Vita nello Spirito

Giovedì, 01 Settembre 2011 21:32

Le grandi mistiche (Ysé Tardan Masquelier)

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Escluse dall’istituzione, dalla riflessione teologica, dall’elaborazione della liturgia e dai posti di autorità, le donne hanno potuto trovare nella mistica uno spazio soggettivo dove sviluppare le loro aspirazioni.

Teresa d’Avila, esperta in estasi, di cui aveva esplorato tutte le delizie e le false seduzioni, ha affermato: “Le donne favorite da questo genere di grazie sono più numerose degli uomini” . Si riferiva a uno dei suoi maestri. Pietro d’Alcantara, che affermava “Le donne avanzano molto più rapidamente degli uomini in questo cammino” (Vita 40, 8). A questa ipotetica superiorità ci sarebbero delle ragioni oggettive?
Il punto di vista sociologico considera prima di tutto la ripartizione dei ruoli fra i due sessi nelle culture. A parte qualche rara eccezione, le istituzioni hanno allontanato le donne dalla riflessione teologica, dall’esegesi dei testi sacri, dalla costruzione della teologia e dai posti di coloro che hanno un’autorità in seno alle comunità religiose. Non sono loro che fanno, che dicono la verità. Se la pietà familiare o la vita monastica hanno loro permesso di trasmettere le verità della fede ai loro figli e di innalzarsi a gradi spirituali spesso molto elevati, tuttavia sono ancora gli uomini che decidono se le loro conoscenze o le loro esperienze sono valide.
Non c’è bisogno d’essere una femminista accanita per rendersi conto che le donne sono costantemente confinate in uno stato di inferiorità.

Obblighi e tabù ingiustamente differenziati

Non basta sostenere che la colpa sarebbe imputabile soltanto ai monoteismi che venerano un dio padre, o almeno ad un dio d’uomini, dalle virtù maschili. Oppure di denunciare, nell’esclusione delle donne dal ministero cristiano per eccellenza, quello del sacerdozio, eredità d’una ingiustizia storica. Infatti la metà dell’umanità non si situa meglio: nell’induismo e nello scintoismo, per esempio, la vita religiosa femminile è stata strettamente inquadrata da obblighi e da tabù profondamente differenziati la cui forza inibente stupisce anche oggi.
Partendo da questa constatazione senza appello, la modernità laica ha visto nella mistica una porta aperta a certe forme di compensazione. Le donne più degli uomini che hanno altre soddisfazioni, vi trovano uno spazio soggettivo in cui sviluppare il loro immaginario, le loro aspirazioni e, nel migliore dei casi, una autentica libertà interiore. Rivenendo a Teresa d’Avila, leggiamo “La divina Maestà faceva brillare le meraviglie della sua grazia in donne semplici, deboli per natura, ma forti a causa dei loro desideri e del loro distacco da tutto il creato” (Fondazioni 4,5).  

L’ipotesi isterica

I punti di vista psicologici e psicanalitici non sono meno interessanti nelle loro diversità. Freud e Janer, come pionieri si interrogano sulla somiglianza fra fenomeni mistici e sintomi dell’isteria detta di “conversione” perché essa metamorfosa un conflitto psicologico in disordini corporali. Sembra loro evidente che le donne sono predisposte à coltivare questo genere di manifestazioni. Il riferirsi a una “natura” che sarebbe propria della donna si inscrive, in un certo qual modo, nella diffidenza tradizionale delle istituzioni religiose nei riguardi degli eccessi emozionali, immaginativi e estatici.
L’ipotesi isterica per quanto di poco valore ha però avuto il merito di mettere l’accento sugli stati estremi di sofferenza e di godimento che caratterizzano i percorsi dei grandi spirituali dei due sessi. Infatti questa ipotesi ha messo in evidenza il posto del corpo nell’esperienza dell’unione con il divino e ha dato così un contributo alla riflessione sul tema del desiderio, così importante nell’antropologia attuale.
Ora il discorso delle donne mistiche è molto ricco per tutti questi soggetti come se avessero una scienza intuitiva e soprattutto come se avessero una capacità particolare per tradurre il vissuto in parole. Non bisogna certo meravigliarsene, perché il momento mistico più inteso lo si sente sovente come una esperienza di penetrazione d’un altro - esperienza che rinvia nella donna alle rappresentazioni della sessualità che gli è propria.
L’abbandono e la passività, lo stato di accoglienza nell’intimo, la “debolezza” stessa dell’essere umano davanti al dio che lo prende e l‘invita a fondersi in lui, sono le manifestazioni delle vie mistiche di tutte le epoche e di tutti i continenti. Se presentano una risonanza simbolica più immediata per le donne, tracciano anche dei sentieri di creta che sono stati seguiti arditamente da grandi spirituali come Roumi, Kabir, Juan della Croce.

Ysé Tardan Masquelier

(da Biblia, n. 72, ottobre 2008)

 

Letto 6856 volte Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2012 13:44
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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