Gesù, il figlio di mia figlia, venne al mondo qui a Nazareni nel mese di gennaio. (1) E la notte in cui Gesù nacque si presentarono uomini che venivano da Oriente. Erano in viaggio per l'Egitto, e transitavano per Israele con le carovane dei Medianiti. E poiché non avevano trovato posto alla locanda, cercarono alloggio nella nostra casa.
E io diedi loro il benvenuto e dissi: «Stanotte mia figlia ha dato alla luce un bambino. Sono certa che mi perdonerete se non vi offro tutti i servigi che son dovuti a degli ospiti».
Mi ringraziarono di aver dato loro riparo. E dopo che ebbero cenato, dissero: «Vorremmo vedere il bambino».
Ora, il figlio di Maria era bello a guardarsi, e anche lei era bella.
E quando i persiani videro Maria e il suo bambino, presero oro e argento dalle loro borse, e mirra, e tutto deposero ai piedi del piccolo. Poi si prosternarono a terra e pregarono in una lingua strana che non comprendemmo.
E quando li condussi alla camera preparata per loro, camminavano come in timore e riverenza di ciò che avevano visto.
Quando venne il mattino, partirono, proseguendo il viaggio per l'Egitto.
Al momento del commiato mi parlarono e dissero:
«II bambino non ha che un giorno, eppure noi abbiamo visto la luce del nostro Dio nei suoi occhi e il sorriso del nostro Dio sulla sua bocca.
Proteggetelo, vi preghiamo, affinché lui possa proteggere voi tutti».
E dopo queste parole, montarono sui cammelli e scomparvero alla nostra vista.
Ora, verso il suo primo nato Maria mostrava più meraviglia e stupore che gioia.
Lanciava lunghe occhiate al suo piccolo, e poi volgeva il viso verso la finestra e si perdeva a fissare le lontananze del cielo come se contemplasse una visione.
E si stendevano valli tra il suo cuore e il mio.
E il bambino crebbe in corpo e in spirito, ed era diverso dagli altri bambini. Era chiuso e difficile, e non potevo alzar le mani su di lui.
Ma era amato da tutti a Nazareth, e nel mio cuore ne conoscevo il motivo.
Spesso prendeva del cibo a noi per darlo ai viandanti. E regalava agli altri bambini i piccoli dolci che gli donavo, prima di averne mangiato lui stesso.
Si arrampicava sui miei alberi per prendere la frutta, ma non per sé. E gareggiava nella corsa con gli altri ragazzi, e a volte, essendo il più veloce, rallentava in maniera che potessero oltrepassare il traguardo prima di lui.
E a volte, quando lo portavo a letto, diceva: «Di' a mia madre e agli altri che dormirà solo il mio corpo. Il mio spirito rimarrà con loro, finché il loro spirito giungerà al mio mattino».
E molte altre meravigliose parole diceva quand'era fanciullo, ma sono troppo vecchia per ricordare.
Ora mi,dicono che non lo vedrò più. Ma come posso credere a quello che dicono ?
Io lo sento ancora ridere, lo sento ancora aggirarsi correndo per la casa. E ogni volta che bacio la guancia di mia figlia, il profumo di lui mi torna al cuore, e sembra che il suo corpo venga di nuovo a colmare le mie braccia.
Ma non è strano che mia figlia non mi parli del suo primo nato?
A volte il mio desiderio di lui è più grande del suo, così mi sembra. Lei rimane immobile dinanzi alla luce del giorno, come un'immagine scolpita nel bronzo, mentre il mio cuore si scioglie e scorre in mille rivoli.
Forse lei sa qualcosa che io non so. Vorrei che potesse dirlo anche a me.
Gibran Kahlil Gibran
1) Gibran non si preoccupa di presentare i dati storici, quanto di descrivere un mondo spirituale. La nascita di Gesù viene indicata a Natale, ma secondo il calendario giuliano (che corrisponde attualmente al 7 gennaio del calendario gregoriano). (n. r.)
(tratto da Gibran Kahlil Gibran, Gesù figlio dell'uomo, Roma 1992, pp. 10-11)