In disperata speranza la vado cercando
in ogni angolo della mia casa,
ma non la trovo.
La mia casa è piccola
e ciò che una volta è andato via
non può mai più essere ripreso.
Ma infinito è il tuo palazzo, Signore,
e cercando lei sono giunto
alla tua porta.
Son sotto la canopia d'oro del tuo cielo
vespertino e levo ansioso gli occhi
verso il tuo viso.
Sono venuto sull'orlo dell'eternità
da cui nulla può svanire;
nessuna speranza, né felicità,
né la visione d'un volto
intravisto fra le lacrime.
Oh, immergi la mia vuota vita
in quell'oceano,
tuffala nel suo abisso più profondo.
Lasciami per una volta sola sentire
quella dolce carezza perduta
nella totalità dell'universo.
Radindranath Tagore
(da Gitanjali - LXXXVII)
Profilo biografico: poeta indiano (1861-1941), premio Nobel per la letteratura nel 1913. Dopo aver studiato in Inghilterra, rientrò in patria. Durante la sua lunga vita compì molti viaggi in vari paesi. Il suo linguaggio è ricco di evocazioni e di fascinose armonie. Nei suoi versi prendono corpo le immagini lontane di una cultura antichissima che si confrontano con i motivi venuti dall'Occidente. Scrisse per lo più nella sua lingua natale, il bengali, anche se la sua fama è legata alle traduzioni in inglese delle sue opere.
Opere di Rabindranath Tagore: Gitanjali è la sua opera più famosa, una raccolta di poemi religiosi (1912). Tra la sua vasta produzione citiamo: Il giardiniere (1913), Sadhana (1913), La luna crescente (1913), Uccelli migranti (1916), Il dono dell'amante (1918), La casa e il mondo (1919), Visioni bengalesi (1921), Lettere di viaggio (1924).
Su Rabindranath Tagore la voce in Wikipedia: Rabindranath Tagore.
Il testo che presentiamo: fa parte della raccolta Gitanjali. Il poeta, partito da una disperata ricerca dell'amata (o - cogliendo una valenza religiosa in questa ricerca - dell'anima), sperimenta sull'orlo dell'eternità il fondamento della speranza e della felicità e desidera l'incontro con la totalità dell'universo.