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Mercoledì, 13 Ottobre 2004 00:52

Nuovi vescovi in Cina, nomine tormentate

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La Chiesa cattolica in Cina, e mi riferisco in particolare alle comunità aperte, ufficiali, sta vivendo una fa­se cruciale della sua storia: il cambio di leadership. I vescovi anziani scompaiono uno dopo l'altro. Il ruo­lo-guida della Chiesa viene assunto da vescovi giovanissimi, in qualche caso neanche quarantennio. Gli uo­mini incaricati dal regime di con­trollare la Chiesa si rendono ben conto che questo è un momento cri­tico e non risparmiano mezzi e mi­nacce per eleggere all' episcopato persone accondiscendenti alla poli­tica religiosa del regime comunista. I giovani preti, soprattutto coloro che hanno le qualità per assumere un ruolo di guida, sono sottoposti a pressioni tremende per piegarsi e adeguarsi alla politica religiosa. Attraverso il «governo democratico della Chiesa», che niente è se non un eufemismo del controllo del regime, i funzionari del partito (Fronte unito) e del governo (Ufficio affari religiosi) creano, ovunque possono, un’artificiosa divisione nelle comu­nità cattoliche. Da una parte il can­didato ecclesiale, il sacerdote spontaneamente riconosciuto come il più degno e preparato, sostenuto (quan­do c'è) dal vescovo anziano, che garantisce fedeltà alla tradizione cat­tolica e unità con la Santa Sede; dall’altra il candidato del governo, ge­neralmente un sacerdote che - fatta salva la sua dignità personale e sa­cramentale, che rispetto - per un motivo o per l'altro, può essere fa­cilmente manipolato dagli uomini del regime.


La manipolazione del governo consiste in una specie di isolamento del «suo» candidato dal resto della diocesi, attraverso promesse e premi di vario. tipo, incluso quelli econo­mici e politici. Di conseguenza un giovane prete dalla personalità de­bole o ambiziosa, difficilmente re­siste alle pressioni e alle lusinghe. La crisi, vocazionale e morale, di un numero crescente di giovani preti trova in questa perversa politica go­vernativa una delle sue ragioni.


Negli ultimi 12 mesi abbiamo as­sistito a varie ordinazioni di giovani vescovi: Giuseppe Tong Changping (Weinan, Shaanxi), Giuseppe Han Zhihai (Lanzhou, Gansu), John Tan Yanchuan (Nanning, Guangxi), Giuseppe Liao Hongqing (Meizhou, Guangdong); Pietro Feng Xinmao (Hengshui, Hebei). Le diverse cir­costanze e modalità di queste ordi­nazioni, che non possono essere ri­portate qui in dettaglio, hanno qual­cosa in comune: la permanente si­tuazione di conflitto tra i funzionari della politica religiosa e le comuni­tà cattoliche.


La conferma viene anche dal tentativo, non riuscito, di procedere se­condo il metodo «democratico» all’elezione di un numero ancora mag­giore di vescovi, tra cui quello di Zhouzhi (Shaanxi). In entrambi i casi, di ordinazioni avvenute o di elezioni mancate, risulta chiara la volontà delle comunità cattoliche.


Che è quella di essere veramente tali, ovvero di procedere all'elezione e consacrazione del vescovo se­condo la tradizione cattolica, che include, come elemento essenziale, il mandato o l'approvazione dell’e­letto da parte del Papa.


Come l'esperienza di questi an­ni ha mostrato chiaramente, i catto­lici di Cina non sono più disposti a tollerare di essere governati da un vescovo illegittimo (indipendente­mente dalla dignità personale della persona coinvolta). Un vescovo che venisse ordinato illegittimamente sarebbe di fatto un vescovo diserta­to, senza popolo, un «pastore» sen­za gregge. È triste osservare quanto tarde siano le autorità del regime e dell' Associazione patriottica ad am­mettere il fallimento della loro po­litica religiosa: non esiste in Cina una Chiesa patriottica, una Chiesa indi­pendente. I fedeli, i sacerdoti, le re­ligiose e i vescovi non vogliono una Chiesa nazionale. Eppure la politi­ca del governo è portata avanti con determinazione e senza risparmio di mezzi. Si deve registrare, per esempio, la presenza intimidatoria di centinaia di membri della pubblica sicurezza alle ordinazioni episco­pali; l'imposizione del­la lettura, durante la Messa di consacrazio­ne, della lettera di no­mina da parte della Conferenza episcopale cattolica cinese, un or­gano abusivo istituito dal governo, che non esiste secondo il diritto della Chiesa. Il regime, purtroppo, non sta scherzando, e sa­rebbe bene che più osservatori e commentatori prendessero nota di questo.


D'altra parte non si può non rilevare che, ove il clero, le religiose e i fedeli di una determinata diocesi siano sta­ti capaci di essere uniti, determinati e coraggiosi, sono riusciti a strappare qualche forma di compromesso, tra cui la comunicazione pubblica dell’esplicita comunione dell’eletto con la Chiesa universale e il Santo Padre. Abbiamo constatato che, tanto più il candidato era disposto a rinunciare all’episcopato piuttosto che tran­sigere sulla comunione con la Chiesa univer­sale, tanto maggiore era la sua forza nel far valere i suoi diritti di cattolico e di resistere alla pressione dei fun­zionari della politica religiosa.


Ai giovani preti di Cina, essendo anch' io prete come loro, va la mia simpatia e solidarietà. Se queste parole rag­giungessero i candidati all'episco­pato, vorrei dire loro: «Siate liberi, siate forti, resistete; rinunciate all’episcopato piuttosto che compro­mettere la vostra coscienza. La ve­rità vi farà liberi...».


Gianni Criveller

Letto 2120 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Novembre 2004 01:48

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