Vita nello Spirito

Mercoledì, 30 Settembre 2015 10:15

La cultura delle emozioni (Mario Bizzotto)

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«I nostri contemporanei si emozionano molto, ma non sanno più sentire. Essi sono sempre più agitati e meno sensibili». Abbandonano «le emozioni calme a vantaggio delle emozioni-shock, di esperienze violente» (Lacroix).

Insaziabile è la sete di emozioni che colpisce la società attuale. Essa trova i suoi veicoli più facili nella stampa, nei rotocalchi, nella televisione, nei film e nella musica. Gli oggetti più sfruttati sono lo sport, le mete turistiche, i luoghi di ritrovo, le discoteche. Non ne rimangono esenti il corpo e la salute, per non parlare del dibattito politico e di certe adunate di carattere religioso. Un esempio è l'afflusso di pellegrini riversatisi a Roma per le esequie del Papa, disobbedendo alle pressanti raccomandazioni di non mettersi in viaggio. Il rito poteva essere seguito anche a casa davanti alla televisione. Si sarebbero risparmiati fatica e disagi e perdi più l'occhio avrebbe avuto un'offerta migliore della scena.

A caccia di emozioni

L'uomo del nostro tempo è un cercatore di emozioni e non appena se ne presenta l'occasione risponde prontamente. Gare sportive, manifestazioni di piazza, sfilate per la pace, sono tutte offerte particolarmente seducenti per provare stimoli eccitanti. Non importa la causa in questione: se la guerra o la pace, se la patria o un interesse corporativo, se la difesa d'un diritto o d'un privilegio, se Cristo o Barabba. Decisiva è l'eccitazione e la possibilità del suo sfogo.
L'affermarsi della vita emotiva è ambivalente. Da una parte interpreta l'esigenza di affrancarsi dagli eccessi dell'artificio burocratico e dell'ipertrofia istituzionale, dagli apparati soffocanti, dall'altra rivela i caratteri prevalenti della nostra società: flessibile, volubile, superficiale, aggiogata all'effimero, lacerata dal discontinuo, affezionata ai movimenti rapidi e alla realtà fuggente. In una parola la nostra è una società fondata sull'emozione. Il suo ritmo ci è noto: è la velocità. Tutto deve avere la durata d'un istante. Ad una prima emozione ne segue una seconda, poi una terza, poi un'altra ancora e così via all'infinito. La psiche è in perenne movimento.

L'esempio del turista

Il sociologo Baumann riconosce una figura emblematica del nostro tempo nel turista, ossia in colui che si sposta di città in città, da un luogo all'altro senza dimorarvi. Il suo è un movimento che si accontenta della superficie, anzi per lui non si dà differenza tra superficie e profondità, tra apparenza e realtà, perché in fondo tutto è superficie, tutto è apparenza. Davanti a lui il mondo figura come una successione di eventi frammentati, episodi, personaggi, popoli, linguaggi, costumi. Ognuna di queste cose ha vita breve, si presenta agli occhi e, come si presenta, subito scompare.
Nel turista c'è anche un consumatore che traduce tutto in piacere subitaneo. Per consumare è necessaria la cosa che si lascia consumare.
oggetti inebrianti, colori sgargianti, guizzi rapidi, che chiedono l'attenzione per un solo istante. L'esclamazione di Goethe: fermati, sei cosi bello! fa parte del passato, è fuori moda, è rovesciata nel suo contrario: passa oltre, e quanto prima passi tanto meglio! Il consumatore sa essere raffinato e rifiutare ciò che sazia la fame. Questa deve essere desta, altrimenti il consumatore non sarebbe più se stesso, tradirebbe la sua vocazione. Qualcosa di analogo ha immaginato Fromm nel descrivere l'uomo moderno, gaudente e disinibito, intento ad approfittare di ogni situazione per spremere piaceri. Mai rimandare un piacere o un divertimento. «Divertirsi significa consumare e comprare cibi, bevande, sigarette, libri, film; tutto è consumato, inghiottito. Il mondo è un grosso oggetto che suscita i nostri appetiti, una grossa mela, una grossa bottiglia, un grosso seno; noi siamo i consumatori... ».

L'immagine della città

Per il turista gaudente la città diventa il luogo dello svago, è ridotta ad una strada dove non si fa sosta ma si passa, si guarda ma non si vede. Innumerevoli immagini
sfilano davanti agli occhi, ma a nessuna è lasciato il tempo di sfondare nell'intimo. Tutto fluisce, sfuma, si fa etereo.
Sull'immagine della città è costruito anche il mondo, quello degli oggetti e dell'uomo. Gli oggetti valgono come fugaci occasioni di godimento, le persone come conoscenze di breve respiro. Non devono essere poche e singole, tali da chiedere rapporti duraturi, ma molte e tali da offrire varietà e far sentire l'ebbrezza degli incontri facili. Tutto questo ha un peso sul valore dell'amicizia, che si appiattisce in una relazione di superficie e, cosa ancora più grave, si riflette negativamente sulla famiglia: coniugi, genitori e figli. L'istituzione del matrimonio si fa labile, per cui al legame
duraturo si preferisce la convivenza, ossia un rapporto senza vincoli, leggero, tale da essere sciolto non appena uno dei partner accusa segni di stanchezza. Anche l'amore non resiste all'andazzo della società. Non è eterno come vuole il giuramento tradizionale. Rifà il gioco dell'altalena, viene e va, ritorna e scompare. E incostante. Vuole tenersi libero per nuovi incontri, mai legarsi. Ma questa, più che libertà è capriccio e volubilità. La vera libertà è sempre legata alla responsabilità, mancando la quale non c'è scelta seria. C'è solo la scelta di abbandonarsi in balia agli stimoli del momento.

La casa e la monotonia

L'individuo in queste condizioni vaga al di fuori di se stesso, ha dimenticato i luoghi del riposo e della serenità. Il suo stato d'animo abituale è una permanente irrequietudine che lo sospinge da un desiderio all'altro. La sua casa non è che un semplice spazio geografico dove in realtà non abita, perché non si sente a suo agio. Perciò è sospinto ad evadere. E proprio il bisogno irrefrenabile di uscire, vedere cose nuove, sentire altre voci, incontrare sorprese che toglie la capacità di abitare. Abita chi ama la stabilità, la continuità, la calma, tutte cose che non sono congeniali al mendicante di sensazioni, avido di fatti eccezionali, oggetti curiosi, persone strane, luoghi e feste di folclore. Per costui la casa stanca e annoia, è come una vita spenta, acqua stagnante e morta. Non offre alcun genere di brividi e avventure. Non è vissuta come luogo di intimità e pace, sicurezza e gioia. La casa perde il suo senso, in compenso trova il suo surrogato nei luoghi che si visitano. Ci si trova più volentieri in essi che non nella propria camera.

Salute e forma fisica

Se l'emozione diventa fattore prevalente della cultura, non c'è niente che non sia da quella inquinato, non solo sport, turismo, rapporti interpersonali e famiglia, ma perfino le adunate religiose e la stessa salute. Anche la salute si iscrive nel registro delle emozioni. Non ci si accontenta più di essere sani e all'altezza dei compiti richiesti dall'esercizio della propria professione. Si vuole essere anche in forma, esuberanti, freschi, giovanili, vigorosi e allegri. Si passa dall'esperienza della salute intesa come funzionamento armonico di tutte le componenti organiche, alla salute intesa come emozione, del sentirsi a proprio agio, provare piacere. Ci si inette alla prova in attività agonistiche, marce, corse e escursioni a ritmo sostenuto. Si frequentano palestre e piscine, dove il corpo è sottoposto a prestazioni spinte al limite del possibile, per avere conferma della propria efficienza.
Allo scopo si seguono diete severe, si assumono cibi raccomandati da riviste o trasmissioni televisive o dalla pubblicità. Si affrontano sacrifici, compensati dalle emozioni che si provano negli esercizi cui ci si prepara meticolosamente. Il corpo è trasformato in una macchina di sensazioni. Di esso si va fieri quando risponde ai propri obiettivi, tenendoci al passo con i modelli più ambiti affermatisi nella convivenza.
Inutile dirlo: in questo clima la vita non ci guadagna, ma perde di serietà.

Mario Bizzotto

(Tratto da Missione e Salute, n. 6, 2005, pp. 34-35)

 

Letto 2659 volte Ultima modifica il Mercoledì, 30 Settembre 2015 10:26
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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