Vita nello Spirito

Attenzione

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Domenica, 20 Giugno 2004 17:16

Introduzione alla spiritualità - 1 (a cura di P. Franco Gioannetti)

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C’è oggi nel mondo, espresso in un’infinità di modi, un forte interesse per tutto ciò che è spirituale.

 

La spiritualità

a cura di P. Franco Gioannetti

Parte Prima

 C’è oggi nel mondo, espresso in un’infinità di modi, un forte interesse per tutto ciò che è spirituale.

Su questo termine però la confusione è tanta e questo per molti motivi:

· L’odierno pluralismo culturale e religioso
· Il fascino dell’esoterico
· La tendenza ad un ripiegamento su di sé, o alla decontaminazione della psiche umana e cioè la ricerca della pacificazione del proprio cuore e della propria mente
· La suggestione delle tecniche meditative delle religioni orientali
· Il recupero di concezioni spirituali prevalentemente devozionali e moralistiche
· Il ricorso alle scienze umane senza che queste abbiano ancora saputo fare una sintesi con la spiritualità.

In ogni caso esiste una domanda molto forte alla quale la risposta è ancora scarsa.

Ma cos’è la spiritualità? Non certo un fatto sentimentale, non certo un fatto psicologico.

Infatti in questo campo i rischi di fraintendimento sono molti; in primo luogo vi è quello di tendere ad una spiritualità disincarnata, per cui l’uomo spirituale si disinteressa del mondo ed è estremamente diffidente verso ciò che è corporeo.

Viene poi il rischio di una spiritualità moralistica, di perfezionismo volontaristico, per cui basta osservare certe regole, compiere certe pratiche spirituali. Conseguentemente il conformismo verso delle regole può essere scambiato per spiritualità.

Vi è poi il rischio ancora di confondere la spiritualità con le idee spirituali che possono sorgere nel corso della preghiera; si pensa di essere veramente spirituali a seconda del tempo che si dedica alle pratiche spirituali.

Un ulteriore rischio è quello di confondere la vita spirituale con il “come ci sentiamo” a livello psicologico.

 

 


Seconda Parte

Quale via allora?

La vita spirituale ha un’origine, un centro ed un fine: Gesù Cristo.

Spiritualità è allora apertura della persona a Dio che è Persona, al trascendente che coinvolge tutto l’essere.

La vita spirituale non è un cammino per conquistare delle posizioni virtuose, è piuttosto un’attenzione profonda all’intervento di Dio nella mia vita, che gradualmente mi spoglia di tutto ciò che è accessorio: difese, maschere, atteggiamenti esteriori.

Vita spirituale è un incontro tra persone in cui il Signore, che mi è più intimo del mio stesso intimo, è Lui che da la vita.

È necessario accettare il dono che Dio fa all’essere umano così che questi sappia aprirsi ad accogliere lo Spirito Santo e la sua azione.

La spiritualità cristiana allora può essere vista come il tentativo di vivere nel tempo attuale la sequela di Cristo che è, come dice il libro dell’Apocalisse, "lo stesso ieri, oggi e sempre".

C’è oggi molta omologazione, quindi scarsa visibilità, c’è anche crisi d’identità e d’appartenenza. C’è dunque bisogno di spazi significativi dove imparare a crescere.

Si può allora chiedere alle parrocchie di divenire luoghi in cui s’impara a pregare? In cui si apprende l’ascolto della Parola? Ed anche un’iniziazione al rapporto vita personale e Spirito? Spazi d’esperienza alla conoscenza di Dio?

La realtà spirituale personale per essere vera deve essere unita alla persona viva di Gesù, deve essere ritorno al battesimo, visto come inizio e introduzione alla vita spirituale.

Questa vita spirituale, alla quale il battesimo da accesso è semplicemente la vita cristiana come esistenza nella fede, nella speranza, nella carità.

 

 


Terza Parte

Vita spirituale è allora per noi vivere la vita del battezzato. È, infatti, la coscienza battesimale che costituisce la realtà viva del credente e che da l’orientamento alla sua vita spirituale.

Si tratta dunque di vivere in un’adesione profonda e fiduciosa a Gesù Cristo di cui ci si è rivestiti nel Battesimo.

Nel battesimo, infatti, siamo morti con Cristo e siamo con Lui risorti come nuove creature serenamente disponibili ad una vita in continuo stato di conversione.

Deve esserci ovviamente nella vita del battezzato un primato della fede intesa, nel nostro caso, come una tensione a rimanere nell’adesione a Gesù Cristo.

Il battezzato troverà così la sua identità in Cristo ed anche una più idonea armoniosità perché non sarà più scisso tra materiale e spirituale, tra preghiera e azione, tra tradizione e rinnovamento, tra individuale e comunitario, tra l’impegno spirituale e quello sociale. Se il battezzato troverà la sua identità in Gesù smetterà di rivolgere lo sguardo su di sé e lo rivolgerà totalmente a colui che è luce, via, vita.

Noi battezzati dobbiamo essere in primo luogo "credenti" che non cercano risposte emotive, devozionali o cosiddette "forti".

Saremo invece felici di trovare risposte che nascono da un ascolto attento, da un discernimento fondato sul Vangelo, dalla forza che deriva dall’umiltà evangelica.

Dice san Pietro nella sua prima lettera: "cristiano è colui che ama il Signore Gesù, pur senza averlo visto e, senza vederlo, crede in Lui, aderisce a Lui".

Vita spirituale è allora, per noi cristiani ritornare alle radici: il riferimento esistenziale mediante la fede a Cristo

Questo comporta accordare uno spazio centrale e fondamentale alla Parola di Dio nella nostra vita.

 

 


Quarta Parte

Ascoltare la Parola di Dio, meditarla, o come diceva san Bernardo "ruminarla", ci pone in contatto con la fonte stessa della spiritualità cristiana che è, ma talora deve ancora diventarlo, una spiritualità biblica.

Un bene prezioso nella vita del cristiano è l’ascolto domenicale della Parola, che accettata, accolta, deve poi essere interiorizzata nel corso dei giorni seguenti e conseguentemente vissuta nel quotidiano.

Accostare la Parola di Dio nella fede è applicare, come primo movimento, tutto noi stesso alla Parola ma successivamente è applicare questa Parola a noi stessi.

La Parola, infatti, deve essere per noi luce ed anche specchio. Questa esperienza fa crescere la vita spirituale e libera dalle forme di spiritualità devozionali, sentimentali, emotive; dalla ricerca del sensazionale, del meraviglioso; dalla ricerca di rivelazioni per le quali è veramente difficile riuscire a trovare un qualche fondamento serio.

Accostarsi alla Bibbia, donarle centralità nella nostra esperienza di fede e nella nostra vita spirituale, diviene allora un’occasione di crescita.

Essa sarà così l’anima della spiritualità del battezzato che sarà inserito in una scoperta continua di Dio che parla a degli altri che Lui ci da perché siano amati.

Una seria vita spirituale guida, infatti, alla santità ed il contenuto della santità è la carità.

La vita spirituale cristiana porta di per sé all’unificazione tra Parola di Dio e volto dei fratelli.

Da questo deriva che l’ascolto obbediente ci porta ad uscire da noi stessi per aprirci a Dio ed ai fratelli che sono una sua immagine.

È veramente questo un momento urgente per superare sia uno spiritualismo intimistico sia un attivismo frenetico. È indispensabile aprirci a Colui che ci parla qui ed oggi; accogliere la guida del Maestro interiore, che è lo Spirito, per divenire uomini e donne di comunione.

 

 


Quinta Parte

Questo è possibile perché come dice S. Pietro nella sua seconda lettera: "…Ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina…".

Questo divenire partecipi è la nostra essenziale vocazione che va accompagnata al dover riconoscere il nostro peccato, come dice S. Giovanni nella sua prima lettera: "Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa".

Una vocazione che comporta anche il riconoscere, umile e realistico, che siamo incapaci di pregare , scrive infatti S. Paolo nella lettera ai Romani:

"Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo neppure che cosa sia conveniente domandare nella preghiera, ma è lo Spirito che intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili".

"Preghiera", fatto essenziale ed oserei dire: "arte".

Prendiamo ora in considerazione questa "arte", la preghiera personale che è stimolata dalla fede e che alimenta la fede. La preghiera, che è essenziale nella vita cristiana perché è relazione con il Padre che crea, con il Figlio che salva, con lo Spirito che guida e santifica.

Essenziale perché questa vita è intessuta dalla fede in Dio Padre che è fonte della nostra vita, dalla carità che è manifestata da Cristo che ci ha resi capaci di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati, dalla speranza della comunione con Dio verso cui ci guida lo Spirito.

Preghiera che è al cuore della vita. Come dice la lettera di Giuda:

"Carissimi edificatevi nella vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo" .

 

 


Sesta Parte

Cercheremo ora di sviluppare, nell’ambito di questa rubrica, questo argomento essenziale che è la preghiera.

Mi sembra si possa dire che chi sperimenta la preghiera debba vivere i seguenti punti fondamentali:

  • Fede in un Dio personale;
  • Fede che questo Dio è realmente presente;
  • Fede che questo Dio parla, si rivela, ascolta.

La preghiera cristiana sa che è essenziale:

  • La fede e l’esperienza di Dio come padre di Gesù;
  • La fede e l’esperienza di Cristo, vero Dio e vero uomo;
  • La fede e l’esperienza dello Spirito Santo che prega in noi.

PADRE

è con questo nome che Gesù ci ha insegnato a pregare.

GESÙ

in Gesù il Padre ci si fa vicino e ci si manifesta
da Gesù noi riceviamo la capacità di pregare con fiducia
nella fede in Gesù e nella conoscenza di Gesù la nostra preghiera ha la sua base

SANTO SPIRITO

è Lui che ci da il senso, il gusto della preghiera
è Lui che ci guida
è Lui che ci fa comprendere la storia ed i segni della presenza di Dio

La nostra preghiera cristiana è dunque una preghiera essenzialmente trinitaria.

 

 


Settima Parte

Dio è presente nella nostra vita, nella preghiera diveniamo consapevoli di questa presenza e perciò delle sue iniziative concrete nella nostra vita.

Diveniamo consapevoli che siamo immersi in questa Presenza che ci avvolge della Sua tenerezza e del Suo amore ed accompagna incessantemente la nostra vita.

Colui che fa esperienza vera di preghiera apprende a leggere nella sua vita i segni delle iniziative di Dio; apprende che ogni cosa è una parola di Dio che con i suoi doni ci chiama ad uscire da noi stessi, ci guida a non essere “autocentrati”, ci fa rifuggire l’effimero, ci toglie l’attrazione per ciò che brilla.

Ci conduce così ad una graduale maturazione verso la solidarietà, la giustizia, l’operatività per la pace, la carità fraterna.

Colui che fa esperienza di preghiera è una persona dunque, che si volge a Dio con stupore gioioso; non si ferma alle apparenze della storia umana ma apprende a vivere la virtù della speranza, è realista e perciò, nella fede, rifugge da visioni pessimistiche. Sa che il Regno di Dio, silenziosamente è in crescita, che il bene è più forte del male, che il Signore Risorto ha vinto la morte ed è il Signore della Storia.

Chi pregando si pone alla presenza di Dio e lo ascolta apprende gradualmente che il Signore porta avanti, nella creazione, l’opera che Lui stesso ha iniziato e ci invita a collaborare per divenire così rivelatori del suo amore.

 

 


Ottava Parte

Ascoltare la Parola di Dio presente nel Libro, nel creato, nell’uomo, è preghiera, se adoriamo Lui e ci manifestiamo come persone responsabili della realtà in cui viviamo, anzi in cui ci è stato donato di vivere.

L’iniziativa del Padre che ci ha donato il Figlio, uomo tra gli uomini, deve condurci ad un tipo di preghiera che è espressione di amore riconoscente, di ammirazione meravigliata e gioiosa, di gratitudine filiale.

Poiché Dio non si esprime mai con parole vuote e la sua Parola è azione visibile, la nostra preghiera non può mai dissociarsi dagli eventi concreti che sono parte della storia della salvezza.

Eventi che sollecitano una nostra risposta che deve avere in sé dei segni di carità, di giustizia, di fedeltà.

La preghiera cristiana allora non può essere una semplice ripetizione di formule.

Sarà invece segnata da una integrazione tra fede, vita, attenzione ai segni dei tempi, prontezza di risposta attenta e concreta.

 

 


Nona Parte

Cerchiamo ora di elencare quali sono oggi le caratteristiche della spiritualità Cristiana, essa è:

  • Cristocentrica;
  • Trinitaria;
  • Ecclesiale;
  • Biblica;
  • Liturgica;
  • Ecumenica.

Aspetti che vedremo però più avanti nel nostro cammino.

Riflettiamo ora sul fatto che la spiritualità cristiana non può avere un atteggiamento passivo, separato dalla storia dell’uomo, non può trasformarsi in una ideologia che serva da copertura ai diversi sistemi di potere più o meno occulti e tantomeno alla propria pigrizia e disimpegno.

Non può neanche essere individualista diretta solo al perfezionamento del singolo.

L’itinerario spirituale del cristiano, oggi, sarà certamente un cammino di interiorità ma che si misura con dei compiti concreti, leggendo i segni dei tempi, in unione con il cammino anche della società e della Chiesa.

E’ necessario infatti unire sempre:

  • culto e vita;
  • interiorità ed impegno sociale;
  • unione con Dio e comunione ecclesiale.

Ancora; non può essere una spiritualità che privilegia l’anima a danno del corpo, ancorata ad uno modo di pensare che rimanda all'al di là la salvezza ed il Regno di Dio.

Queste mi sembra siano le tendenze della spiritualità cristiana contemporanea.

 

 


Decima Parte

La spiritualità cristiana non può né deve combattere l’elemento umano per far emergere la grazia divina, né veder l’uomo e Dio in termini di rivalità ed opposizione.

Noi oggi viviamo tra alcune componenti che caratterizzano il nostro tempo:

  • L’umanesimo personalista;
  • La secolarizzazione;
  • La conversione alla storia;
  • L’impegno di liberazione;
  • L’esigenza comunitaria.

E questi aspetti non possono essere ignorati dalla spiritualità.

Scrisse Bonhoeffer su “Resistenza e resa”: «Il nostro essere cristiani si riduce oggi a due cose: pregare ed operare tra gli uomini secondo giustizia».

Questo martire del nazismo può oggi essere ignorato da molti o dimenticato o visto come lontano nel tempo?

Per un cristiano autenticamente in ricerca resta sempre un uomo di grande attualità.

Dobbiamo, per vivere da cristiani, saper perciò operare una sintesi tra

  • Preghiera e fedeltà agli uomini ed alla terra;
  • Contemplazione ed impegno politico.

Dobbiamo imparare ad armonizzare

  • Impegno nel mondo ed esigenza di Assoluto.

Impegniamoci allora per vivere

  • una spiritualità Cristiana caratterizzata da una unità di amore di Dio e di amore del prossimo, tenendo sempre chiaro davanti a sé che Gesù Cristo è il criterio con cui misurarsi.

Tutto ciò vuole essere e chiamarsi cristiano.

 

 


Undicesima Parte

Gesù Cristo allora "polo" che orienta la vita. Come?

Scrive in proposito J. Moltmann in “ La Chiesa nella forza dello Spirito”: «Colui che prega nel nome di Cristo ed invoca la redenzione non può accettare l’oppressione. Colui che combatte contro l’ingiustizia non può non pregare perché la redenzione avvenga».

In ogni modo tutto è grazia e lo Spirito di Dio è sempre presente e sommessamente mormora al cuore del mondo.

Nostro compito è: guidati da Lui lasciarci conformare a Lui in vista del quale siamo stati creati.

Perciò ascolto ed adesione fiduciosa.

 

 


Dodicesima Parte

Ci permettiamo a questo punto, cari visitatori, di darvi qualche suggerimento per supportare questa rubrica con alcune esperienze concrete.

Seguite allora, per favore, le seguenti indicazioni:

  • Andate nell’area “Esperienze formative” cercate la rubrica “Percorsi spirituali” leggete con attenzione e lentamente almeno un articolo; usateli per voi stessi; poi andate nella rubrica “La Bibbia” e leggete con cura “Leggere l’attualità in prospettiva evangelica”;
  • Andate poi nell’area “Mondo Oggi”, cercate successivamente le tre rubriche;
  • Ed infine andate nell’area “Dossier”, cercate il “Dossier speranza” e leggetelo e meditatelo.

E’ un piccolo suggerimento che vi diamo per aiutarvi a mettere in contatto la vostra interiorità con i vari aspetti della storia del nostro tempo.

Aiutati dalle varie rubriche, cercate per la vostra vita spirituale di fare una sintesi.

Non abbiate fretta, non perdetevi di coraggio.

Andate avanti a piccoli passi.

Non fermatevi.

(Gli staff delle aree)

 

 


Tredicesima Parte

Si entra nella vita spirituale attraverso la fede e l’amore.

Credere in Dio è, per noi cristiani, riconoscere Dio come Amore e orientare a lui tutta la vita.

La vita spirituale cristiana ha dunque due atteggiamenti di fondo: fede e amore.

Credere ed amare sono due dimensioni inseparabili che costituiscono il modo di essere della persona nella vita spirituale.

La fede evoca il cristocentrismo; il culmine di ogni excursus sullo spirituale e sulla vita spirituale è in Cristo e l’uomo che persevera in questo cammino verso di Lui diviene veramente uno spirituale e vive di Cristo.

Egli apprende gradualmente ad avere un rapporto nuovo con le cose, con le persone, con il creato e così creazione e storia diventano una realtà spirituale, quasi teofanica.

In questa prospettiva anche i sensi hanno una funzione importante perché essi non vanno mai intesi come un ostacolo alla vita spirituale, anzi sono un dono che è stato dato al corpo e sono parte integrante della nostra capacità conoscitiva ed il loro significato sta nel fatto che li devono aiutare a gustare la bontà del Creatore.

In fondo ci suggerisce P. Rupnik: "la vita spirituale consiste nel guardare con gli occhi esterni e nel vedere con gli occhi interni", quelli del cuore.

In questo modo la realtà diventa ciò che è, cioè una realtà che dice qualcosa di Dio, che orienta a lui.

Purtroppo siamo spesso tentati di porre noi stessi nella condizione alternativa tra ciò che è spirituale e ciò che non lo è, quasi una drastica e rigida separazione tra anima e corpo, tra momenti di preghiera e lo svolgimento del proprio compito quotidiano, quasi che quest’ultimo fosse una realtà profana.

Ma ecco nascere un ulteriore interrogativo: il peccato, il fallimento, l’insuccesso, l’ingiustizia, l’essere derisi, incompresi; tutti questi aspetti possono entrare nella vita spirituale?

 

 


Quattordicesima Parte

L’uomo adamitico primitivo, dopo la tragica esperienza del peccato fugge davanti al volto di Dio e si rifugia nella tomba. L’impero della morte e degli inferi diventa per lui un rifugio. La situazione è tragica perché la morte è morte, ed essa non può parlare di Dio, i morti non cantano la lode del Signore.

Perché la morte potesse diventare una realtà spirituale bisogna che Dio stesso entri nella tomba, proprio ciò che è avvenuto in Cristo. Lui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo ha reso peccato per noi (2Cor 5,21). Per tornare a parlare con l’uomo, Cristo si spinge nella morte e nella tomba per sorprenderlo nell’ultimo nascondiglio dove si è rifugiato per sfuggire al Dio vivente e liberarlo. Da lì in avanti anche il peccato e la morte parlano di Dio: perché Cristo si è caricato dei nostri peccati vincendo per noi la morte.

In Lui il peccato diventa un’altra cosa. Diventa paradossalmente il luogo dell’incontro, perché al peccato risponde il perdono. Dio perdona il peccato e tutto cambia. Il peccatore che incontra colui che perdona dimentica l’angoscia del peccato – ciò che non era mai riuscito a fare prima – ma si ricorderà sempre di colui che l’ha perdonato. La memoria ferita e inchiodata sul male viene guarita e trasformata in una memoria del bene. Anzi, del buono, il Salvatore.

Il peccato non diventa una realtà spirituale finchè è separato da Dio. La dinamica del peccato è far fuggire il peccatore lontano da Dio e dal prossimo. Il perdono invece riunifica, sana, creando un nesso inscindibile tra peccato e redentore. Il perdono che unisce il peccatore alla persona del Redentore compie la trasfigurazione della memoria e della mente.

Non si può più ricordare il peccato se non ricordando Dio. Se la memoria torna ancora sul peccato, è solo per glorificare il Signore che l’ha preso su di sé.

Quando l’anima si inebria della bellezza del Signore e del suo sguardo misericordioso, il peccato diventa una realtà spirituale, una realtà che orienta a Dio. Nel perdono Dio si comunica al peccatore e il peccato smette di essere una realtà oscura, putrefatta, che aliena dalla vita e dalla relazione.

La tradizione cristiana ci racconta di santi in preghiera il cui cuore piange un pianto dolce perché, nel riconoscere il proprio peccato, si sentono sopraffatti della dolcezza della misericordia di Dio, inebriati dal perdono, traboccanti di gioia nella festa del ritorno al Padre.

In questo quadro la penitenza che il penitente riceve diventa un farmaco spirituale che lo aiuta a rimanere nella memoria del perdono, nel ricordo perenne dello sguardo d’amore del Salvatore su di lui. Il peccatore perdonato vincerà il peccato e uscirà dalla vita peccaminosa, proprio in quanto il peccato, non più separato da Cristo, è diventato pietra angolare della vita spirituale che egli con lui comincerà a costruire.

 

 


Quindicesima Parte

Normalmente l’esperienza spirituale viene intesa come un legame di comunione con Dio.Dobbiamo sentirci invece invitati e condotti a qualche cosa di ancora più grande. Non si tratta tanto di vivere con Lui, ma di vivere in Lui, cioè nel cuore stesso dello "spazio" di vita e di comunione che la Trinità ci offre. Si tratta di una promessa già realizzata in Gesù, il Cristo, il Figlio prediletto, che, morto e risuscitato, ha introdotto nel seno stesso della Trinità, alla destra del Padre, la nostra umanità corporale assunta fino alla morte e trasfigurata.

Tuttavia questa prospettiva vitale non corrisponde a una felicità ipotetica, situata in un avvenire più o meno lontano. Ciò che Dio promette per la fine dei tempi, o per la fine della nostra esistenza terrena, lo rende già possibile nella nostra storia e nelle nostre vite. È dunque qui e adesso che il Signore, che ha posto la sua dimora fra di noi, ci invita a fare la sua dimora in Lui e a partecipare della vita trinitaria, in particolare grazie all’ascolto della sua Parola, alla celebrazione della liturgia e dei sacramenti e all’esperienza di bontà che possiamo fare nell’incontro con il prossimo.

Vivere in Dio, consiste dunque nel gettare le maschere dietro alle quali si nasconde il vecchio uomo che rifiuta di operare la scelta decisiva tra la vita e la morte, tra la benedizione e la maledizione, per consentire a vivere l’umana e umile condizione di fratello e di sorella del Primo-Nato e lasciarsi, giorno dopo giorno trasfigurare nella sua immagine. Assecondati dalla forza dello Spirito che ci spinge, si è in grado allora di affrontare la lotta contro le forze che non cessano di sfigurare l’uomo e lo conducono alla disperazione, e, malgrado le prove, le delusioni e i guasti di ogni tipo, malgrado il peccato, si è in grado di rimanere in piedi davanti al Padre che ci chiama i suoi figli prediletti.

Vivere in Dio vuol dire preoccuparsi di dare, con il suo aiuto,una vita nuova ad ogni uomo ed ogni donna che si incontrano, una vita più bella e più facile per coloro che soffrono. Ciò significa aprire i nostri cuori all’intelligenza cordiale e creatrice che sempre opera affinché il viso dell’altro si illumini. E ancora, vuol dire, soprattutto gioire di ciò che lo Spirito suscita in esseri che sono unici e che hanno, ciascuno e tutti insieme, la vocazione a vivere attraverso Lui, con Lui e in Lui.

Vivere in Dio: un programma per ogni giorno, ma particolarmente significativo per la quaresima che è tempo di penitenza e di conversione, tempo di grazia durante il quale noi celebriamo Colui che è nato, che ha amato, che ha sofferto e che è morto affinché noi viviamo in Dio.

 

 


Sedicesima parte

Dunque chi è che vive in Dio? Di chi si può dire che è una persona spirituale?

Quella che consente che il proprio essere venga spiritualizzato-plasmato per gradi successivi, quella che si comporta sempre più con docilità verso i suggerimenti dello Spirito.

Quella persona che ha appreso e che perciò testimonia che cosa significa essere uomo spirituale in contrapposizione all’uomo carnale e cioè: uomo aperto e docile all’azione dello Spirito e quindi non "autocentrato".

Tutti dobbiamo interrogarci su questo punto: Chi è il centro del mio esistere?

Dice S. Paolo nella I lettera ai Corinzi (6/17):

"Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito".

Ma la vita spirituale non viene acquisita, in primo luogo, mediante uno sforzo personale, è un dono che lo Spirito comunica.

"E’ lui che abita consapevolmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte della sua pienezza" (Col 2, 9-11).

Essere in Cristo allora significa essere disponibile a ricevere la vita caritativa, che lo Spirito comunica.

E come agisce lo Spirito?

Mai con violenza, non si impone, né si sovrappone.

Egli si rende presente ispirando, conferendo doni, ma... nella misura in cui l’essere umano consente che egli vi operi dall’intimo (S. Agostino" Mi è più intimo del mio stesso intimo") o che affiori dal suo profondo come istintiva necessità interiore.

 

 


Diciassettesima parte

Occorre essere attenti, avere – crearsi del tempo per riflettere, meditare, rileggere gli avvenimenti della nostra vita per comprendere se ascolto e come ascolto Dio che parla.

Occorre capire la Parola, confrontarsi con essa.

La docilità allo Spirito è un modo generale del proprio vivere e deve caratterizzare tutta la propria esistenza: personale, sociale, ecclesiale.

Ciò significa che occorre interrogare sempre le realtà personali, sociali, ambientali per cogliere l’insegnamento del Signore su se stessi, sulla propria persona, sulla propria vita.

Aderire cioè al reale concreto quotidiano, per cogliere in esso il senso profondo di ciò che lo Spirito dice.

In questa prospettiva la persona spirituale che prega, si abbandona a Dio con docilità.

Ciò che penso è secondo il Signore?

Ciò che faccio, le scelte quotidiane sono secondo il Signore?

È un passo, che tutti dobbiamo fare.

 

 


Diciottesima parte

Sì, è un passo che tutti dobbiamo fare: Vivere in Dio, abbandonarci a Lui.

Ma chi è che vive in Dio, abbandonandosi a Lui?

A costo di ripeterci diciamo ancora una volta: l’uomo spirituale, cioè l’uomo immagine di Dio, che è ricettivo e perciò discerne ed accetta l’azione dello Spirito Santo in lui, e collabora con essa.

Parliamo dunque di colui/colei che distoglie la propria attenzione, troppo centrata su di sé, per volgerla a Dio e passa così dall’essere carnale all’essere spirituale come dice S. Paolo.

Teniamo, dunque, sempre presente qualcosa che già sappiamo: Gesù è l’unica immagine vera del Padre.

Noi tutti siamo chiamati a manifestare l’immagine filiale di Dio che è propria di Cristo; per questo siamo invitati, accompagnati, aiutati a vivere in Lui; prendendo coscienza che, nel suo corpo mistico, siamo parte di Lui.

Sappiamo infatti che Dio ha creato l’uomo a sua immagine, che realizza in modo progressivo attraverso i tempi della storia di salvezza.

Si tratta di un’immagine unica, che però è in dimensione comunitaria, è cioè un’immagine comunitaria nel Cristo.

Tuttavia questa immagine conosce un apporto continuo da parte dell’umanità che, nel tempo, va risorgendo in Cristo.

È un’umanità che, nel suo cammino esperienziale di credente, impara a rimettersi totalmente al Signore, consentendo che Egli la trasformi.

È un’umanità che impara ad uniformare, o conformare, a Lui la propria mente e tutto il proprio essere.

L’uomo credente è chiamato ad acquisire di ciò maggiore coscienza ed a sperimentare il "Mistero Pasquale" di Cristo.

Sa che morendo con Cristo può risorgere. Essere una nuova creatura.

Si tratterà così di imparare gradualmente ad amare ogni cosa in Dio mediante la guida e l’azione dello Spirito.

Imparare a camminare, guidati dallo Spirito, per passare dall’uomo carnale, o autocentrato, all’uomo spirituale, che ha centrato la sua vita in Dio.

L’immagine di Dio dunque è l’uomo spirituale e a divenire ciò tutti siamo chiamati.

Cara visitatrice, caro visitatore, arrivati a questo punto della rubrica "Spiritualità" spostiamo la nostra attenzione ad una tematica che è in continuazione con ciò che abbiamo finora trattato.

Inizieremo a parlare di "Accompagnamento spirituale", facendo riferimento ad un corso di Jean Vanier per un gruppo di formatori

Chi è Jean Vanier? Un canadese, fondatore della comunità dell’Arca per handicappati mentali.

Attualmente queste comunità sono più di 100, diffuse in 26 paesi.

È anche confondatore del movimento Foi et Lumiere, sempre per portatori di handicap.

(continua)

Letto 6995 volte Ultima modifica il Giovedì, 15 Novembre 2012 09:44

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