«La prima cosa che Allah creò fu il calamo, e tutto quello che volle creare, disse al calamo di scriverlo. Poi, quando si fu messo a scrivere, Allah creò il cielo, la terra, il sole, la luna e gli astri, e allora la sfera terrestre cominciò a girare» (Muhammad Ibn ar§r al-Tabari). Secondo questo racconto, il mondo è stato fatto per essere raccontato, per essere letto. Finché ci sarà un narratore o un lettore, il mondo continuerà ad esistere. Il giorno del giudizio sarà il giorno della parola definitiva ed il mondo s’arrotolerà nel nulla quando la Parola si ritrarrà da esso.
«Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» (Gv 21, 25). La conclusione del vangelo di Giovanni usa un’immagine carica di enfasi, cara alla retorica. Innanzi tutto ci fa capire che qualsiasi opera scritta risulta incompleta. A maggior ragione un’opera che voglia accostarsi a quella Parola che ha piantato la sua tenda in mezzo agli uomini (Gv. 1, 14). Bisogna quindi essere consapevoli che se la Parola fa esistere il mondo, il mondo tuttavia non è sufficiente a contenerla.
«Se tutti i cieli divenissero pergamena, se tutti gli alberi si cambiassero in stili e se tutte le acque fossero inchiostro, quest’ancora non mi basterebbe per scrivere la sapienza che ho ricevuto dai miei maestri. Ma non ho conosciuto della sapienza del saggio se non il turbamento che porta al mare la mosca che cade sulla cresta delle sue onde» (Rabbì Johann ben Zakkai). L’uomo si muove nell’orizzonte del limite. Un limite con il quale si può misurare attraverso la scrittura e la lettura. Poiché la scrittura ha in sé tracce del divino e l’uomo sia attraverso l’ascolto sia mediante la lettura della Parola può sperimentare il fascino della sottile voce del silenzio.
In tutti e tre i testi citati recuperiamo in filigrana la tacita consapevolezza che oltre alla Parola, l’uomo deve confrontarsi con ciò che non può essere detto, pronunciato, scritto. Vale a dire, col silenzio.
Fausto Ferrari