Cappuccino e filosofia. Questo è il menu al caffè des Phares,ogni domenica mattina alle 11, in piazza della Bastille a Parigi. Oggi il caffè filosofico, inventato da Marc Sauret nel 1992, è affollato, l’atmosfera distesa. Nel menu: “Cercare la misura o la dismisura?”, tema scelto dall’animatore Daniel Ramirez fra una dozzina di proposte. E parte per due ore di discussione. “È un mezzo per riflettere sulla propria vita, per approfondire trovando luci sulla ragion d’essere”, si entusiasma Linda, da poco in pensione, che frequenta il caffè da quattordici anni. ”In sei anni di pratica, la mia soglia di tolleranza si è elevata”, aggiunge Laurent, impegnato nel settore della sanità, al quale questa esperienza ha consentito di ritrovare un umanesimo assente dai suoi studi superiori scientifici: “Infatti mi ha allontanato dall’ateismo avvicinandomi al Dio di Spinosa, concepito come un principio immanente. Non sono diventato religioso, ma comprendo meglio il comportamento dei credenti che finora mi era estraneo”.
Derisa all’inizio, l’intuizione di Marc Sautet (morto nel 1998) ha prodotto degli imitatori: esistono oggi più di un centinaio di cafès philo in Francia e l’iniziativa è stata ripresa un po’ dappertutto nel mondo, con lo stesso filo conduttore: discutere in gruppo su argomenti filosofici ed esistenziali, che spesso sfociano in spiritualità in senso largo: da dove veniamo, dove andiamo… La fioritura di questi caffè, spesso trasformati in pranzi o cinema filosofici, è il sintomo della crescente popolarità della filosofia: questa infatti conosce, dalla metà degli anni ’90, un movimento incontestabile di popolarizzazione. Su Internet, la parola, da qualunque motore di ricerca, dà una cascata vertiginosa di risposte. Nel campo editoriale, il successo fenomenale del norvegese Jostein Gaarder con le monde de Sophie (1995) e il suo milione di copie vendute in Francia, è stato il preludio di altri libri di sapienza che sono stati altrettanti
bestseller: il Petit traité des grandes vertus di André Compte-Sponville (1996), Amour, Poésie, Sagesse di Edgar Morin (1997), l’Homme-Dieu ou le sens de la vie di Luc Ferry (1998). Uscito nel febbraio 2006, Apprendre à vivre, traité de philosophie pour les jeunes générations dello stesso autore è stato venduto in 220.000 copie in sei mesi… e ha ormai la sua versione audio. I più giovani non rimangono indietro: la collezione dei “Goûters Philo”, creata dalle edizioni Milan, si vanta di un milione di copie per 25 titoli tradotti in 16 lingue.
Offrire chiavi di comprensione
La sapienza filosofica si declina in mille altre maniere: nelle riviste illustrate – uno dei successi più grossi del settimanale Le Point è stato il suo numero fuori serie dedicato , nel 2005, al pensiero antico; all’Università popolare fondata a Caen, nel 2002, dal filosofo Michel Onfray (e che ha provocato degli imitatori ad Arras, a Narbonne e a Lyon); nelle conferenze che attirano un pubblico sempre più vasto. Tanta voglia di filosofia ha fatto nascere persino, nel 2006, una rivista bimestrale, Philosophie Magazine, che ha l’ambizione di trasmettere un sapere trattando le grandi questioni che agitano il mondo, e che ottiene un successo incoraggiante con una diffusione media di 40.000 copie.
Perché si acutizza questa voglia? “La filosofia appare come una specie di sapienza laica capace di offrire delle chiavi per rispondere alle domande esistenziali che si pongono all’individualismo contemporaneo: come vivere bene? Che fare della propria esistenza?”, pensa Roger-Pol Droit, del quale le 101 espériences de philosophie quotidienne sono state tradotte in più di venti lingue, dal finlandese al cinese passando per l’inglese.”Noi siamo i figli di Atene e di Gerusalemme”, - ricorda Günter Gorham, operatore durante il giorno in ospedale psichiatrico, responsabile nei café philo - Per il cristianesimo il Verbo si è fatto carne. Oggi è la carne che aspira a farsi verbo”.
Un bisogno di riti e di simboli
Far lavorare lo spirito, sviluppare la propria “spiritualità” nel senso letterale del termine: è anche quel che propone la massoneria. Antonio, 39 anni, iniziato da poco, non teme, per definire il suo nuovo impegno ,di utilizzare i termini di “etico” o “esistenziale”. Ammette di essere diventato massone per “confrontarsi con gli altri sulle grandi questioni che animano gli uomini da sempre, la vita, la morte, il senso dell’esistenza”. Poiché non è credente, Antonio ha logicamente optato per la più laica delle obbedienze massoniche, il Grande Oriente di Francia, che, con i suoi 47.000 membri e il migliaio di logge, ritiene di essere uno dei pilastri della Repubblica e dei suoi valori, a cominciare dalla sacrosanta laicità. Sarà questa tutta la spiritualità di tale organizzazione fondata nel 1773? “Tutto dipende da quel che si intende con questo termine, come d’altronde da quelli di religione, sacro, iniziazione, essoterismo e… persino laicità”, spiega Pierre Collier, bibliotecario del Grande Oriente. “ Ma è sicuro che la richiesta di un lavoro sui simboli, di un’attenzione ai rituali, di una problematica filosofica e, direi, metafisica, si afferma da una ventina d’anni nelle nostre logge”.
In mancanza di dati sociologici sulle motivazioni dei massoni principianti o confermati, alcuni indizi dimostrano l’attenzione crescente al patrimonio spirituale dell’ordine, non fosse altro che nei suoi cenacoli più “umanisti”. Il Grande Oriente assume chiaramente la sua dimensione “iniziatica”, cosa che non andava certo da sé solo venticinque anni fa. In occasione di una recente serata solenne il gran maestro Jean-Michel Quillardet ha trattato della simbolica della luce, esercizio assolutamente improbabile un tempo. E il Supremo Consiglio del rito Scozzese Antico Accettato, che riunisce i massoni degli alti gradi, dedica colloqui e pubblicazioni alla “spiritualità”, temasi un grande incontro a Lille il 18 novembre.
“Di fronte allo scatenarsi del materialismo, auspico l’avvento di un XXI° secolo spirituale, cioè dominato dallo spirito. Riflettere a questa nuova spiritualità è una necessità urgente: per colmare il vuoto lasciato dalla fine dei grandi racconti fondatori, ideologie e utopie; per umanizzare finalmente una umanità che è arrivata a mettere il suo mondo in pericolo di morte.Questa è una delle vocazioni storiche della massoneria.”, dichiara il leader intellettuale degli “spiritualisti” del Grande Oriente, Bruno Étienne, in un saggio collettivo, Pour retrouver la parole: le retour des Frères (La Table Ronde, 2006) pubblicato sotto la direzione dell’ex grande maestro Alain Bauer. E ci ricorda: “La massoneria è prima di tutto un ordine iniziatico tradizionale fondato su miti e riti che utilizzano dei simboli, ossia un sistema di segni e di messaggi che condensano forti connotazioni conoscitive ed emozionali in vista della liberazione dell’Uomo mediante l’iniziazione.”
Spiritualità senza Dio? Sarà… “Da noi il rapporto col divino è complesso, confessa Pierre Collier. Tanto che alcuni, che in partenza erano agnostici, finiscono negli anni con l’incontrare l’Eterno, mentre altri fanno la strada inversa, e trovano un ambiente per una ricerca libera da ogni legame con una rivelazione.”
Dal corpo alla psiche
E poi vi sono quelli, sempre più numerosi, che scelgono di solleticare lo spirito facendo lavorare il loro corpo, con pratiche psico-corporali importate dall’Oriente dopo la seconda Guerra mondiale: in un primo momento sono state sentite come pratiche sportive e dopo alcuni anni sono ritornate al loro spirito originale, di discipline sottese da una filosofia assai viva. I loro nomi sono (quasi) entrati nel linguaggio corrente degli Occidentali: Judo, aikido o kendo dal Giappone, Kung-fu, tai chi, shuai jiao dalla Cina, viet vo dao dalla Corea.
“Ci si interessa per fare sport, si persevera perché vi si trova qualche cosa d’altro”, riassume Hugues Dariaz, presidente della federazione francese di Wushu (arti energetiche e marziali cinesi) ritenendo che è la pratica della disciplina che porta a interrogarsi sulla filosofia che la sottende. Lui stesso pratica da ventidue anni il tai chi che qualifica come “un modo di essere e di comprendere le cose, un interrogativo perenne, insomma una manierati fondo di praticare una religione che non passa per un apparato” Impregnata di taoismo, di cui riprende i principi fondamentali. Del yin e yang, questa disciplina, che evoca a un tempo una danza e una lotta al rallentatore, dovrebbe essere stata inventata da un monaco che osservava la lotta fra un uccello e un serpente.
Probabilmente è l’aikido che porta al parossismo questa filosofia. Sviluppatasi in Giappone negli anni ’30, questa “sintesi di tutte le arti marziali praticate da secoli dai samurai”, il cui nome significa “via dell’armonia con le leggi della natura e con tutti gli esseri” è arrivata in Occidente nel1960. “È una filosofia di vita pragmatica” spiega Alain Floquet, direttore tecnico della Federazione internazionale di aikibudo, uno dei derivati dell’aikido. Strano sport di lotta in cui non vi è competizione: “L’altro non è un avversario, è un partenaire con il quale, e grazie al quale si progredisce, continua Alain Floquet, un’arte di superamento di sé nella pratica marziale. Io vi trovo il modo di esprimere la mia spiritualità, nelle energie che circolano, il piacere della condivisione, la comunione umana con gli altri. Lo vivo come una religione, ma senza la paura del peccato o la speranza di una redenzione”, aggiunge Daniel, 45 anni, di cui 31 di pratica di aikibudo. Tuttavia la pratica psico-corporale più integrata in Occidente rimane lo yoga, sapienza indiana e disciplina di trasformazione di sé, attraverso posture corporali, il controllo del respiro e l’apprendimento della concentrazione. Patrick Tomatis, segretario generale della Federazione nazionale degli insegnanti di yoga, parla di varie centinaia di migliaia di praticanti nellasoal Francia. Lise, 61 anni, yogi da più di venti, si dedica in parallelo, come molti veri xxx, a esercizi di meditazione. “Per me – dice – si tratta di un procedimento unico: lo yoga in sé è una meditazione del corpo. Mi fa piacere fisicamente e psicologicamente e mi permettevi affrontare qualche cosa di più fondamentale”. Agnostica di educazione luterana, confessa di essere “rimasta impermeabile agli insegnamenti religiosi sia cristiani che indù”, prima di volgersi verso il buddismo che sente come “una manierati pensare” attraverso la realizzazione di una esperienza individuale.
Una ricerca di armonia
Il buddismo, spiritualità senza Dio, conosce infatti un notevole successo in Occidente.Un successo che si manifesta nella moltiplicazione dei centri di meditazione dove si viene a xxxx per un’ora o una settimana, senza necessariamente fare il passo della conversione… e neppure quello della fede. Chantal, 53 anni e una pratica assidua delle meditazioni in un centro buddista dell’Isle-de-France, spiega il suo impegno con “una ricerca di armonia”.
Espressione che si ascolta spesso dai “praticanti” della filosofia, delle arti marziali o della massoneria. Sarà questo il fondamento di questa spiritualità laica che fa correre gli Occidentali?
(in Le monde des religions, n. 20)