Vita nello Spirito

Mercoledì, 10 Febbraio 2010 21:28

Maria immagine ideale della Chiesa e la spiritualità marista

Vota questo articolo
(5 Voti)

In base alla dottrina mariologica conciliare, le relazioni tra Maria e la Chiesa si possono compendiare dicendo che Maria è l’immagine della Chiesa. Ma l’idea di “immagine” o figura (lat. typus), riferita alla beata Vergine in rapporto alla Chiesa, si sviluppa e si attua secondo due linee essenziali.

Maria immagine ideale della Chiesa
e la spiritualità marista

 

In base alla dottrina mariologica conciliare, le relazioni tra Maria e la Chiesa si possono compendiare dicendo che Maria è l’immagine della Chiesa. Ma l’idea di “immagine” o figura (lat. typus), riferita alla beata Vergine in rapporto alla Chiesa, si sviluppa e si attua secondo due linee essenziali, della maternità e della esemplarità: 1) secondo la linea della maternità, Maria è “madre” della Chiesa; 2) secondo la linea dell’esemplarità, Maria è “modello” della Chiesa .

1. Maria “madre della Chiesa”

a) Origine del titolo

Questo titolo è stato molto discusso in sede di Concilio, per il timore di attribuire alla Madonna un posto che la situerebbe fuori e al di sopra della Chiesa, mentre anche lei è una creatura umana redenta. Inoltre con questo titolo si darebbe a Maria una funzione che è soltanto di Cristo, unico “padre” della Chiesa, come fondatore, capo e vita di essa.

Coloro che erano favorevoli al titolo di “Madre della Chiesa” fecero osservare che, come il titolo di Madre di Dio non implica una maternità a riguardo della divinità, ma solo a riguardo dell’umanità assunta del Figlio di Dio (titolo, del resto, necessario per esprimere la vera portata della maternità di Maria); così il titolo di “Madre della Chiesa” vuole soltanto enunziare l’ampiezza della funzione di Maria nella formazione e nello sviluppo della Chiesa.

Si noti però che soltanto il titolo fu oggetto di discussione e venne accantonato da parte del Concilio, ma la dottrina della maternità “ecclesiale” della Madonna è fuori discussione, perché ha un fondamento teologico indiscusso, ossia la divina maternità di Maria, il fatto cioè di essere madre di Colui che ha unito a sé, come Capo, il suo Corpo mistico, che è la Chiesa. In altre parole, essendo madre del capo (Cristo), è anche madre dei suoi membri (Chiesa).

Comunque, quella proclamazione che il Concilio ritenne opportuno di non fare, fu compiuta dal papa Paolo VI in persona durante lo stesso Concilio. Nel discorso di chiusura del 3° periodo dei lavori conciliari, nella medesima sessione pubblica in cui fu approvata e promulgata la costituzione Lumen gentium (21 nov. 1964), egli tributò solennemente a Maria santissima il titolo di “Madre della Chiesa”, cioè come - spiegò lui stesso - “di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli quanto dei pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e aggiunse vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi venga ancor più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano”.

b) Significato del titolo

Quale significato ha questa maternità di Maria in rapporto alla Chiesa?

Per quanto riguarda il passato importa una cooperazione materna, da parte di Maria, alla nascita della Chiesa, cooperazione all’atto dell’incarnazione, alla missione salvifica di Gesù e più particolarmente al sacrificio redentore di Lui.

A questo proposito il Concilio è molto esplicito: “Col concepire Cristo. generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente sulla croce, ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la presenza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre nell’ordine della grazia” (LG 61)

Per tutta la durata della Chiesa, poi, la maternità di Maria significa una premura materna di lei con un concorso speciale nella diffusione della grazia sino alla fine del mondo.

Dice ancora il Concilio; “Questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste (…) fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti (…) con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna” (LG 62)

2. Maria modello della Chiesa

Dato lo stretto rapporto di Maria con la Chiesa in qualità di madre, ne segue che ella “rifulge come il modello delle virtù davanti a tutta la comunità degli eletti” (LG 65) I figli devono imitare le virtù della loro madre!

Quali virtù? “La madre di Dio è la figura (typus) della Chiesa nell’ordine della fede della carità e della perfetta unione con Cristo” (LG 63). Perciò - conclude il Concilio - la Chiesa “diventa più simile al suo alto modello (typus), progredendo continuamente nella fede, nella speranza e nella carità e in ogni cosa cercando e seguendo la divina volontà” (LG 65)

Ci soffermiamo su questi tre atteggiamenti essenziali, che rivestono un’importanza primordiale per il rinnovamento del culto mariano . E’ necessario per ogni uomo o donna, che vuole - come deve - progredire in queste tre virtù teologali avere lo sguardo fisso su Maria modello di fede, di speranza e di carità.

Rivolgiamoci allora ad esaminare singolarmente le tre virtù di cui Maria è modello.

a) Maria pioniera della fede

La fede di Maria viene messa in rilievo da Elisabetta nel Vangelo di Luca: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45).

Ammirando le grandezze e i privilegi della Madre di Dio nella devozione mariana, si è fatto meno attenzione all’atto di fede che è all’origine della sua maternità. Si è badato più all’eccellenza e gratuità dei doni divini ricevuti dall’alto che al merito e alla cooperazione personale e libera di colei che ha creduto: “Per la sua fede e la sua obbedienza ella generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre” (LG 63).

Soprattutto non è stato sufficientemente messo in luce in Maria lo sforzo di una fede sviluppatasi nell’oscurità. Il Concilio parla di un “pellegrinaggio nella fede” compiuto da Maria: “Anche la beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede (in pellegrinatione fidei processit) e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce” (LG 58).

Scrive in proposito P. Colin, fondatore della Società di Maria che i maristi debbono considerarsi come stranieri e pellegrini sulla terra, dobbiamo cioè essere, secondo l’indicazione della lettera agli Ebrei, come gli antichi patriarchi del Vecchio Testamento la cui vita fu determinata dalla fede che dimostrarono, considerandosi sulla terra come ospiti e pellegrini e trovando la loro patria in Dio al quale appartenevano per la loro fede.

Pellegrinaggio della fede dunque.

Il pellegrinaggio dice una marcia che conosce i rischi e gli ostacoli abituali della fede cristiana. Infatti Maria ha creduto quando all’annunzio dell’angelo ha aderito col suo “fiat” alla volontà del Signore. Ha creduto quando ha visto il figlio soggetto alla comune condizione umana di bambino ordinario. Non le sono state risparmiate le prove della fede neppure a Cana, ma soprattutto sul Calvario. Il suo atteggiamento ai piedi della croce - rimase ritta (stabat), dice l’evangelista Giovanni (19, 25) - manifesta la fermezza vittoriosa della sua fede.

Questa fede di Maria ha aperto il cammino alla nostra e ci fa comprendere in che cosa consista la fede autentica. E’ quindi normale che anche la nostra fede di Maristi cammini nell’oscurità, affinché si maturi in mezzo alle lotte e avversità, con uno sforzo incessante di approfondimento. Essa, come in Maria, deve progredire con la nostra vita nell’esplorazione sempre più profonda del mistero di Cristo, né mai adagiarsi in uno stato di passività.

b) Maria nel movimento della speranza

Anche questa virtù non sembra sia stata messa molto in risalto nella pietà mariana. Si è visto in Maria più la Vergine gloriosa assunta in cielo che la sua fiduciosa attesa, vivendo una vita umile e nascosta.

Pensiamo all’attesa fiduciosa della sua maternità straordinaria che la mise in una delicata posizione di fronte a Giuseppe; e attese nel silenzio la soluzione di questo mistero.

La sua speranza nella redenzione non è soltanto attesa di un bene futuro (speranza ebraica) , ma anche consapevolezza di possedere già ciò che attende.

La sua speranza non crolla pur in mezzo a difficoltà innumerevoli; affrontate sempre con abbandono totale in Dio nascita del figlio, fuga in Egitto, umile vita a Nazareth, ostilità dei nemici di Gesù nella sua vita pubblica, distacco dello stesso Gesù soprattutto nella passione e morte di lui.

Nel suo dolorosissimo martirio, pur vedendosi sfuggire, umanamente parlando, tutto ciò che le sembrava sicuro, la sua speranza si è elevata sopra la morte.

Sperimentando le prove della fede e della speranza, Maria è particolarmente vicina alle nostre vicende umane, è nella condizione migliore per essere invocata da coloro che si trovano nella stessa situazione.

In un’epoca come la nostra, che mina la speranza a causa di tanti sconvolgimenti che la travagliano, si ha particolarmente bisogno di vedere in essi una trasformazione essenziale dell’umanità, come un passaggio dalla morte alla risurrezione: passaggio che è stato pienamente vissuto da Maria nella speranza.

Tutta la vita della Chiesa e dei cristiani è passata e passa attraverso svariate prove.

c) Aspetti suggestivi della carità di Maria

Anche questi aspetti meritano di essere posti in luce, perché corrispondono ad alcune esigenze e orientamenti attuali della carità cristiana.

Tra l’annunciazione e la visitazione è evidente il legame che unisce l’adesione di Maria a Cristo e l’amore per gli altri. Proprio nella successione cronologica dei due episodi l’evangelista Luca (1, 26 - 56) mostra che il privilegio accordato a Maria nella sua maternità non la autorizza a rinchiudersi in se stessa, ma, al contrario, richiede che lo condivida con gli altri, comunicando la sua felicità ai vicini e ai lontani.

L’autenticità della presenza divina in lei si manifesta nella forza della sua carità. Infatti a Cana ha particolare attenzione verso gli sposi a cui provvede. Nel Cenacolo, in attesa della venuta dello Spirito Santo, essa è lì presente come membro della piccola comunità, e assiste la Chiesa nascente in una funzione umile e discreta. Certo il mandato avuto dal Figlio morente sulla Chiesa nella persona del discepolo Giovanni, Maria deve averlo esercitato, con immensa carità di madre, in mezzo ai primi cristiani di Gerusalemme.

Conclusione

1) Alla luce della dottrina sopra brevemente richiamata si capisce quali siano i criteri di un sano rinnovamento del culto mariano. “I fedeli si ricordino che la vera devozione (alla Madonna) non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la madre nostra e all’imitazione delle sue virtù” (LG 67).

2) Poiché “Maria umile serva del Signore, è tutta relativa a Dio e a Cristo, unico Mediatore e Redentore nostro” (Paolo VI), le varie forme di devozione verso la Madre di Dio, approvate dalla Chiesa, “fanno sì che, mentre è onorata la madre, il Figlio (....) sia debitamente conosciuto, amato, glorificato, e siano osservati i suoi comandamenti” (LG 66)

3) Benché il Concilio non abbia escluso, tra i titoli mariani, quello di “mediatrice”, anzi ne abbia difeso la legittimità purché sia ben inteso (cfr LG 66) tuttavia, come abbiamo visto, ha privilegiato il titolo di “immagine” o figura della Chiesa, che comprende i concetti di “madre” e di “modello”: madre nell’ordine della grazia, modello nell’ordine delle virtù, specialmente teologali.

A questo proposito è da notare che la generazione moderna preferisce vedere la maternità di Maria come una collaborazione della Madonna, in quanto modello e immagine del Cristo, all’opera della salvezza dei fedeli, anziché come una distribuzione di grazie. L’idea di collaborazione è più conforme alla mentalità moderna, secondo cui i genitori diventano gli amici dei loro figli al momento in cui raggiungono la età dell’adolescenza.

E’ certamente un’immagine diversa da quella del “paternalismo” e “maternalismo”, che ricorda l’autoritarismo patriarcale o matriarcale del tempo passato. Si evita così anche un infantilismo devozionale dei cristiani verso Maria, favorito da una certa iconografia sacra mariana che presenta la Madre di Gesù col figlio in grembo.

La tenera infanzia di Gesù non è stata, in fondo, che un periodo assai breve della vita materna di Maria. Per un tempo più lungo, invece, ella ha vissuto a Nazareth accanto a Gesù adolescente e giovane, e allora la sua relazione col figlio era già diversa, come appare nell’episodio di Gesù tra i dottori del tempio (Lc 2 41-50) .

Dunque, tra le varie immagini della maternità di Maria non dev’essere trascurata quella di una madre amica dei figli diventati adulti.

4) Infine bisogna sottolineare il valore comunitario della maternità di Maria, in quanto ella non solo è madre dei singoli fedeli, ma anche madre della comunità dei credenti e, di conseguenza, madre dell’unità, in un’epoca in cui la ricerca dell’unità dei cristiani e degli uomini si afferma con maggiore vigore.

Perciò il Concilio esorta tutti i fedeli a “effondere insistenti preghiere alla Madre di Dio e madre degli uomini, perché (...) interceda presso il Figlio suo, finchè tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore) nella pace e nella concordia siano felicemente riuniti in un solo Popolo di Dio” (LG 69).

Letto 8548 volte Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2012 13:55
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search