«Salve, regina, madre di misericordia!». Così la Chiesa, da secoli, si affida a Maria perché «rivolga a noi quegli occhi suoi misericordiosi» attraverso la preghiera composta da un monaco tedesco, nato nel 1013, colpito da una grave malattia che gli impedì di muoversi, ma non di essere un uomo profondamente spirituale, di raffinata cultura: il beato Ermanno di Reichenau. Nella sua vita provata guardò alla Madonna «vita, dolcezza e speranza nostra».
Quando ci rivolgiamo a Maria, non possiamo non cogliere infatti quei tratti misericordiosi che hanno segnato il suo cammino e interpellano il nostro. È quanto Papa Francesco auspica nella Bolla di indizione del Giubileo: «La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno santo, perché tutti possiamo scoprire la gioia della tenerezza di Dio» (Papa Francesco, Misericordiae vultus 24). Rileggendo i vangeli, ci accorgiamo della presenza di alcuni atteggiamenti della madre della misericordia: sono un dono e un compito per noi.
Attenzione. Maria esprime l'attenzione dicendo il suo sì alla maternità messianica (cf Lc 1,38); si lascia condurre per le strade dell'amore salvifico diventando risonanza dell'infinita misericordia. Accogliendo Dio, ha accolto anche la passione di salvezza che è lo g scopo stesso dell'incarnazione. L'attenzione di Maria a Dio, propria dell'annunciazione, esprime la contemplazione che raggiunge i momenti concreti dell'esistenza, come l'episodio di Cana di Galilea (cf Gv 2,1-12), dove si manifesta la misericordia in un banchetto che rischiava di finire male. Maria non esclama: «Manca il vino», ma: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Se l'assenza di vino, biblicamente, indica ciò che chiude, irrigidisce e crea sospetto, la sua presenza esprime entusiasmo, semplicità e scioltezza interiore.
Maria manifesta la sua attenzione misericordiosa non solo per qualcosa che manca, ma per una umanità che non ha più la gioia del Vangelo, di cui il vino è segno. Si immedesima nella situazione degli altri, rivivendola dal di dentro, con uno sguardo d'insieme che non trascura nulla. È attenta ai vari momenti dell'esistenza umana, perché è la più attenta a Dio: la contemplazione genera un'attenzione misericordiosa verso gli altri. Chi prega, vede meglio e aiuta altri a vedere; non lascia che il cuore si intristisca in grettezze e chiusure, ma è sollecito a intuire e valorizzare nuove opportunità di dialogo, stima, benevolenza, condivisione collaborativa. È lo stile della gioia del "secondo vino" di Cana di Galilea che esprime l'attenzione propria di un amore definitivo che si mette in gioco per l'altro (cf Benedetto XVI, Intervento, Milano, 2.6.12).
Comunicazione. A Cana di Galilea, Maria non si accontenta di guardare una situazione difficile, ma interviene presso Gesù comunicando concretamente i dettagli della situazione, diventando così mediatrice di intesa e serenità tra i commensali al banchetto. Il tempestivo comunicare di Maria interpella il nostro relazionarci a ogni livello. Il desiderio di andare d'accordo, la comunione nelle famiglie, nelle comunità, sono parole grosse. Ci si dovrebbe però ricordare che l'intesa, la comunione, senza dei tangibili gesti che la esprimono, rimangono astratte. Talvolta, nella vita familiare, il desiderio d'intesa è grande, sincero, ma non si comunica. Anche la stima verso il coniuge, se non si esplicita, rimane astratta e non viene percepita; mancando l'espressione, rimane un puro desiderio.
A questo livello è importante nella vita familiare e comunitaria non risparmiare gesti di stima, esprimendoli oltre la spontaneità, o il "mi sento" o "non mi sento". Attraverso questa comunicazione quotidiana dei piccoli gesti si costruisce e si mantiene in vita l'amore.
Papa Francesco incoraggia la coppia e la famiglia a saper comunicare bene in questa direzione per raggiungere un'intesa riuscita. Indica tre parole per far crescere l'accordo: «Permesso, grazie, scusa». Chiedere permesso esprime nella famiglia la richiesta gentile di entrare nella vita dell'altro mostrando che l'amore vero non si impone con l'aggressività; si scoprirà così che la cortesia custodisce l'amore. Anche la quotidiana comunicazione del ringraziamento reciproco aiuta a spianare la strada di fronte a tensioni e difficoltà; chi sa ringraziare considera l'altro come dono di Dio; si supera così la tentazione di strumentalizzarlo, accogliendolo invece nella sua dignità di persona. Anche la quotidianità, caratterizzata da sincere richieste di perdono, edifica la famiglia e la comunità: la debolezza riconosciuta accoglie la misericordia che fortifica e rinnova (cf Papa Francesco, Discorso, 14.2.14).
Magnanimità. Nel Magnificat risuona la grandezza della misericordia di Dio cantata da Maria (cf Lc 1,50; 1,54); il suo animo risuona di questa magnanimità. Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, nella sua vita; non ha paura che Dio possa essere un concorrente che toglie qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi lo siamo. Maria ci invita a cogliere la grandezza di Dio nella nostra vita (cf Benedetto XVI, Omelia, 15.8.05). La stessa vita pubblica è chiamata a diventare spazio dove si pratica la misericordia dell'intelligenza. È importante che Dio sia presente attraverso la cura del parlare e dell'argomentare su temi come la vita, la famiglia, il lavoro, non solo perché sono resi pubblici, ma perché hanno una pubblica obbligatorietà e responsabilità da parte di tutti. J. Pieper, filosofo e teologo tedesco, osservava che uno Stato che non ha cura dei valori della vita, della famiglia e del lavoro come aventi una pubblica obbligatorietà consegna i suoi cittadini alla pubblica disperazione; invece uno Stato che ne ha cura, consegna i suoi cittadini alla pubblica speranza.
La grandezza della vocazione umana della vita, della famiglia, del lavoro non può essere compressa nel semplice privato. Quando ciò accade, la società diventa malinconica, un luogo di disperazione. Se questa magnanimità della vita umana ritroverà gli spazi naturali che gli appartengono, la società esprimerà la speranza come conseguenza di una ritrovata dignità della persona che non può essere compressa negli spazi angusti di un privatismo individualistico (cf J. Pieper, Lieben, Hoffen, Glauben, Monaco 1986).
La grandezza della misericordia di Dio, cantata da Maria, invita a riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita comune, perché solo se Dio è presente abbiamo un orientamento, una strada comune; altrimenti i contrasti diventano inconciliabili perché, in nome della libertà di opinione, si assolutizzano pretese verità che non possono che essere frammentate, quindi menzognere.
Consolazione. Maria è madre di misericordia anche perché Gesù le affida ai piedi della croce la Chiesa e l'intera umanità (cf Gv 19,25-27). Maria diventa perciò capace, come nessun altro, di comprendere le nostre miserie e di intercedere per noi. Dove ci consola Maria? In ogni ambito della nostra vita; in particolare, ricorda l'enciclica Veritatis splendor, quando si ha l'impressione che la morale cristiana sia in sé stessa troppo difficile.
San Giovanni Paolo II di fronte a questa opinione rispondeva così: «Ciò è falso, perché la morale cristiana consiste, in termini di semplicità evangelica, nel seguire Gesù Cristo, nell'abbandonarsi a lui, nel lasciarsi trasformare dalla sua grazia e rinnovare dalla sua misericordia, che ci raggiungono nella vita di comunione della sua Chiesa» (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor 119).
Come ci consola Maria, madre di misericordia di fronte a questa sfida? «Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una totale trasparenza alla grazia di Dio. Non avendo conosciuto il peccato, ella è in grado di compatire ogni debolezza. Comprende l'uomo peccatore e lo ama con amore di madre.
Proprio per questo sta dalla parte della verità e condivide il peso della Chiesa nel richiamare a tutti e sempre le esigenze morali. Per lo stesso motivo non accetta che l'uomo peccatore venga ingannato da chi pretenderebbe di amarlo giustificandone il peccato, perché sa che in tal modo sarebbe reso vano il sacrificio di Cristo, suo Figlio» (ibid, 120). Papa Francesco ci richiama un motivo di consolazione universale che proviene da Maria presso la croce. Ella «attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno» (Papa Francesco, Misericordiae vultus 24).
Franco Ciravegna
(tratto da Vita pastorale, n. 5, 2016, pp. 4-6)