Don Tonino Bello, vescovo
di Felice Di Giandomenico
E’ impossibile descrivere in poche righe ciò che Sua Eccellenza Mons. Antonio Bello, per tutti Don Tonino, ha rappresentato per la Chiesa e per tutti coloro che vivono ai margini di una società troppo spesso disattenta ai reali e penosi problemi della “gente comune”.
Nato ad Alessano in provincia di Lecce nel 1935, fu ordinato sacerdote nel 1957 a soli 22 anni.
Nel 1982 divenne vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi.
Nonostante l’alto incarico ecclesiale, Don Tonino era affabile e disponibile con chiunque bussava alla sua porta per chiedere una parola di conforto, un aiuto materiale, un momento di ristoro per l’anima. Ogni singola situazione veniva presa a cuore, affrontata con determinazione.
A chi gli chiedeva che cosa lo affliggesse di più, Don Tonino rispondeva: “Mi fa soffrire molto l'impossibilità di giungere a dare una mano a tutti. Ho un'agenda sovraccarica di persone che chiedono una visita, un sostegno, un appuntamento, del denaro, una soluzione ai loro problemi... Si vorrebbe avere occhi e mani per ognuno, ma non si riesce, e questo è il rammarico più grande”.
Una frase che risuonava spesso sulle labbra di Don Tonino era: “Coraggio, non temere”.
In uno suo scritto intitolato “Le mie notti insonni”, Don Tonino elenca una serie piuttosto lunga di paure che contaminano l’uomo moderno, minando anche il suo rapporto con Dio.
Paure frutto spesso di un progresso che, dopo gli entusiasmi iniziali, si ritorce sull’uomo che vive nell’illusione di mantenersi al passo con i tempi dimenticando che “E’ dal cuore umano che nasce e si sviluppa la nube tossica delle paure contemporanee”
Ma esiste un antidoto contro le paure, il Vangelo dell’antipaura come amava definirlo Don Tonino: “Alzatevi…Levate il capo” (Lc 21, 25-28.34-36). E’ il Vangelo che si legge la prima domenica di Avvento in cui Gesù esorta alla preghiera e alla fiducia nella liberazione definitiva da ogni timore, da ogni paura, da ogni negatività.
Forse anche per la sintonia con la spiritualità francescana (faceva parte dell'Ordine Francescano Secolare) Don Tonino amava lasciarsi guidare dal Vangelo "sine glossa", senza sconti sulla verità né diluizioni o prudenze carnali. Non a caso si definiva “Un buono a nulla. Ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona a Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno”.
Don Tonino era anche un vero innamorato dell’Immacolata e, in molti suoi scritti, questo amore diventava una continua dichiarazione d’amore nei confronti della Mamma Celeste.
Dal 22 al 29 luglio 1991, predicò un Corso di Esercizi Spirituali in occasione del 40° Pellegrinaggio della Lega Sacerdotale Mariana a Lourdes da cui venne tratto lo stupendo volume “Cirenei della gioia”. Condivise con i sacerdoti malati quel momento in cui il cuore umano si affida senza riserve alla grazia di Dio, chiedendo l’intercessione della Vergine Santa, offrendo al Signore la propria debolezza e precarietà terrena.
Don Tonino era abituato a prolungate soste davanti Tabernacolo, da cui traeva energia e ispirazione e molte delle lettere che spediva a coloro che, spesso addolorati e affranti si rivolgevano a lui, nascevano proprio nel cuore di una veglia notturna quando era a tu per tu con Dio.
Anche riguardo al tema della sofferenza, Don Tonino rimase sempre aderente allo spirito evangelico che ne sottende il senso. Aveva a che fare con i malati, i disabili, con coloro che nessuno considerava e che rimanevano silenziosi nel loro dolore; dolori diversi ma pur sempre urenti, che lacerano l’anima, che hanno la voce soffocata dall’indifferenza collettiva, che creano cicatrici evidenti nel cuore di chi li deve subire. Ma per Don Tonino, la sofferenza trova un senso vero solo se condivisa amorevolmente con Dio. Dice infatti: “C’è anche il caso, comunque, ed è molto frequente, che il dolore rafforzi l’intimità col Signore: il quale viene riscoperto non tanto come estremo rifugio di consolazione, ma come colui che "ben conosce il patire" e che sa solidarizzare fino in fondo con tutta la nostra esperienza”.
Parole profetiche. Colpito da un male inguaribile mantenne sempre fede ai suoi impegni di pastore d’anime con entusiasmo ma, soprattutto, con un’umanità davvero straordinaria, nonostante le sofferenze che lo tormentavano. La malattia di Don Tonino era una di quelle che non perdona, che produce dolori tremendi, che sfianca il corpo e debilita lo spirito.
Eppure non cessò un solo attimo di affrontare anche sofferenze che non gli appartenevano direttamente, lasciando sempre spazio a chi chiedeva aiuto o desiderava una risposta convincente sull’assurdità del dolore. Consumò lentamente i suoi ultimi mesi di vita tra la sua gente, tra i suoi poveri, tra gli inascoltati gridi della “gente comune”. La morte colse prematuramente Don Tonino il 20 aprile del 1993 a 58 anni.
HA DETTO
“Dio mio, purificami da queste scorie in cui naviga l’ anima mia, fammi più coerente, più costante. Annulla queste misture nauseanti di cui sono composto, perché ti piaccia in tutto, o mio Dio”.
“Io non risolvo il problema degli sfrattati ospitando famiglie in vescovado. Non spetta a me farlo, spetta alle istituzioni: però io ho posto un segno di condivisione che alla gente deve indicare traiettorie nuove, insinuare qualche scrupolo come un sassolino nella scarpa”.
“Vedete, noi siamo qui , Probabilmente allineati su questa grande idea, quella della nonviolenza attiva. Noi qui siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà.Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati”.
Andiamo fino a Betlemme,
come i pastori.
L'importante è muoversi.
E se invece di un Dio glorioso,
ci imbattiamo nella fragilità
di un bambino,
non ci venga il dubbio di aver
sbagliato il percorso.
Il volto spaurito degli oppressi,
la solitudine degli infelici,
l'amarezza di tutti gli
uomini della Terra,
sono il luogo dove Egli continua
a vivere in clandestinità.
A noi il compito di cercarlo.
Mettiamoci in cammino senza paura.
(don Tonino Bello)