Vita nello Spirito

Giovedì, 18 Marzo 2010 23:07

La profezia biblica del Giubileo (M. Barros)

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Quando le persone parlano di Giubileo certamente si ricordano delle feste che si celebrano comunemente quando nelle famiglie si festeggiano i 50 anni di matrimonio di una coppia o di un gruppo che si è formato 25 o 50 anni prima. Ma, per approfondire il nostro argomento, è importante studiare quello che dice la Bibbia in proposito.

 “Lo spirito del Signore è su di me
e mi ha consacrato per dare
la buona notizia a ipoveri (...),
per promulgare l’anno di misericordia
(amnistia o Giubileo) del Signore.»

(Is 61, 2 e Lc. 4, 18-19)

Quando le persone parlano di Giubileo certamente si ricordano delle feste che si celebrano comunemente quando nelle famiglie si festeggiano i 50 anni di matrimonio di una coppia o di un gruppo che si è formato 25 o 50 anni prima. Ma, per approfondire il nostro argomento, è importante studiare quello che dice la Bibbia in proposito.

Nell'Antico Testamento ci sono pochi riferimenti concreti che mostrino il popolo che pratica la legge del Giubileo. Se accettate di aprire con me la Bibbia, possiamo dare un'occhiata ad alcuni testi suggestivi che ci metteranno in contatto con questa storia. Un primo testo da leggere si trova in un libro che utilizziamo poco nell'uso quotidiano: il Libro dei Numeri. Il racconto, scritto secoli più tardi, si riferisce al cammino del popolo nel deserto. È probabile che il brano 36-11 dei Numeri si riferisca al compimento dell'anno del Giubileo al tempo della conquista della terra. Forse, nel tempo in cui le tribù degli ebrei conquistavano la terra di Canaan, non esisteva ancora questa legge. Ma è possibile che alcune di esse avessero usanze che hanno dato origine al Giubileo. Quando, dopo l'esilio di Babilonia, questa legge fu scritta alle comunità di Israele piacque veder proiettata quest’istituzione al tempo del deserto. Anche il redattore deuteronomista crede che nel regno del Nord, sia stato celebrato un anno di Giubileo quando Ieu distrusse la dinastia degli Ameridi e fece un'alleanza con Jonadab, il Recabita (2 Re 10,15). Ai tempi dell'Antico Testamento, c'era un popolo che conviveva con gli israeliti e manteneva uno stile di vita nomade nel deserto. Erano i Recabiti. Essi credevano che la grande causa dell'infedeltà del popolo di Israele verso Dio fossero le sue usanze, che a poco a poco non si differenziarono da quelle dei popoli vicini.

È probabile che, nel Regno del Nord, nell'anno 540 a. C, il re Ieu abbia proclamato un anno di liberazione della terra e degli schiavi. Poiché l'anno di Giubileo era contato di sette anni in sette anni sabbatici, questo sarebbe stato un anno giubilare. (1)

Più tardi, nel Regno del Sud, secondo Geremia, Dio dice: “Io vi ho comandato di liberare gli schiavi il settimo anno (e nell'anno del Giubileo) e voi non mi avete obbedito. Per questo ora andrete in schiavitù  (Gr 34,12 5). In questo contesto il profeta allude alla vita e alla fedeltà dei recabiti che, in questo senso, rispetterebbero l'anno sabbatico e l'anno del Giubileo (cfr. Gr 35).

Certamente anche Ezechiele 46,17, Isaia 55 e Neemia 5,1-19, testi provenienti dal periodo immediatamente postesilico, contengono allusioni ad anni di Giubileo. Ma il testo più famoso e sempre ricordato è una proclamazione di un nuovo Giubileo dopo la dominazione babilonese: Isaia 61,1-2. Questo fu il testo che Gesù scelse, nella sinagoga di Nazaret, per presentare il suo programma di azione. Dice il vangelo di Luca, che i suoi ascoltatori rimasero meravigliati delle “parole di grazia che uscivano dalla sua bocca" (Lc 4, 22). Secondo la nuova Bibbia spagnola, lo stupore fu dovuto al fatto che Gesù non parlò della minaccia che la profezia conteneva. Enunciò solo la parte della grazia. Il testo di Isaia citato da Gesù contiene le stesse espressioni letterarie sull’"anno di grazia" che vediamo in Levitico 25, il testo più esplicito e dettagliato sulla legge del Giubileo. Per questo ora lo studieremo meglio.

a - Lettura del Levitico 25

1 - Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai:

2 - Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore.

3 - Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;

4 - Ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna.

8 - Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.

9 - Al decimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese.

10 - Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo ognuno di vuoi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.

11 - Il cinquantesimo anno sarà per voi un Giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate.

12 - Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.

17 - Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio.

23 - Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini.

24 - Perciò,in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo.

25 - Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto.

b - Il contesto letterario e storico

I Giudei, che intitolavano ciascun libro biblico con le prime parole con le quali il libro incominciava, davano al Levitico il titolo di "Egli chiamò" (wayykra). (2) A poco a poco, a causa del suo contenuto, i rabbini cominciarono a chiamarlo "il libro dei sacerdoti", dal momento che conteneva le leggi per il culto. Dal secolo scorso, gli esegeti chiamano la parte del Levitico nel quale è inserito il capitolo 25 "codice della santità" (Lv 17-26). (3)

Non si tratta, quindi, solo dileggi, ma di una vocazione una chiamata che Gesù riprese nei Vangeli con altre parole: "Siate santi, perché Io sono santo" (Lv 19,2; cfr. Mt 5,48 e Lc 6,36).

Si pensa che la legge del Giubileo abbia ricevuto la sua stesura ultima negli ambienti sacerdotali di Gerusalemme, nel periodo finale o addirittura dopo la schiavitù di Babilonia. (4) Molti esegeti ritengono sia stata una situazione che non riuscì mai ad essere praticata in Israele. Alcuni credono non fosse nemmeno stata scritta per essere realmente messa in pratica. Doveva essere solo un orizzonte utopico, redatto nel contesto del ritorno all'esilio. (5) Sentendo affermazioni come queste, ho il dubbio che questi studiosi stiano tentando di dirci: "Non vale la pena prendere sul serio questa legge. E solo una teoria folle e senza una reale validità. La società non può seguire queste regole".

Diverse persone insegnano che il Giubileo è una legge senza nessun parallelo nella legislazione dell'Antico Oriente. Altre, invece hanno scoperto indizi dileggi, come questa del Giubileo, nei tempi preesilici e nella letteratura della Mesopotamia. La cosa più probabile è che il nucleo centrale di questa legge risalga all'occupazione di Canaan, quando si realizzarono le condizioni economiche e culturali per una legislazione di questo tipo. (6) Il Giubileo è una legge troppo ottimista per essere stata frutto di una situazione come quella dell'esilio o del periodo immediatamente successivo. (7) Probabilmente, all'inizio, la legge del Giubileo non fu pensata per essere ripetuta. Sarebbe stata applicata un'unica volta, cinquant'anni dopo la conquista, per correggere possibili errori nella distribuzione della terra e rimediare all'impoverimento dei contadini del Nord. Avrebbe dovuto essere una misura collettiva. Così come in Brasile la Costituzione del 1988 prevedeva un referendum per il 1993, nella Bibbia la legge delle tribù insediate in Canaan prevedeva una riforma 50 anni dopo. Con il passare del tempo, quindi, ciò che era stato necessario una volta divenne un punto di riferimento da ripetere ogni 50 anni.

Il contesto di questa legge fu un progetto di riforma agraria per il popolo che oggi possiamo chiamare dei senza terra. Includeva la cancellazione dei debiti, la liberazione degli schiavi e h restituzione del possesso della terra agli ex proprietari che l'avevano persa. Senza dubbio questa proposta di riforma sociale, contenuta nella legge del Giubileo, è totalmente differente da qualsiasi altra legge dell'Oriente e della società vigente in Israele. Essa è estremamente audace e coraggiosa. È una profezia. Quello che ha in comune con legislazioni e costumi orientali non è il suo contenuto o proposta. Quello che ha in comune con altre usanze è il fatto di basarsi su usi culturali agricoli vigenti in tutto l'Oriente (per esempio il riposo della terra, il sorteggio della proprietà e così via). Come realizzazione, per quanto riguarda Israele, il Giubileo non fa che radicalizzare una legge antica e già conosciuta in Israele come parola di Dio: la Legge del Sabato.

Quando, sul finire del periodo della dominazione di Babilonia, fu scritto il Levitico, la legge dava agli antichi proprietari della terra la speranza di recuperare la loro proprietà. Sia nel Levitico che nelle altre citazioni bibliche relative al Giubileo, i profeti e i sacerdoti insistono soprattutto sulla giustizia tra le persone e sul rapporto tra le persone e la terra.

c - Alcuni elementi ermeneutici del testo

- Il termine "Giubileo"

Giubileo viene dalla parola ebraica Jobel, montone, o più specificatamente corno, strumento suonato per annunciare il giudizio o la chiamata di Dio.

Secondo la tradizione, sul Monte Sinai, il Signore ordinò al popolo di tenersi a distanza. Ma disse: "Quando suonerà il corno (jobel), alcuni potranno salire sul monte" (Es 19,13). Il Jobel è lo strumento che avvisa dell'inizio di un giudizio. Per questo l'anno del perdono e del riscatto, o della liberazione della terra, inizia con il suono del corno. Si chiama "anno di jobel” perché è il tempo nel quale Dio torna per giudicare il popolo e restaurare la sua giustizia. C'è una certa differenza tra il perdono e il riscatto. Il perdono biblico suppone già la giustizia. Per essere completo, deve essere accompagnato da una necessaria soddisfazione e riparazione della giustizia. Non basta chiedere il perdono teoricamente, senza impegnarsi a difendere la vita che è stata violentata, o trovare nuovi strumenti per rifare ciò che è stato infranto o danneggiato (e per il quale la persona chiede perdono). Invece il riscatto biblico è qualcosa di più e, più che perdonare, è liberare e ripristinare la giustizia, come se si tornasse indietro nel tempo e si rifacesse la storia. Nell'antico Israele c'era qualcuno che doveva ricoprire la funzione di goel, o vendicatore di sangue. Egli riscattava il parente prossimo caduto in schiavitù o il sangue di un parente assassinato. In alcune epoche, il riscatto assunse una nozione di "acquisizione". Chi riscattava uno schiavo, lo liberava per la sua casa o per il suo servizio. La persona che riscattava ripristinava un processo che riprendeva il passato e "vendicava l'ingiustizia fatta", non per una mera vendetta di odio, ma per ricostruire la giustizia. Per esempio, condonare un debito voleva dire che, da allora in poi, non doveva più essere pagato. Il riscatto è molto più coinvolgente. Mostrare che il debito è stato pagato e quindi chi è in debito non è colui che è considerato debitore, ma chi si ritiene creditore.

Tutto questo è vissuto nel contesto di un rapporto di alleanza e di comunione di vita. Nei tempi antichi, la persona riscattata assumeva un rapporto di alleanza con chi l'aveva redenta o riscattata. Così il riscatto di un popolo schiavizzato faceva di esso un popolo libero, un partner dell'alleanza con il suo liberatore. Per questo la Bibbia dice che il Signore è il nostro riscattatore e Gesù stesso assume la figura di redentore.

- Una spiritualità sabbatica

Poiché nell’anno del Giubileo vi è la radicalizzazione della legge del sabato, per comprendere lo spirito del Giubileo biblico dobbiamo approfondire il significato del sabato.

Secondo uno dei racconti della creazione (cf. Gen 1), tutta l'opera di Dio ha la sua meta e il suo culmine nella celebrazione del sabato: "Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò" (Gn 2,2-3). Dio stesso è il primo che celebra il sabato come tempo di riposo e di libertà.

Il sabato consacra il tempo. Mentre altri popoli sono "costruttori di spazio", i giudei si considerano "costruttori del tempo". (8) Altri diranno “riscattatori" perché il povero non possiede nemmeno il tempo. È del suo signore o padrone. Quando Israele dice che il tempo è di Dio, rende possibile il fatto che esso sia per tetti gli esseri umani il tempo dell'amore e della libertà. In questo senso, il rabbino A. Heschel scrive:

Cosa significa realmente il sabato? È il ricordo della regalità e della dignità di ogni essere umano. Annulla la distinzione tra il padrone e lo schiavo, tra il ricco e d povero, tra il successo e la sconfitta. Celebrare il sabato è sperimentare la suprema indipendenza. (...) Il sabato è una personificazione della credenza che rotti gli esseri umani sono uguali e che l'uguaglianza tra le persone dimostra la loro nobiltà. Il peccato maggiore di un essere umano è dimenticare che è un principe. (9)

È importante osservare che cosa questa parola di Dio dica alla nostra vita oggi. Per Israele, non c'è vita senza sabato. Come non c'è vita senza amore e libertà. Occorre recuperare questa mistica sabbatica, sia nella nostra vita personale che nella pratica comunitaria, ecclesiale oltre che politica. Questo implica che la gente opti per recuperare il senso di un tempo più umanizzato. Rispetti di più il ritmo della vita, non accetti di vivere in modo disumano un giorno dopo l'altro senza concedersi riposo né tempo libero. Il riposo con Dio è il sabato. Gesù ha sempre difeso questa dimensione liberatrice del sabato. Liberatrice nel senso sociale e anche personale: "Il sabato è stato fatto per l'uomo". Fa parte di questa dimensione liberatrice trovare il tempo per rinnovare la consacrazione e vivere l'i gratuità della preghiera e dell'ascolto di Dio. Non c'è vita d'amore senza momenti di intimità, di ricreazione e animazione con cui si ama. Il Giubileo è un tempo nel quale, come dicevano gli antichi monaci, la persona è chiamata a vacare Deum, "fare ricreazione con Dio".

d - Il riscatto della terra

Da quando Israele ricevette la rivelazione che il tempo è di Dio, scoprì che anche la terra appartiene a Dio. La proprietà del tempo, come della terra, è ricevuta gratuitamente e condivisa. C'è una relazione profonda tra il sabato e la proprietà della terra. Se il sabato è il tempo del riposo della persona, di conseguenza è anche il riposo della terra. Evidentemente, in una società agricola, se la terra non riposasse, nemmeno i contadini riposerebbero. Ma il fondamento teologico per questa prescrizione è come abbiamo già visto, che la terra appartenga al Signore e debba riposare come Dio riposò nel settimo giorno.

La terra di Israele, che rappresenta e simboleggia tutta la terra abitata, è in questo senso una terra santa che non deve essere profanata. L'Esodo insegna che, di sabato, il proprietario non deve raccogliere i prodotti della terra perché “ne mangiano gli indigenti del tuo popolo e ciò che resterà sia divorato dalle bestie della campagna" (Es 23,11). Nel Levitico è scritto: “Nel settimo anno (...) non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal campo. Non vendemmierai l'uva della tua vigna che non avrai potato, sarà un anno di riposo completo per la terra" (Lv 25,5).

La motivazione non è solo quella di soccorrere gli esseri umani. È fondamentale che i poveri possano mangiare. Ma il testo sottolinea che la terra coltivata debba anche riposare. La dimensione sociale non è assente. Al contrario, si insiste continuamente: “Non opprimete il prossimo" (v. 17). L'ultima parte del capitolo contiene tutte le norme sulla liberazione degli schiavi e su come il popolo potrà avere cibo se dovrà passare un anno senza seminare e raccogliere. Lì si parla di “riscatto" della terra. E importante osservare come lo stesso linguaggio usato per il riscatto degli schiavi, o la punizione dei crimini sia usato   in relazione alla terra. Si riscatta la terra come se si trattasse di un vivente che sta soffrendo. In questo contesto il Levitico dice che la terra non può essere venduta sempre. Viene riscattata nell'anno sabbatico come venivano liberati gli schiavi. Oggi la sensibilità ecologica e olistica ci aiuta a capire meglio che la terra ha, in se stessa, dei diritti e merita di essere riscattata, liberata.

Potreste interrompermi con un argomento che metterebbe in discussione tutta questa conclusione: Nel capitolo 25 del Levitico, la parola "terra" (Eretz) si riferisce al suolo coltivato e alla terra dove si abita, ma nel senso esclusivo del paese, cioè Israele. Non ha niente a che vedere con la terra nel senso di pianeta odi universo, e nemmeno di qualsiasi altra terra.

Di fatto, in una lettura letterale del testo si tratta solo della terra di Israele. Sembra che solo questa sia di Dio e non possa essere venduta. Ma altri testi quasi immediatamente posteriori ampliarono questa concezione: "Al Signore appartiene la terra e tutto quello che essa contiene, il mondo e quelli che lo abitano" (Sal 24,1). “I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra, Lui l'ha donata ai figli degli uomini" (Sal 115,16).

In queste citazioni potete osservare l'ampliamento del concetto. La terra diventa tutta la terra. Personalmente, mi piace osservare che questa apertura appare di più nei testi dei Salmi. Attualmente, imparo ogni giorno di più facendo maggior attenzione al carattere universale della preghiera. I Salmi ci insegnano a pregare partendo dall'impegno per la giustizia e dalla comunione amorosa con la terra e l'universo. "Ho lodato il Signore per il cielo, (...) per la terra e per il popolo che gli è caro" (cfr Sal 148, 1.8.14). Ci ricordano che siamo proprietari della terra di Dio, siamo più vicini a Lui: "Dio salvi l'universo, dove abita Dio".

"Per amore di Sion, non tacerò
per amore di Gerusalemme non mi darò pace
finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada (…)
Nessuno ti chiamerà più abbandonata,
né la tua terra sarà più detta devastata.
Ma tu sarai chiamata mio compiacimento;
poiché il Signore si compiacerà di te
e la tua terra avrà uno sposo".

(Isaia 62,1.4)

Marcelo Barros

 

Letto 4961 volte Ultima modifica il Lunedì, 06 Maggio 2013 09:24
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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