Le questioni in gioco a Doha erano molte e di importanza fondamentale - prosegue il comunicato della CRBM.
Parliamo della necessità di migliorare le risorse che i Paesi poveri possono mettere a disposizione per il proprio sviluppo, di affrontare seriamente la spinosa questione della fuga di capitali e dell'evasione fiscale, del ruolo del commercio internazionale, del debito estero e delle questioni sistemiche, quali la necessità di una riforma dell'architettura finanziaria internazionale e del processo per mantenere vivo il dibattito sulla finanza per lo sviluppo. Su ognuna di queste tematiche il testo finale appare come un compromesso al ribasso, il tentativo di raggiungere un minimo comune denominatore tra posizioni molto diverse: quelle del Sud, riunito nel cosiddetto G77, quelle degli Usa, quelle europee e quelle di altri Paesi o raggruppamenti.
Molte responsabilità ricadono però sui Paesi del Nord, che hanno dato l'impressione di trascurare l'appuntamento di Doha, considerandolo un incontro di secondaria importanza rispetto al processo del G20, il gruppo che riunisce le economie più grandi del pianeta, iniziato con l'incontro di Washington del 15 novembre.
"In alcuni casi il testo approvato è addirittura più debole di quello emerso quasi sette
anni fa dalla prima conferenza sulla Finanza per lo Sviluppo di Monterrey" - afferma Andrea Baranes, della CRBM, presente a Doha. "Ma soprattutto, il documento finale è estremamente debole sulle questioni legate all'attuale crisi finanziaria, e ai meccanismi finanziari, in primis i paradisi fiscali, che ogni anno provocano uno scandaloso
trasferimento di risorse dai Paesi più poveri verso quelli più ricchi" - aggiunge Baranes. Si stima che per ogni dollaro versato nella cooperazione allo sviluppo ce ne siano 10 che seguono il percorso contrario, da Sud verso i Paesi del Nord e i paradisi fiscali. Una
questione che dovrebbe essere al centro dell'attenzione di una conferenza sulla finanza per lo sviluppo, e che a Doha è stata invece totalmente trascurata. Nel testo finale l'espressione "paradisi fiscali" non compare mai e, nel solo passaggio dedicato a tale tema, si può leggere unicamente che "è importante promuovere buone pratiche fiscali ed evitare quelle inappropriate".
L'unico aspetto positivo è nella decisione di convocare a breve, e sotto l'egida
dell'ONU, una conferenza al più alto livello sulla crisi economica e finanziaria globale e i suoi impatti sullo sviluppo. "Ora il governo italiano deve scegliere: se è davvero multilateralista, lavori per una conferenza ONU e subordini il G8/G20 a questa. Altrimenti dica apertamente che è per un sistema internazionale anacronistico e contro i poveri, del Sud come del Nord del mondo" - conclude Baranes.
Il Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon nel suo interventoaveva ribadito che "se non ci saranno interventi urgenti la crisi finanziaria rischia di trasformarsi in una crisi sociale e umana". Ban Ki-moon ha anche ricordato che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio sono a rischio, segnalando come manchino poche decine di miliardi di dollari per raggiungerli, mentre nello stesso momento diversi Paesi hanno speso in pochissimo tempo somme molto più alte per aiutare i loro sistemi finanziari. Il Segretario Generale aveva chiesto inoltre "una nuova governance inclusiva", che possa rappresentare il mondo del XXI secolo.
Nei giorni precedenti alla Conferenza dell'Onu si è tenuto il Forum della società civileche aveva presentato una serie di raccomandazioniper fare in modo che la Conferenza Onu non si risolvesse nei soliti impegni generici. Al Forum della società civile a cui hanno partecipano oltre 300 delegati di organizzazioni di tutto il mondo, tra erano presenti delegati della coalizione italiana 'Help local trade' che ha presentato un 'Policy paper' nel quale si evidenzia l'importanza di esperienze pilota come quelle delle economie solidali, del commercio equo e della finanza etica.