alla fine del trattato, tanto da formare una grande inclusione. Vale la pena di tra- scrivere i due passaggi in questione, sia per la loro bellezza, come per la loro importanza:
«Mi chiedi, carissimo figlio Ivo, di estrarre dal testo evangelico in cui si narra ciò che santamente fece Gesù a dodici anni alcuni semi di affettuosa meditazione e di santo amore, così che, dopo averli affidati alla scrittura come a dei cestini, te li possa trasmettere perché tu li raccolga» (Gesù dodicenne, Prologo, 1).
"Ecco, ora hai davanti a te, o carissimo, quello che mi hai chiesto. Anche se esso non è per niente all'altezza del tuo desiderio, del tuo affetto, della tua attesa, tuttavia, se non mi inganno, resta in qualche modo un segno della mia buona volontà e dei miei sforzi. Sappi che non ho cercato tanto di commentare il brano dell'Evangelo, quanto piuttosto di trarne, come mi hai chiesto, alcuni semi per la tua meditazione» (Gesù dodicenne, III, 32).
Dunque: se questa opera getta «semi di meditazione» ciò significa che il testo non è chiuso su di sé ma vuole invitare il lettore ad estrarre anche lui una meditazione dalla biblioteca del suo cuore (2).
Elredo ci propone sì un commento esegetico, ma all'interno di un percorso spirituale e di cui il commento ne fa parte. Considerare i misteri della vita di Gesù come se egli fosse presente costituisce - in un contesto di preghiera - un esercizio spirituale, un'ascesi del pensiero così da integrare, ordinare e rischia- rare nell'amore di Dio tutte le facoltà umane, sia intellettuali che spirituali. Egli riesce ad alternare sapientemente il commento al testo evangelico con la vita di colui che medita il testo. Questi ne è illuminato e può andare incontro al Cristo cercato con ardore. Nell'incontro fra il vangelo e la nostra vita, diventiamo noi stessi esegeti del testo. L'esegesi monastica non è forse un bell'esempio di lettura esistenziale della Scrittura? A questo punto diventa chiara e coinvolgente la domanda di Ivo di Wardon: «Mi hai chiesto con insistenza di far entrare nel tuo cuore ciò che fece il fanciullo Gesù in quei tre giorni in cui era cercato da sua madre» (Gesù dodicenne, Prologo 1).
Il tema della ricerca di Gesù
Nel Gesù dodicenne il Cristo è al tempo stesso cercato e presente: cercato grazie al testo evangelico e presente affinché la ricerca ne sia illuminata. I commentatori fanno notare che Elredo - grazie al suo modo di presentare la meditazione - abolisce ogni distanza temporale: la meditazione ci mette alla presenza di lui, rende Gesù presente. Vediamolo attraverso le tre parti del testo.
- Nella prima parte (Interpretazione storica) colui che medita si rappresenta, grazie all'immaginazione, la scena evangelica, e la considera con attenzione, analizzando le circostanze ed interrogando i personaggi. Va sottolineato, a conferma di quanto si è detto sulla meditazione, che i verbi sono al presente quando Elredo invita il suo interlocutore a penetrare nella scena
Le relazioni del Bambino Gesù con coloro che lo circondano sono espresse mediante l'opposizione di presenza-assenza. Ecco un passaggio che esprime con chiarezza questo particolare contesto: «Il Signore Gesù è così dolce per chi lo gusta, così bello per chi lo guarda, così tenero per chi lo abbraccia, che anche una sua assenza pur breve è causa di un dolore fortissimo» (Gesù dodicenne, I,8).
Il n.9 è una stupenda riflessione sul ruolo della Vergine Maria. L'evangelista Luca ci dice che la Vergine «conservava tutte queste parole, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Ed ecco il commento puntuale di Elredo: «(Maria) le conservava con la memoria, le ruminava con la meditazione, e le confrontava con tutto quello che di lui aveva visto e udito» (Gesù dodicenne, I,9). Come Maria, che secondo Elredo conserva tutte queste cose e poi le affida ai santi apostoli e discepoli perché le predichino, anche noi - nella fede - custodiamo con la memoria l'avvenimento passato dentro il nostro oggi, al fine di estrarne un nutrimento spirituale per mezzo della meditazione.
La domanda principale di questa parte «durante questi tre giorni tu dov'eri?» suppone nella risposta un luogo relazionale: è il luogo della presenza a qualcuno, uomo, angelo o Dio. Ricercare il luogo di Gesù è cercare a chi egli è presente, è cercare come essergli presenti.
- La seconda parte (Interpretazione allegorica) costituisce come uno sguardo rivolto alla società considerata come divisa fra i giudei e le nazioni. Innanzitutto è proprio il Cristo che passa da Nazareth a Gerusalemme, dalla sinagoga dei giudei alla chiesa dei gentili diventata il nuovo Tempio della sua presenza nella storia.
Vediamo Elredo apostrofare i giudei del suo tempo e pregare il Signore con fervore affinché affretti il loro ritorno; quando essi poi si presentano alla porta del tempio nelle persone stesse di Maria e di Giuseppe, egli ci riferisce i rimproveri che proprio loro due rivolgono a Gesù, tanto da mettere in piena luce il contrasto delle situazioni: vicinanza dei popoli ormai parte delle chiesa, lontananza dei giudei ancora in ricerca fino a che il Cristo stesso ponga un termine alla divisione e riunisca tutti i popoli accanto a lui in un solo corpo.
Elredo sottolinea in particolare la parentela del Cristo secondo la carne con i giudei, rappresentati da Maria e da Giuseppe. Vi è qui una grande insistenza tanto da dare un carattere patetico a tutto l'insieme: Gesù li ama come la sua carne. I giudei sono la carne di Gesù, lui che è nato in essi. La chiesa, a sua volta, vede crescere il corpo di Cristo, con l'annessione continua dei pagani e la loro adesione alla fede. Eppure la chiesa intera aspira a quel momento tanto desiderato in cui si riunirà al popolo d'Israele affinché sia completo il corpo di Cristo. La domanda di Elredo è anche una preghiera: «fino a quando Signore?».
In questa seconda parte è presente un tema caro all'abate: la costruzione della comunità in Cristo. Anche nell'esercizio stesso della meditazione, che si costituisce ovviamente in una dimensione personalissima, dobbiamo essere coscienti che l'unificazione interiore del nostro essere appartiene al movimento generale che riconduce al Cristo tutto il genere umano.
- La terza parte (Interpretazione morale) lascia largo spazio alla dimensione della contemplazione. Lo sposo «guarda dalla finestra, spia dalle inferriate» (Ct 2,9). È un'allusione al Cantico dei Cantici ripresa due volte al fine di esprimere il desiderio ardente e la lotta spirituale che precedono l'accesso alla contemplazione. Questa inferriata, che si pone fra Cristo e colui che contempla, appare sotto tre modalità: l'esperienza, la creazione, la vita di Gesù nei vangeli.
Sempre sull'inferriata: è lei l’oggetto che nasconde e rivela al tempo stesso, mantiene una separazione fra l'uomo che contempla e la divinità di Cristo; all'uomo è comunque donata una certa visione spirituale negli attributi divini di potenza, sapienza e bontà: «Ci sono infatti molte specie di contemplazioni e di visioni spirituali, ma sappiamo che tutte, credo, hanno a che fare o con la potenza di Dio, o con la sua sapienza, o con la sua bontà» (Gesù dodicenne, III,25). Gli effetti della visione si faranno sentire nell'anima: dolore, esultazione, consolazione.
Ancora sui prologhi tropologici
Abbiamo visto tutta la ricchezza di questi tre prologhi: in essi è espresso un meraviglioso cammino di crescita dell'anima che cerca Cristo. La vita spirituale è concepita fin dall'inizio come un cammino di conformazione a Cristo, che ha voluto lui stesso conformarsi in tutto alla nostra povertà da accettare per sé tutte le calamità dell'umana miseria (cfr. Gesù dodicenne, 1,6). Vediamo di nuovo questo percorso: nella prima parte l'anima segue Gesù che la precede ed è Gesù che nasce e cresce in lei; nella seconda parte la vita di Cristo nella carne è figura della nostra vita spirituale, chiamata all'imitazione di questo esempio che ci è donato. È da notare però che fino a questo punto, malgrado vi sia un progresso nel Cri- sto da parte dell'anima fedele, una distinzione, anzi, una certa distanza è lasciata tra il fedele e Gesù. La terza parte ha invece un altro tono: Elredo si rivolge a Ivo di Wardon come se fosse identificato a Gesù nella sua infanzia. Oramai è Ivo stesso che nasce, attraversa le persecuzioni, cresce nella virtù ed è infine sollevato fino alla contemplazione. La meditazione del Cristo nella sua umanità ha realizzato una certa conformazione del fedele al Cristo stesso, e simile conformazione apre l'accesso alla contemplazione della sua umanità.
Una conclusione
La meditazione elrediana dell'umanità di Cristo mentre conduce colui che medita a seguire e ad imitare Gesù, produce una trasformazione interiore: gli avvenimenti della vita del Cristo si interiorizzano: siamo condotti a vivere l'incarnazione del Figlio di Dio in noi stessi.
Fr. Matteo Brondello* o.cist.
* Monaco del Monastero Dominus Tecum, Pra'd Mill, Bagnolo, Piemonte (CN).
1) Per l'edizione italiana: cfr. AELREDO DI RIEVAULX, Gesù dodicenne, a cura di Domenico Pezzini, Milano 2001.
2) Cfr. Walter Daniel, Vita di Elredo, XLII.
(tratto da Vita nostra, n. 2, 2010, p. 5-9)