È con Asaka Italia che Microfinanza è entrata in contatto ed ha lanciato il progetto "Sostegno all'artigianato tradizionale berbero", assistenza tecnica e promozione di un fondo di credito per le microimprese artigiane dei villaggi di Ath-Yanni, Ath-Hichen e Maatkas in Cabilia, tra i 25 e i 50 km da Tizi Ouzou, capoluogo di provincia, che si trova a 100 km ad est di Algeri.
Le armi e la banca
Proprio mentre si stava definendo il progetto, è stata pubblicata l'annuale "Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento" presentata dalla Presidenza del Consiglio al Parlamento. Nel 2001 il governo italiano ha autorizzato esportazioni di armi in Algeria per 1 milione 171 mila euro (2 miliardi 267 milioni di vecchie lire). Si tratta, come emerge dalla lettura della Relazione, della fornitura di impianti di telecomunicazioni belliche della Alenia Marconi Systems spa.
Naturalmente il destinatario è il governo di Algeri. Come nel caso delle consistenti forniture di armi leggere, soprattutto pistole Beretta, degli anni precedenti. Il record fu raggiunto nel 1995 con più di 5 milioni di euro (10 miliardi di lire). Ma secondo Luis Martinez, del Centro studi e ricerche internazionali (Ceri) di Parigi, che ha seguito da vicino la situazione nel paese durante la guerra civile seguita alla cancellazione dei risultati delle elezioni legislative del '91, le armi principali usate dai gruppi armati del fondamentalismo islamista erano "le pistole Beretta e i Kalashnikov".
Microfinanza ha però scoperto anche un'altra cosa: che il Ministero dell'economia l'anno scorso ha autorizzato un'operazione bancaria corrispondente alla fornitura Alenia del valore di 1.024.808,36 euro (la valuta originaria dell'operazione è il dollaro), con importi accessori, che comprendono i compensi di mediazione per la conclusione dell'affare, per 223.046,67 euro, attraverso la Banca Antoniana Popolare Veneta, new entry nella lista delle "banche armate". Proprio la banca presso cui aveva il conto corrente Microfinanza, che l'aveva scelta anche perché finora fuori dal business del mercato armiero.
Microfinanza ha immediatamente avviato le procedure per chiudere il conto all'Antonveneta. "Non possiamo essere, sia pur indirettamente, complici del riarmo nel Maghreb proprio mentre stiamo promuovendo progetti di sviluppo locale". Il problema delle armi e della violenza resta. Ma tra i berberi, che si oppongono all'attuale governo algerino, si fa strada un'opzione diversa.
L'Algeria e gli "uomini liberi"
La Cabilia, regione centro settentrionale dell'Algeria, è abitata da una popolazione di origine masira comunemente nota come berbera. Il termine berbero è in realtà abbastanza dispregiativo perché deriva da barbaro. I berberi definiscono se stessi come amazigh, ovvero "uomini liberi". In Cabilia sono circa 6 milioni, più o meno i due terzi della complessiva presenza berberofona in Algeria.
"La questione berbera è indissolubile dalla questione nazionale algerina così come marocchina. Anzi direi di più: va necessariamente coniugata con il progetto di società dei popoli marocchino e algerino (e forse anche maliano o nigerino)" commenta Giampietro Pizzo, che segue il lavoro di Microfinanza nel Maghreb. "In Algeria la questione etnica esplode come ultimo sintomo della deriva del progetto nato con l'indipendenza. La liberazione nazionale algerina è nata sulle basi di un'organizzazione statuale plasmata dalla Francia e dalla sua politica coloniale. Da Boumedienne alla struttura di potere dell'esercito, il discorso retorico di legittimazione è cambiato passando dal socialismo al panarabismo, dal modello di modernizzazione all'integrazione economica con l'Europa. Ma quello che mancava e manca è un progetto che rappresenti le legittime aspirazioni del popolo algerino e della sua appartenenza a una storia nazionale".
La causa berbera/amazigh, ricorda Pizzo, è sempre esistita. "Quello che avviene ora è che si vuole forse giocarla su un piano strettamente politico. Facciamo attenzione che questo non diventi ancora una volta un pretesto per una ennesima svolta autoritaria. La crisi dell'élite al potere è evidente, ma prima di morire può fare molto male, prolungando questo terribile tunnel di oscurantismo e autoritarismo che vive l'Algeria e questo in nome dello stato di eccezione".
Ma tra gli stessi berberi maturano scelte diverse dalla contrapposizione etnica. "La lotta per rivendicare la riabilitazione della cultura e della lingua berbera" spiega Karim Metref "si è materializzata dopo i tumulti popolari del 20 aprile 1980 in Cabilia. Ma non si è mai separata dalle altre lotte per le libertà democratiche sia individuali che collettive e per la piena cittadinanza di tutti gli algerini, con i loro punti in comune e le loro differenze".
Anzi, secondo Karim "gli animatori del Movimento culturale berbero, anche se hanno mobilitato la regione in una opposizione radicale al potere e alla sua dittatura, hanno chiaramente optato per l'opposizione democratica e nonviolenta".
Gli Aarouch e la nonviolenza
Dal marzo 2002 la Cabilia è di nuovo in rivolta. "Dalla reazione violenta delle fasce giovanili all'arbitrio e alla violenza dei gendarmi sulla popolazione, si è passati ad un autentico movimento popolare di resistenza, eletto e controllato dalle popolazioni dei villaggi: il coordinamento dei villaggi e tribù "Aarouch", che ha raccolto la collera dei giovani per farne un lancio costruttivo e alternativo credibile e non di distruzione come rischiava e rischia ancora di diventare".
Gli "Aarouch", aggiunge Metref, hanno prodotto una piattaforma di rivendicazione molto importante che potrebbe essere una base costruttiva per un'Algeria democratica, scegliendo un'opzione chiara contro l'uso della violenza. Tuttavia la mancanza di formazione ed esperienza impedisce loro di passare a forme più attive e costruttive di lotta. La struttura che ha assicurato fin qui la rappresentanza della popolazione della Cabilia comincia a mostrare i suoi limiti e gli animatori non riescono a rianimarla.
"Entrare in contatto con gli attivisti, raccogliere informazioni, testimonianze, immagini e suoni di questa protesta, per farla conoscere ad altre realtà attraverso la gente che potrà aiutarla a svilupparsi e migliorare i propri metodi di organizzazione, di comunicazione, di resistenza e di lotta; proporre e valutare con gli attivisti del movimento i bisogni e le possibilità di organizzare dei momenti di formazione dell'organizzazione dei movimenti di resistenza e dell'azione nonviolenta". Questi secondo Metref i prossimi passi da concretizzare. Accanto al sostegno all'autorganizzazione economica dei villaggi.
Tappeti, terracotta e gioielli d'argento
La situazione economica della Cabilia è caratterizzata da forte disoccupazione e alti tassi di emigrazione. Attualmente sono le rimesse degli immigrati e i salari degli impiegati in altre zone del paese a sostentare una gran parte della popolazione. L'agricoltura di montagna è resa difficile dalla grande partizione delle terre. Nonostante questa sia la zona a più grande densità di popolazione nel paese, le sue infrastrutture sono scarse.
Le attività artigianali tradizionali erano molto numerose. La lavorazione dell'argento, da cui si traggono splendidi gioielli, della terracotta e la tessitura dei tappeti sono quasi le uniche sopravvissute all'estinzione. Le tre comunità coinvolte nel progetto Microfinanza/Asaka Italia sono appunto specializzate in questi settori: Maatkas nella terracotta, Ath-Hichen nella produzione di tappeti e coperte, Ath-Yanni nella lavorazione dell'argento. Sono attività di vitale importanza sia culturale sia economica.
Gli artigiani non sono organizzati in nessun tipo di associazione o cooperativa e vendono singolarmente i loro prodotti a commercianti che poi li esportano. Il loro guadagno è assolutamente irrisorio rispetto a quello degli intermediari.
Tuttavia vi sono diverse iniziative per rivitalizzare il tessuto sociale ed economico. Tra le altre, l'Associazione Culturale Azar ha avviato in quella zona un'azione di tutela e promozione della lingua e cultura berbera, di sensibilizzazione ai diritti umani e di promozione di proposte economiche in armonia con le caratteristiche culturali, sociali e naturali della regione. Da qui nasce la possibilità di sostenere sul piano commerciale e finanziario la rete degli artigiani locali.
Per ogni comunità viene coinvolto in una prima fase un gruppo di artigiani scelti tra i più poveri e tra i giovani che si stanno formando. Nei villaggi di Ath-Hichem e Maatkas, dove si lavorano tappeti e terracotta, i beneficiari sono esclusivamente donne. Ad Ath-Yanni sono coinvolti per lo più uomini ma con una significativa presenza femminile, poiché tradizionalmente, il lavoro dell'argento impiega la famiglia intera. Il progetto riveste, quindi, notevole importanza nella valorizzazione della piccola imprenditoria femminile.
L'obiettivo è costituire una sorta di consorzio di vendita dei prodotti, anche all'estero tramite il commercio equo e solidale, e mettere le basi per una cassa di risparmio locale che accompagni questi artigiani e le loro comunità nella crescita economica e umana. Dando un contributo ad un futuro più pacifico e più democratico per l'intera Algeria.
(Questo contributo è pubblicato nel sito www.microfinanza.it).