Nell'undicesimo giorno dopo la Natività, i tre magi si avvicinavano a Gerusalemme per la strada di Sichem. Appena passato il Cedron, furon fatti oggetto della curiosità dei viandanti. Eppure la terra di Giudea rappresenta essenzialmente un vero crocicchio di nazioni! È questa una conseguenza della sua posizione, e la parte sostanziale delle sue ricchezze derivò sempre dai pedaggi che Gerusalemme prelevava sul traffico estero. Nessun popolo presenta una mescolanza più eteroclita di nazionalità. Tuttavia quei tre uomini avanzavano fra la curiosità generale. Un bambino, in mezzo ad un gruppo di donne riunite sull'orlo della strada, di fronte alle tombe dei re, batté le mani e gridò:
«Che bei campanellini! Che grossi cammelli!» I campanellini erano d'argento; i cammelli, lo sappiamo, erano di statura e di bianchezza fuori del comune: la loro bardatura, benché consumata dalle lunghe tappe del deserto, e il lusso delle piccole tende che riparavano i vecchi, rivelavano la ricchezza dei loro possessori. Ma tutto ciò era nulla, a paragone dello stupore destato dalle parole dei magi.
«Brava gente, è Gerusalemme quella che si vede laggiù?» chiese Balthasar, accarezzandosi la barba.
«Sì» rispose una donna. «Al di là di questi alberi sono le torri del mercato».
I tre si scambiarono un'occhiata significativa.
«Dov'è il Re dei giudei, che è appena nato?»
La donna guardò Balthasar, senza rispondere.
«Non ne avete sentito parlare?»
«No».
«Ebbene, raccontate a tutti che noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorare il Re».
Continuarono la loro strada, rinnovando a più riprese l'inutile domanda. Una numerosa compagnia, diretta alla grotta di Geremia, si stupì talmente al linguaggio e all'aspetto dei pellegrini, che ritornò indietro e li seguì in città.
Assorti nel loro sogno, i magi non osservarono il leggendario panorama che ben presto la città santa svolse davanti ai loro occhi assenti.
Lewis Wallace
(da Lewis Wallace, Ben Hur, 1880, traduzione di Silvana Pella)