Spiritualità Marista
di Padre Franco Gioannetti
Quarantesima parte
La comunione (2)
Tra questi elementi, meriterebbero un’attenzione speciale il carattere “familiare” della Società e di ogni singola comunità: di qui il particolare rilievo che assume l’esercizio della paternità spirituale del superiore sui compiti strettamente amministrativi; il tema della “amicizia” che gli esegeti ci dicono presente nell’ideale di “koinonia” della Chiesa apostolica (Cfr. J. Dupont, La comunità dei beni nei primi tempi della Chiesa, in Studi sugli Atti degli apostoli, trad. it., Roma 1971, pp. 861-889.); la funzione dell’autorità come “servizio di unità”.
Il P. Colin si distacca dalla concezione corrente dell’obbedienza, per vedere in essa la fonte della koinonia fraterna:
“Quae virus (= oboedientia) facit abitare fratres in unum”. (Constit.,cap. III, art. II, n. 123, p. 43.)
Con la citazione esplicita di Sal. 133, 1 il P. Colin ha davanti l’ideale agostiniano di vita religiosa. ( Antiquiores textus, VI, p. 143.)
Per realizzare una comunione profonda di ideale e di intenti è prevista l’apertura d’animo e di dialogo confidenziale con i superiori (Constit., cap. V, art. III, pp. 71 ss.).
Altra caratteristica delle Constit. mariste è che lo zelo per il progresso spirituale e la responsabilità delle persone non devono essere esercitati solo dai superiori nei confronti dei sudditi: anche il corpo della fraternità deve prendersi cura dei superiori, e in particolare del Generale:
“Non solum est Superiorem Generalem de omnibus esse sollicitum, ... sed etiam, tam ad majorem membrorum cum suo capite unionem et caritatem, quam ad optimam Societatis gubernationem, necesse est Societatem, ex sua parte, de suo Superiore tamquam patre esse sollicitam” (Ibid., cap. VIII, art. IV, n. 337, p. 119).
Al P. Colin stava molto a cuore che al Congregazione vivesse in intima comunione con i pastori della Chiesa locale (vescovi, parroci). Egli pensava chela comunione con la gerarchia ecclesiastica dovesse essere un tratto distintivo della Società.