Dobbiamo tante parole, tanto clamore, ai giovani, a quelli che vengono!
Dobbiamo la parola esatta e rigorosa. Di tanto in tanto, il grido.
Sempre la mano tesa, la voce tesa verso il futuro comune.
Voce dovuta ai bambini e agli adolescenti, perché non consumino i prodotti di compagnie
che vivono di una pubblicità che svilisce, che butta in trivio
le cose essenziali, che conduce all'indifferenza.
Voce dovuta ai bambini di strada, a tutti quelli che vivono nell'oblio,
nell'abbandono, nell'emarginazione.
Voce dovuta sempre, fino all'ultimo istante.
Voce per ricordare i grandi creatori del nostro tempo.
Grandi artisti, architetti, filosofi, scienziati...
dimenticati nella ressa degli avvenimenti "stellari " di ogni giorno.
Voce per ricordare che non si possono privatizzare le responsabilità dello Stato,
né trasferire alla scuola quelle che sono proprie della famiglia.
Voce per ricordare da dove vengono i beni di nostro godimento:
dai Paesi che con tanta frequenza, fruttiamo senza mantenere le promesse che facciamo
e senza facilitare il loro autonomo sviluppo.
Voce dovuta a quelli che si alienano nell'alcool o nella droga, prede di artifici,
ma carenti di tenerezza e di dialogo. Voce per quelli che vivono male
e muoiono del tremito della dipendenza. Voce per le loro famiglie strozzate,
affondate.
Voce dovuta alla voce assente della donna, esclusa da tanti scenari e fori
dove la sua presenza i più necessaria che mai. Voce dovuta, soprattutto, agli invisibili, agli anonimi.
Voce alta dovuta a chi, stando al vertice, non ode a volte, a volte non ascolta,
le parole che si levano da chi ancora aspetta, da chi ancora spera.
Voce dovuta a quelli che sono morti, a quelli che hanno sofferto ogni tipo di crudeltà,
perché nessuno ha saputo, perché nessuno ha osato alzare la voce.
Voce dovuta alle madri, ai maestri, a quanti, malgrado i malgrado,
nei venti impetuosi e nelle tempeste, avanzano ogni giorno
nel cammino dell'amore e del dono. Voce dovuta a quelli che vengono,
a quelli che non sono ancora arrivati e rischiano di trovare la casa "diroccata e fredda".
Voce dovuta ai giovani di oggi che, così plurali, così disuguali,
sono tutti, senza eccezione alcuna, la nostra speranza.
I loro occhi ci guardano già. E ci impediscono di rimanere in silenzio. Senza cessare, senza riposare. José Angel Valente ha scritto: " È tempo di dolore. È tempo, allora, di alzarsi, tempo di non morire".
Senza riposo, perché i giovani non guardino indietro un giorno e ci dicano con tanta delusione quanto disprezzo: "Aspettavamo una parola, non è mai arrivata".
Voce dovuta, voce di vita.
Federico Mayor Saragoza
Profilo biografico: Federico Mayor Saragoza, già docente di biochimica all'Università Autonoma di Madrid, è un politico spagnolo; è stato direttore generale dell'UNESCO dal 1987 al 1999. E' anche presidente della fondazione "Cultura de Paz".
Opere di Federico Mayor Saragoza: in Italia è stato pubblicato Domani è troppo tardi: sviluppo, istruzione, democrazia, Studium, 1991, 352 p.
Il testo che presentiamo: è tratto da un articolo più ampio pubblicato dal quotidiano spagnolo "El Paìs" il 24 settembre 2002. Per l'autore si tratta di dare la voce a chi non ha voce, perché il futuro non può essere la tragica conseguenza di un silenzio complice, ma si radica nella speranza rappresentata dalle nuove generazioni e da quanti vengono emarginati dalla storia odierna.