Il ritorno a Dio
nell'insegnamento monastico
di San Bernardo
di Sr Maria Pia Schindele o. cist.
La regola di San Benedetto inizia con l'invito, di « ritornare a Dio con la fatica dell'obbedienza, dal quale ci siamo allontanati per la pigrizia della disobbedienza» (RB Prol. 2).
Il pensiero di San Bernardo, nell'insegnamento della vita monastica, è improntato sul ritorno a Dio. Nei suoi scritti troviamo la consapevolezza che Dio ha creato l’uomo «a sua immagine e somiglianza» (Gen 1,26). Mediante la similitudo - ossia la somiglianza con Lui - dovremmo essere compartecipi della sua vita divina. La disobbedienza a Dio però ci allontanò dalla regio similitudinis e ci portò verso la dissimilitudinis cioè verso «la regione della dissomiglianza», di modo che noi soltanto attraverso l'obbedienza al piano salvifico di Dio possiamo ritornare a Lui.
Tra gli antichi testi dei Padri della Chiesa, che hanno ispirato in lui questi pensieri, potrebbero essere state le Confessioni di Sant'Agostino che dice: «Mi scoprii lontano da Te in una regione dissimile». (1)
Bernardo sviluppa il tema del ritorno a Dio soprattutto nel trattato intitolato «La grazia e il libero arbitrio» e in alcuni degli ultimi sermoni sul Commento al Cantico dei Cantici. Questo tema è ricorrente anche negli altri suoi scritti e sermoni.
1) Ritorno a Dio nel trattato "De Gratia et libero arbitrio"
Nell’analisi sul concetto della grazia e del libero arbitrio, Bernardo sviluppa il ritorno dell'anima a Dio nella regione della similitudine. Espone la nozione che, per il libero arbitrio che Dio ci ha elargito, siamo sempre immagine di Dio, imago Dei, e lo resteremo malgrado le nostre errate decisioni che facciamo con la disobbedienza, perché l'immagine di Dio è indistruttibile; mentre alla somiglianza con Dio, similitudo, arriviamo solo se ci lasciamo trasformare dall'obbedienza ai suoi comandamenti. Questo lasciarsi trasformare rinnova le forze dell'anima e, attraverso la rectitudo, la rettitudine dei nostri sentimenti e del nostro comportamento indirizza tutto il nostro essere verso Dio.
a) Il nostro ritorno nella regione della somiglianza
Bernardo nel suo trattato chiama Gesù Cristo «la Divina Sapienza» che vuole ricondurci a Dio. Descrive questo ritorno a Dio paragonando la Divina Sapienza alla donna del Vangelo che cerca la dracma perduta (Lc 15,8). Così il Figlio dell'Uomo cerca in noi l'immagine di Dio sfigurata fino alla irriconoscibilità dal nostro peccato di disobbedienza. Bernardo spiega a proposito che questa immagine è il nostro indistruttibile libero arbitrio, con il quale possiamo obbedire oppure disobbedire a Dio. Alla somiglianza con Dio l'uomo è riportato attraverso l'obbedienza al Verbo Incarnato.
Bernardo dice:
«Se quella donna del Vangelo non accendesse la lampada, cioè se la Sapienza Incarnata, non mettesse sottosopra la casa, ovviamente quella dei vizi, e non cercasse la sua dracma (l'uomo) che aveva perduto, la sua immagine, questa che, privata della nativa bellezza e tutta brutta sotto la pelle sporca del peccato, era nascosta come nella polvere, egli trovatala la pulisce e l’innalza dal luogo della dissomiglianza, e la reintegra nel primitivo aspetto, la rende simile a Sé nella gloria dei santi, anzi un giorno la renderà in tutto conforme a Se stesso, come dice la Scrittura: «Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è» (1Gv 3,2)». (2)
b) Il nostro rinnovamento per mezzo di Gesù Cristo
Bernardo afferma che il nostro ritorno a Dio prevede, che veniamo «trasformati» secondo l'ideale di Gesù Cristo e lo indica quale «forma» (3)- modello - corrispondente al suo essere divino, al quale dobbiamo conformarci. Se viviamo secondo il suo ideale, saremo da Lui trasformati, gli assomiglieremo e sperimenteremo la Sua vita in noi.
Riguardo al rinnovamento della nostra volontà secondo l'ideale del Signore Bernardo scrive:
«Venne perciò la stessa, forma, cui si doveva conformare il libero arbitrio: infatti per recuperare la forma primitiva, l'uomo doveva essere riformato da quella forma in base alla quale era stato anche formato». (4)
Questo concetto viene riproposto anche da un'altra angolatura, per ribadire il fondamentale significato salvifico a tutta la comunità ecclesiale avente necessità di redenzione, Bernardo dice, «Colui che era deforme ha dovuto essere formato di nuovo per mezzo della forma, Cristo Gesù; le membra non possono essere condotte a compimento se non con il capo». (5)
c) Il rinnovamento delle nostre forze d'animo
pensiero, attraverso il quale cominciamo a riconoscere do che è buono e quindi ciò che corrisponde alla volontà di Dio. Dal consensus voluntatis - dal consenso della nostra volontà - dipende l'ulteriore aiuto di Dio, che elimina la nostra incapacità di fare il bene. Dandoci la gioia per il bene, ci dà la forza di fare il bene. Così Dio ci rende idonei alla «libertà dal peccato», e ci conduce alla «libertà dalla miseria»; quindi alla somiglianza con Lui e alla compartecipazione della sua gloria divina. (6)Come altri scrittori ecclesiastici prima e contemporanei del suo tempo, Bernardo distingue le forze d'animo dell'uomo in memoria, ratio e voluntas. La memoria è la capacità data a noi di sperimentare Dio e di entrare in contatto con Lui. È in certo qual modo il nostro «ricordo» o «memoria» di Dio e quindi viene qualche volta anche chiamato recordatio.
La ragione con la quale possiamo «riconoscere» o «ravvisare» il bene viene chiamata ratio oppure sensus. Qualche volta questa parola è indicata con intentio, perché noi formiamo con la ragione la nostra «intenzione», che viene indicata anche come «modo di pensare» o «desiderio».
Siccome il nostro volere - voluntas - è accompagnato dai nostri sentimenti e dal nostro amore, troviamo per esso nei testi aventi per oggetto il nostro «rinnovamento» le parole voluntas, affectio oppure amor.
Quando Bernardo definisce il rinnova-mento interiore dell'uomo dice che consiste in tre disposizioni dell'anima: proposito retto - rettitudine intentionis -, sentimento puro -, puritate affectionis - e ricordo del bene operare - recordatione bonae operationis - grazie al quale la memoria risplende per la consapevolezza della sua buona coscienza. (7)
Nel trattato sulla grazia e il libero arbitrio Bernardo menziona il «proposito incurvato dalle preoccupazioni terrene», (8)che si può trovare nell'uomo e che deve essere sollevato con la rettitudo intentionis - «la rettitudine dell'intenzione». In questo contesto è da considerare, quello che egli dice nel XXIV Sermone sul Cantico dei Cantici sul confronto tra l'homo rectus - l'«uomo retto» - e l’homo curvatus - l'«uomo gobbo», quando scrive: cose terrene, è una gobba dell'anima e, al contrario, meditare e desiderare le cose di lassù, è rettitudine». (9)
Riguardo a tutti gli sforzi, che noi intraprendiamo in questo desiderio rivolto verso l'alto, Bernardo spiega nel trattato «La grazia e il libero arbitrio», che attraverso essi «il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno» (2 Cor 4, 16). E continua:
«Poiché il proposito, incurvato dalle preoccupazioni terrene, a poco a poco dal basso risorge verso l'alto: e il sentimento, che langue per i desideri della carne, gradatamente s’irrobustisce all'amore dello spirito, e la memoria, ch’è macchiata dalla bruttura delle vecchie opere, resa candida dalle nuove e buone azioni di giorno in giorno gioisce di più. Infatti il rinnovamento interiore consiste in queste tre disposizioni: proposito retto, sentimento puro, ricordo del bene operare grazie al quale la memoria rifulge ben consapevole di sé». (10)
d) Significato della rectitudo
Riguardo al nostro rinnovamento interiore è importante la rectitudo - la «retta intenzione» - del nostro modo di pensare e di agire, perché se la nostra volontà è interamente indirizzata a Dio, è ordinata.
Bernardo descrive la volontà ordinata, ad lineam rectitudinis, - la norma del retto agire-, con la risposta negativa di Gesù a quei discepoli che lo pregavano di avere posti d'onore nel suo regno, dice Bernardo: «Fu loro insegnato a ricondurre la volontà distorta sulla retta linea, quando udirono: "Potete bere il calice, che io berrò?» (Mt 20,22)». (11)
Secondo S. Bernardo sono pochi gli uomini spirituali che posseggono la piena libertà di ragionare, che li porti sempre al retto agire, per questo dice:
regno!” (Mt 6, 10). Questo regno non si realizzerà compiutamente neppure in loro, fino al momento in cui non solo il peccato non regnerà nel loro corpo mortale, ma non ci sarà più assolutamente, ne potrà esserci, nel corpo ormai immortale». (12)2) Il ritorno a Dio nei Sermones super Cantica Canticorum
Negli ultimi sermoni sul commento al Cantico dei Cantici, che S. Bernardo ci regalò poco prima della sua morte, egli non si riferisce più alla somiglianza con Dio «persa» a causa del peccato, ma a quella «sovrapposta» dal peccato. Bisogna scoprire questa somiglianza con Dio evitando il peccato e abbandonando tutto quello che ci impedisce di essere uniti completamente a Dio.
a) Alla nostra "grandezza" manca l'orientamento lineare verso il Signore
Nel suo 80° sermone sul Cantico dei Cantici, Bernardo insegna che la nostra somiglianza con Dio donataci al momento della creazione consiste nella semplicità, nell'immortalità e nella libertà. In questi tre doni di Dio egli riconosce la magnitudo, cioè la «grandezza» dataci, che non possiamo perdere. Ma neanche la possiamo sviluppare finché non abbiamo ottenuta la rectitudo, ossia il nostro «orientamento lineare» versoil Signore. (13)
b) Il ritorno a Dio è ritorno a noi stessi
Nel sermone 82 sul Cantico dei Cantici, Bernardo spiega la «somiglianza con Dio» come la forma nativa, cioè la «figura nativa dell'anima». Pero, in noi, rimane senza effetto, perché è coperta ed oscurata dalla nostra forma peregrina, la «forma estranea del peccato», Bernardo afferma:
«Quello che la Scrittura dice della dissomiglianza avvenuta, non lo dice perché la somiglianza sia stata distrutta, ma perché è sopravvenuta la dissomiglianza.
L'anima non si sveste della sua forma nativa, ma ne riveste una estranea, la quale viene aggiunta senza che la prima sia perduta; e quella che sopravviene ha potuto oscurare quella innata, ma non distruggerla». (14)
Secondo l'esperienza di Bernardo il nostro ritorno a Dio è anche un ritorno a noi stessi e dimostra che non possiamo essere «simili a noi stessi», cioè essere veramente «noi stessi», prima che tutto il nostro essere non si sia rinnovato in Dio: «Quindi l’anima non è più simile a Dio, non è più simile a se stessa». (15) Il mistico tedesco Meister Eckhart, vissuto nel 13° secolo, cita spesso questo passo con la breve formula:«Allontanato Dio, ti sei anche allontanato da te stesso».
c) Riscoprire la somiglianza con Dio attraverso la purezza del cuore
Bernardo poi confronta la somiglianza con Dio all'oro, diventato scuro per una sovrapposizione di impurità, così l’anima per il peccato è diventata irriconoscibile. Secondo la sua consuetudine, fa riferimento sia a un passo del Nuovo che dell'Antico Testamento: «Si è ottenebrata la loro mente ottusa», dice l’apostolo (Rm 1, 21) e il Profeta: «Ah! come si è annerito l’oro, si è alterato l'oro migliore» (Lam 4,1). Bernardo dice che l'autoredi queste lamentazioni
distrutto il fondamento del colore. Resta nel fondamento la costante semplicità, ma non apparisce, coperta come è dalla doppiezza dell'umano inganno, dalla simulazione, dalla ipocrisia». (16)Per Bernardo nostro tendere alla compartecipazione della vita divina, vuol dire eliminare e abbandonare tutto quello che ci separa dalla nostra somiglianza con Dio. La nostra ascesi consiste nel «lasciare la sovrapposizione: doppiezza, simulazione, ipocrisia» ed ascoltare il nostro intimo per sapere quale è la volontà di Dio riguardo a nostro comportamento e alle nostre azioni. Se noi accogliamo questa volontà divina, Dio elimina ogni dissidio in noi e ci dona la - simplicitas cordis - la «semplicità o purezza di cuore». Essa è indicata nelVangelo di Matteo, dove Gesùdice: 'Se il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce» (Mt 6, 22).
si purifica l'anima dal peccato e da tutti i «depositi» che coprono e oscurano la nostra somiglianza con Dio. Ci accorgiamo allora che il «togliere questi depositi» non porta ad un impoverimento di noi stessi. Si tratta piuttosto di riportare alla luce la nostra somiglianza con Dio, nella quale si fonda il nostro vero essere.Se nelle intenzioni del nostro cuore vi è soltanto l'accettazione della divina volontà, otteniamo - la simplicitas cordis - la semplicità del cuore. Con l'accettazione del divino volere ci viene concessa la – rectitudo - ossia l'orientamento verso Dio, che porta alla somiglianza con Lui e all'uniformità alla sua divina Volontà.
d) L'uniformità nel volere è "sposalizio" spirituale
Nel suo 83° sermone, Bernardo indica la totale adesione dell'anima a Dio quale «sposalizio». In questo contesto egli chiama il Signore, il VERBO, come l'Essere che corrisponde alla Seconda Persona Divina:
«Tale conformità rende l'anima sposa del VERBO. Mentre è già simile a Lui per natura, si rende ulteriormente simile a Lui attraverso la volontà, amandolo come a sua volta è amata. Dunque, se l’anima ama perfettamente, è diventata sposa. Che cosa c'è di più dolce di questa uniformità? Che cosa c'è di più desiderabile di questo amore?». (17)
Questo passo trova il suo culmine nell'affermazione:
«Questo è veramente un contratto di spirituale e santo connubio».
Poi Bernardo continua:
«Ho detto poco, contratto: è un amplesso. Amplesso veramente dove il volere e non volere le medesime cose ha fatto uno solo di due spiriti». (18)
Nel sermone 85 sul commento al “Cantico dei Cantici" Bernardo afferma:
118, 106)». (19)In riferimento a quei membri della chiesa, che hanno accolto la chiamata allo sposalizio con il Signore, Bernardo aggiunge:
«L'anima che vedrai abbandonare tutto e aderire con tutto l’ardore al VERBO, vivere per il VERBO, secondo il VERBO comportarsi, concepire dal VERBO per poi partorire al VERBO, che possa dire: “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno” considerala coniuge e sposata al VERBO». (20)
Note
1) Sant’Agostino, Le confessioni, a cura di M. Pellegrino e C. Carena, Città Nuova, Roma, 1965, lib. VII, 10,16, pag. 201.
2) Cfr. Le opere di San Bernardo, a cura di F. Gastaldelli, Scriptorium Claravallense, Fondazione di Studi Cistercensi, Milano 1984, vol. 1, La grazia e il libero arbitrio, X, 32, pp. 397-399. (d’ora innanzi San Bernardo, La grazia e il libero arbitrio).
3) Bernardo riprende un tema altamente tradizionale, presente nei teologi del suo tempo: Cristo, in quanto Logos divino, è il luogo delle idee, l’archetipo della creazione (= forma dell’universo).
4) San Bernardo, La grazia e il libero arbitrio, X, 33, p. 399.
5) Ibid., XIV, 49, p. 419.
6) Cfr. Ibid., II, 4- III,7, p. 363-369.
7) Cfr. Ibid., XIV, 49, p. 419.
8) Ibid.
9) Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, a cura di D. Turco, Ed. Vivere In, Roma, 1986, col. I, serm. XXIV, 7, pag. 268.
10) San Bernardo, La grazia e il libero arbitrio, XIV, 49, p. 419.
11) Ibid., VI, 17, p. 381.
12) Ibid., IV, 12, p. 375.
13) Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici, LXXX, 2, pag. 381/2.
14) Ibid., LXXXII, 2, p. 382.
15) Ibid., LXXXII, 5, p. 385.
16) Ibid., LXXXII, 2, p. 382.
17) Ibid., LXXXIII, 3, p. 392.
18) Ibid.
19) Ibid., LXXXV, 12, p. 417.
20) Ibid., p. 418.
(da Vita Nostra)