Le religioni tradizionali da tempo sono in crisi. È cosa risaputa. Non riescono più ad offrire un quadro complessivo esistenziale e spirituale. Questa crisi si può manifestare in maniera diversa. Con l’abbandono della pratica religiosa. Con la loro sostituzione attraverso fenomeni totalmente secolarizzati come, ad esempio, il calcio (1). Con l’incapacità ad orientare ancora l’agire etico – in primo luogo nell’ambito sessuale, ma anche in quello economico e politico.
Nessuna religione sembra restare indenne di fronte a questo processo pervasivo, onnipresente e globale. Ma ci sono religioni che oggi sono maggiormente in crisi rispetto ad altre. L’Islam, ad esempio, è una di queste. Quella che da molti occidentali viene percepita come un’aggressione ed un’espansione in realtà nasconde le forti difficoltà che questa religione sta incontrando.
L’incapacità di misurarsi con la modernità, in primo luogo. Tecnologia e globalizzazione hanno sturato mondi che restavano ancorati al passato. Ciò che dovrebbe essere analizzato con maggiore attenzione non sono tanto i fatti di Nizza o di Parigi, di Dacca o di Bruxelles, ma le pagine di Facebook e di Instangram o di altri social network. È qui che troviamo i profili di ragazzine o di donne che ormai sono pervase di valori che hanno poco a che spartire con la tradizione mussulmana (2).
Internet non è solo il luogo in cui operano alcune manciate di reclutatori di kamikaze e ove l’IS cerca di espandere la propria propaganda, ma dove milioni e milioni di giovani mostrano apertamente che la loro appartenenza al mondo mussulmano si sta trasformando. Un’appartenenza sempre meno religiosa, ove resistono ancora le fila di quella culturale, ma in maniera sempre più sfilacciata. Un’appartenenza sempre più formale, di facciata.
Quanti compiono le preghiere quotidiane? Quanti osservano veramente il ramadan (e non si nascondono dietro un’apparente osservanza farisaica)? E la zakat, l’elemosina rituale?
I Pokemon diventarono oggetto di una fatwa e furono dichiarati haram (proibiti) già nel 2001. Sembra di assistere al ripetersi di qualcosa di simile a quello che nelle parrocchie italiane era già accaduto alcuni decenni orsono, quando i parroci avevano un bel predicare contro le seduzioni e la pericolosità del ballo: i giovani di allora continuarono a frequentare le balere ed iniziarono a disertare le chiese… Solo che oggi questi cambiamenti non sono generazionali, ma quasi stagionali.
L’Islam rispetto alla coscienza individuale ha sempre privilegiato il controllo sociale. È l’altro, è l’insieme, è la comunità dei credenti, è l’Umma che sorveglia e sorregge la vita e la pratica religiosa. Ora, i fenomeni in atto sono sottilmente e massivamente erosivi. L’impatto con la modernità e la tecnologia non lasciano margini. Che cosa succederà quando l’Umma non sarà più in grado di sorreggere tutto ciò?
Il fondamentalismo sta cercando di reagire, in nome di una purezza primordiale soltanto ideologica e quindi ancor più fragile rispetto a quanti (ancora pochi, in realtà) cercano di conciliare una nuova visione dell’Islam con la modernità. Fragile perché si tratta di una reazione a vasti e rapidi processi di cambiamento che sono in atto e che si vogliono contrastare. Ma pericolosa (per la capacità di morte che può produrre) e disperata (poiché minoritaria e in parte conscia che si tratti di una battaglia in parte già persa – e forse per questo caparbiamente aggrappata ad una dimensione apocalittica della storia).
A tutto ciò si aggiungono e mescolano, poi, i vari contesti politici, con i diversi sultani e califfati, con gli sceicchi del petrolio e gli emiri. La dinastia saudita, custode dei luoghi santi, è nota per il suo appoggio ed il finanziamento dell’ideologia wahhabita – vera matrice di gran parte del fondamentalismo mussulmano. Ma al tempo stesso non brilla particolarmente per l’osservanza religiosa, come dimostrano, per l’ennesima volta, le foto che sono circolate in questi giorni sul web e che riguardavano, in questo caso, il principe Nawaf al Saud (3).
L’analisi marxiana aveva focalizzato quanto le questioni religiose possano nascondere motivazioni politiche. Esiste più che il sospetto che il fondamentalismo rappresenti un’arma di distrazione di massa in quest’epoca che vede una sempre maggiore concentrazione di beni e di risorse in poche mani. In fondo, c’è già chi sostiene che 500 milioni di abitanti sulla Terra siano troppi. Cavalcare la tigre dei fondamentalismi sembra essere la strategia migliore per continuare ad accentrare poteri e risorse. Pecunia non olet, affermavano gli antichi. Ed anche le religioni in crisi possono essere un buon affare per i nostri mondi finanziari che tendono a mercificare qualsiasi aspetto dell’esistenza.
Fausto Ferrari
Note
1) Cfr. ad esempio, Carlo Annese, Il calcio ultima religione, in http://quasirete.gazzetta.it/2006/06/06/il-calcio-ultima-religione-su-linea-bianca/?refresh_ce-cp
2) Il 16 luglio i mass media hanno riportato la notizia dell'uccisione per strangolamento da parte del fratello della blogger pakistana Qandeel Baloch, di 26 anni. Delitto d'onore, ma al tempo stesso spia della profonda trasformazione in atto. Cfr. http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_16/kim-kardashian-pachistana-strangolata-fratello-onore-78861d9c-4b5a-11e6-ab2a-a1fe125e6334.shtml
3) Il principe saudita sullo yacht con donne in bikini. Polemiche in Turchia: "Ipocrita, nel tuo Paese non si potrebbe fare", in http://www.huffingtonpost.it/2016/07/14/principe-saudita-yacht_n_10988938.html