Vita nello Spirito

Mercoledì, 31 Agosto 2011 11:19

Maristi e missione. Spirito della Società (Franco Gioannetti)

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Si tengano lontani dallo spirito del mondo, siano cioè spogli di ogni cupidigia delle cose terrene e di ogni considerazione di sé; si sforzino di rinnegare completamente se stessi in tutto, non cercando le cose loro ma unicamente quelle di Cristo e di Maria; considerandosi come stranieri e pellegrini sulla terra...

Il «Tamquam extorres et peregrini»

Le vicende redazionali dei nn. 49-50 delle Costituzioni del 1872 sullo «Spirito della Società» sono state studiate ampiamente da Jean Coste (90), il quale ha dedicato alcune pagine alla espressione tamquam extorres et peregrini. Pur nel dubbio sulle tradizioni orali che la attribuirebbero a una illuminazione soprannaturale, siamo certi che essa corrisponde ad una lucida intuizione del Fondatore.
Per darne una interpretazione corretta, riteniamo anzitutto che l'inciso di origine biblica (91) non vada estrapolato dal contesto dei nn. 49-50 delle Costituzioni, ove si descrive l'atteggiamento del Marista di fronte al mondo. Dietro le orme di Maria i religiosi
si tengano lontani dallo spirito del mondo, siano cioè spogli di ogni cupidigia delle cose terrene e di ogni considerazione di sé; si sforzino di rinnegare completamente se stessi in tutto, non cercando le cose loro ma unicamente quelle di Cristo e di Maria; considerandosi come stranieri e pellegrini sulla terra, servi inutili e rifiuto di tutti, usando delle cose di questo mondo come se non ne usassero.
Siano, secondo l'indicazione della lettera agli Ebrei, come gli antichi patriarchi del Vecchio Testamento la cui vita fu determinata dalla fede che dimostrarono, considerandosi come ospiti e pellegrini nella terra. Essi infatti trovarono la loro patria in Dio, al quale appartenevano per la loro fede.
La vita, per i maristi, va vista sempre nella luce della fede e va vissuta «non secondo i desideri della carne» (= sarx). La vivano dunque evitando ogni alienazione da Dio, con raccoglimento, meditazione, contemplazione, in vista di un ascolto forte e nitido della voce di Dio, senza il rischio di confonderla con qualche voce umana.
Questi due numeri delle Costituzioni del fondatore assumono un'importanza fondamentale anche per quanto riguarda lo spirito missionario marista; essi infatti sono un centone di citazioni bibliche riguardanti la condizione e lo stile del discepolo-apostolo. In particolare, per prevalenza di citazioni paoline, sembra che in filigrana si volesse indicare l'esempio e la dottrina dell'Apostolo delle genti come modello missionario marista. Del resto, il fascino che Paolo esercita sul Colin è testimoniato dai frequenti riferimenti ai suoi scritti nei discorsi pubblicati sugli Entretiens spirituels e dalle menzioni esplicite del suo esempio (92), del suo coraggio (93), della gioia nelle tribolazioni (94), della conformità ai sentimenti di Cristo (95), dell’intrepido coraggio di fronte alla morte (96), della piccolezza davanti a Dio (97), della fiducia nel sostegno divino (98), dell'annuncio centrato sul Cristo crocifisso (99).
L'altro aspetto che contraddistingue lo stile missionario marista è l'estraneità al mondo, il rifiuto della sua scala di valori e, quindi, la necessità di affrontarlo con un forte bagaglio di fede (100), permeandolo di nascosto e senza applausi:
Se il mondo parla contro di noi, non bisogna stupirsene; gli apostoli non piacevano ai ricchi, ai potenti: si rivolgevano a dei poveri come loro. Poi Dio suscitò S. Paolo, che pieno di magnanimità e senza nessuna paura, si indirizzava a tutti (101).
II marista che vuole possedere l'ardire apostolico di Paolo deve attingerlo dove lui lo ha trovato: Omnia possum in co qui me confortai (Fil 4:13). «Coraggio, miei cari confratelli, coraggio! Ma il coraggio, perché sia vero, deve avere la sua radice in Dio» (102).

Ignoti et quasi occulti

La formula Ignoti et quasi occulti concerne il modo di essere del marista nella Chiesa, circoscrive l'aspetto specifico del Mistero di Cristo che il marista deve imitare per vocazione (103). Infatti il marista è per vocazione chiamato ad essere il testimone dell'abbassamento (kenosis) e degli anni oscuri di Gesù facendosi, come lui, ignotus et quasi occultus in hoc mundo.
In questa formula il padre vedeva racchiusa la società (104): essa infatti è la descrizione più sostanziosa del carisma religioso marista e lo stile che vi è espresso è segno della sequela di Cristo nel mondo ed anche mezzo di apostolato per il Regno.
La vita occulta di colui che si spoglia di tutto per darsi a Gesù, è il modo spirituale di imitare, nell'interiorità e nello stile di vita, le disposizioni di Cristo nei suoi anni oscuri, secondo la descrizione di S. Paolo:
«Voi infatti siete i morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio» (105); alla presenza efficace di Maria nella Chiesa nascente si riannoda poi, oggi, il carisma del Marista che deve immergersi nel nascondimento per agire con l'efficacia della sapienza di Dio.

Poveri tra i poveri

«Gli apostoli si rivolgevano ai poveri come loro» (106), constatava Colin. La povertà richiesta al Marista è anzitutto di ordine inferiore: è svuotamento dall'orgoglio della mente nella adesione umile della fede (107); è imitazione della tapeinosis (bassezza) di Maria, modello e prima Superiora della Società (108) ; è spoliazione da ogni avidità delle cose di quaggiù e di ogni considerazione di se stessi, compiacendosi di essere ignorati e di dipendere da tutti, fino a risultare sconosciuti, anzi nascosti in questo mondo (109).
Accanto alle norme che regolano il voto di povertà (110), ritenute minimaliste da Padre Colin, le Costituzioni aggiungono altre disposizioni (nn. 137-152), atte a liberare completamente il cuore di chi si è fatto povero spontaneamente per amore di Dio (111). Nell'ultimo capitolo delle Costituzioni la povertà è considerata tra le quattro pietre angolari su cui poggia la Società. L'insistenza sulla povertà, definita «custode di tutte le virtù, vera roccaforte e difesa della Società» (112),non mira soltanto a dare qualità e verità all'imitazione di Cristo, che scelse la povertà come sua compagna inseparabile, e di Maria che rimase sempre povera (113): essa prepara soprattutto degli annunciatori credibili dell'Evangelo:
Come l'apostolo Paolo, che per non pesare su nessuno, provvedeva alle proprie necessità e a quelle dei compagni, lavorando giorno e notte con le proprie sue mani (cfr. Atti 20: 34; 1 Ts 2: 9), così anche i nostri, per quanto possibile, curino di non essere di peso a nessuno (cfr. 2 Cor 11: 9). Nelle missioni e in altri simili ministeri, una volta assicurato alloggio e vitto (cfr. 1 Tm 6: 8), presteranno la loro opera gratuitamente (cfr. Mt 10: 8) e senza alcun compenso (114).
Gratis et absque alla retributione: è uno stile sempre sconcertante e scomodo in un mondo, anche ecclesiastico, in cui la gratuità e il disinteresse sono rari, ma certamente è un marchio di autenticità apostolica, secondo l'insegnamento di Cristo ai suoi messaggeri (115).
La povertà, nel campo missionario, si incarna in molteplici aspetti che riflettono la marginalità e il disprezzo agli occhi del mondo. Potendo scegliere, i missionari maristi opteranno per
quei ministeri che agli occhi degli uomini sembrano meno onorifici e meno proficui, pur essendo a Dio ugualmente graditi. Sarà dunque loro molto gradito, nello spirito della Società, il ministero di evangelizzare i poveri, gli incolti e gli abitanti delle campagne (116).
Portare il Vangelo ai poveri: era l'ideale missionario, lo abbiamo visto, che Colin sentiva come il più congeniale con la Società di Maria. In quella categoria il Fondatore accoglieva di preferenza i muratori, i carcerati, i mendicanti (117), i seminari minori. «Amo le opere abbandonate, nascoste, segrete: i poveri» (118). Per la credibilità dell'annuncio condizione necessaria è essere prima evangelizzati; solo il vero povero può farsi evangelizzatore dei poveri: «Nostro Signore non ha scelto dei poveri per fame degli apostoli?» (119).

Annunciatori semplici del Vangelo

In una situazione dove tutto vuoi essere piccolo, modesto, umile, il Marista deve rivestirsi di semplicità di cuore120, condurre un «tenore di vita esteriore semplice e comune» (121). La missione e specialmente la predicazione, dev'essere semplice e adatta alla capacità degli uditori, sì che possano capire anche gli incolti (122).
Padre Colin teneva moltissimo a l'esprit de simplicité più che ad ogni altra cosa, perché esso aveva contraddistinto gli inizi della Società e ne rendeva preziosa l'opera nella Chiesa «Ah! Lotterò finché potrò per impedire che questo spirito di semplicità venga a perdersi nella Società» (123). Per l'apostolo marista questo significa non diventare mai il centro della parrocchia dove predica, non prendere il posto del parroco né in chiesa né a tavola, non prendere iniziative che non siano state preventivamente concordate con lui (124):
Un missionario, quando arriva in una parrocchia, sia piccolo, ben piccolo. Ah, mi sia permesso di dirlo: i Maristi, i piccoli Maristi sono già causa di un cambiamento in bene (125).
Al padre Eymard il Fondatore spiegava come lo spirito di semplicità affonda le sue radici nell'umiltà e nell'interiorità: «Esso consiste, nel non cercare che Dio, nel fare tutto per Dio e nulla per la creatura» (126), nel non giudicare e non condannare (127). Il Colin era convinto che l'umiltà e la semplicità fossero il proprium della Società di Maria (128) e che fossero un mezzo eccellente di apostolato (129) perfettamente adatto alla malattia del suo secolo: «Viviamo in un secolo di orgoglio, di follia. Bisogna guarire questo spirito con la nostra semplicità, con la nostra umiltà» (130).

Solidamente formati

La preparazione di fondo, assicurata dalla Società, prevedeva un livello di studi di qualità, ampio e organico, finalizzato alla salvezza delle anime: due anni di filosofia, quattro di teologia, più due per ulteriori approfondimenti, riservati agli studenti particolarmente dotati (131). Mettendo in armonia le doti e le inclinazioni personali con il giudizio e il discernimento dei superiori religiosi, ognuno «deve darsi da fare perché il talento ricevuto dalla divina Misericordia fruttifichi con lo studio e possa giovare alla Chiesa [...] da poter arrivare a una specifica competenza in materia (peritus)» (132).
Sembra che la norma di «parlare in modo chiaro, semplice, corretto e adatto alle capacità degli uditori, sì che possano capire anche gli incolti» (133) abbia creato degli equivoci: alcuni avevano abbassato il livello della loro predicazione ai modi e alle espressioni del volgo (134). Il padre Fondatore si sentiva tradito da queste degenerazioni, come pure nutriva il timore che la semplicità da alcuni fosse ritenuta un riparo contro l'impegno di una seria preparazione teologica (135). Egli percepiva chiara la gravita dei tempi. La Francia dell'800, con le sue pretese di sufficienza di fronte alla fede, doveva essere evangelizzata da un clero preparato.
Il mondo, permeato di razionalismo scientifico, richiedeva che si combattesse la battaglia del Signore «ad armi pari». Perciò il Colin inculcava ai suoi:
Bisogna essere uomini di Dio e essere istruiti... Senza la scienza non avrei fiducia nella Società ... senza scienza andrà in rovina (136).
C'è bisogno della scienza, Signori, e molta. Il secolo che attraversiamo è eminentemente un secolo di orgoglio, ascolterà soltanto quelle che ritrova alla sua altezza. Per fare ad esso del bene .... per condurlo a Dio, bisogna dunque studiare (137).
Il missionario ha bisogno della scienza, perché lo studio prepara ai compiti dell'evangelizzazione, mette in grado di «salvare un gran numero di anime» (138). Con molto realismo, Colin arriva ad affermare che il sacerdote in cura d'anime quanto più è dotto, tanto più largo di vedute sarà al momento di dare il suo parere: «se si tratta di un mezzo-dotto, egli vi mette i bastoni fra le ruote e vi impedisce di andare avanti» (139).
Allo scopo di potersi aggiornare, passata la stagione delle missioni e delle predicazioni, tutti i missionari «rimangano in casa almeno quattro mesi per ravvivare lo spirito nell'osservanza regolare, per cercare di conservare e di aumentare con lo studio la scienza necessaria, e per scrivere le prediche» (140). L'aggiornamento teologico permanente e il crescere dell'esperienza pastorale acquisita nel ministero diretto permettono al marista di far
risuonare con efficacia la Parola di Cristo per gli uomini contemporanei e permettono alla Chiesa, attraverso il suo ministero, di essere «sacramento universale di salvezza».
Sono dunque necessarie convinzione, studio e formazione; ma è anche necessaria la conoscenza mistica, intesa come incontro personale di amore, come esperienza di Dio che si rivela e ci salva, rendendoci partecipi del dialogo del Padre con il Figlio nello Spirito Santo. Possiamo dire perciò, guardando questa nostra epoca, che è tempo di creare una nuova mistica capace di affascinare le nuove generazioni che ne sono alla ricerca.

Franco Gioannetti

90) Jean Coste, De l'esprit de la Société, Commentaire historique des Constitutions des Pères Maristes, Rome, 1963.
91) 1Pietro 2: 1; Ebrei 11:13.
92) ES 42: 1-3.
93) ES 44: 9.
94) ES 45-.3.
96) ES 55.
97) ES 56: 4.
97) ES 120: 2.
98) ES 182: 38.
99) ES 184: 1.
100) ES 39:31.
101) ES 42: 3.
102) ES 182: 38-39.
103) Per una trattazione più estesa vedi Franco Gioannetti, Jean Claude Colin: Una spiritualità per il nostro tempo. Roma, 1987, p. 189.
104) ES 152:1.
105) Col 3: 3.
106) ES 42:3.
107) CSM72, n. 47.
108) CSM72, n. 49.
109) CSM72, n. 50.
110) CSM72,n. 131-136.
111) CSM72,n. 138.
112) CSM72,n.442.
113) CSM72,n.443.
114) CSM72,n.259.
115) Mt l0:8.
116) CSM72,n.262.
117) ES 18: 3; 92: 8.
118) ES 23.
119) ES 188: 13.
120) CSM72, n. 50.
121) CSM72, n. 26.
122) CSM72, n. 254.
123) ES 11:6.
124) CSM72, n. 258.
125) ES :8.
126) ES 51.
127) ES 59: 5-6.
128) ES 11:6-7:59:3.
129) ES 92: 14,
130) ES 99: i.
131) CSM72, n. 42-43.
132) CSM72, n. 45.
133) CSM72, n. 254.
134) ES 99: 3-5.
135) ES 109: 2, 6-7.
136) ES 109: 7-3.
137) ES 160:5.
138) ES 102:6.
139) ES 163:1.
140) CSM72, n. 244-262.

 

Letto 4817 volte Ultima modifica il Venerdì, 09 Settembre 2011 11:43
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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