Formazione Religiosa

Mercoledì, 20 Luglio 2011 22:00

La gioia (Sr. Germana Strola o.c.s.o)

Vota questo articolo
(2 Voti)

Non capita spesso di leggere o di udire delle riflessioni sulla gioia, in un tempo come il nostro, travagliato da un lato da innumerevoli difficoltà e problemi sconcertanti, e dall’altro sempre avvolto dalle chimere di un paganesimo gaudente, consumista.

Eppure l’annuncio dell’autentica gioia è l’essenza della Buona Novella, il dono dell’esperienza di Cristo comunicata agli uomini (Gv 15,11; 17,13). Di fronte alla superficialità di un ottimismo facile che si illude di saziare il desiderio con degli slogan sulla bellezza della vita, da godere traendone il maggior profitto possibile, la gravità della parola di Dio riconduce alla serietà di un mistero di morte e risurrezione, di peccato e di grazia da cui scaturisce in verità l’autentica consolazione.
A ben riflettere, la gioia accade nell’uomo in alcuni momenti vertice della sua esistenza, quando si compie, anche solo per un attimo, l’incontro a cui tende il suo desiderio: tutto si armonizza e si integra allora in una pace che colma di pienezza le aspirazioni interiori. Si parla tuttavia di gioia anche quando un sentimento più diffuso di letizia interiore accompagna, come per sovrappiù, la maturità della persona adulta che, accogliendo la realtà in tutte le sue sfide, vi sa rispondere con grandezza d’animo.
Un segreto che non si spiega soltanto per il dono di un temperamento felice o la sorte di un’esistenza protetta dai rovesci della sventura, ma che ultimamente si radica in una fede profonda, in un abbandono sereno e confidente in Dio, principio e fine del nostro esistere.

Dio e la gioia nell’Antico Testamento

Un primo dato essenziale è che Dio stesso gioisce delle sue opere (Sal 104,31) e della salvezza del suo popolo (Sof 3,17; ecc.). La gioia emana da Lui e da Lui riverbera sulla creazione intera (Pr 8,30-31; Gb 38,7); dal suo volto di luce si riversa la gioia sugli uomini (Sal 4,8), nel tempo (Sal 21,7) e per l’eternità (Sal 16,11; 17,15). La gioia di Dio è la vostra forza (Ne 8,10); qui si radica l’allegrezza della fede, che invita: poni la tua gioia nel Signore (Sal 37,4) e suggerisce: io gioirò nel Signore (Sal 33,21; 104,34).
La correlazione tra Dio e la gioia attraversa di fatto tutta la Scrittura: la sua parola è fonte di gioia (Ger 15,16; Sal 19,9), cosi come la legge (Sal 119,14.16.111.143.162), la rettitudine, l’integrità morale (Pr 15,30). Sono i giusti, coloro che esultano nel Signore (Sal 32,11; 33,1.21; ecc.), cioè coloro che, obbedendo alla sua volontà, godono delle sue benedizioni (Dt 30,9).
Nelle vicissitudini del popolo di Israele, la gioia scaturisce dall’intervento del Salvatore, fedele all’alleanza con il suo popolo (nell’Esodo dall’Egitto, Es 15; Sal 66,6; 105,43, ecc.; nel ritorno dall’esilio in Babilonia, Is 35,10; 44,23; Sal 126; ecc.). Soprattutto nei profeti e nei salmi, emerge con evidenza come la gioia scaturisca dal dono della salvezza (Is 12,3-6; Sal 13,6; 16,9-1 0; ecc.), che prende la forma sia del recupero della salute fisica, sia della liberazione dal nemico, del perdono dei peccati (Sal 51,10.14)o dell’esaudimento della preghiera (Sal 14,7; 26,7; 53,7; 107,30; ecc.). Ma è soprattutto nella celebrazione della liturgia dove ricorre con maggiore frequenza il tema della gioia. come attesta il Dt (12,7.12.18; 14,26; 16,11; 27,7; ecc.) oltre al libro dei Salmi: la lode va di pari passo con la gioia (Sal 9,3; 67,5; 105,2-3). Dalla comunione dell’uomo con Dio deriva la festa, cioè la condivisione del dono ricevuto tra tutti i partecipanti alla celebrazione cultuale (Dt 12,7; 27,7).
La Bibbia è ricca inoltre di annotazioni spontanee sulle semplici gioie del vivere, che si aprono come squarci di luce verso la pienezza di bene che viene da Lui (Qo 2,24s; 3,12s; ecc). La creazione intera, nella riconciliazione dell’uomo con Dio, esulta per i doni elargiti dalla divina fecondità (Sal 65,13-1 4). Così, non solo i momenti di successo, i frutti del proprio lavoro (Qo 3,22) ma soprattutto la gioia che caratterizza le nozze (Sal 45,16; Ct 3,11; Pr 5,18) e che si prolunga nella pienezza della fecondità (Sal 113,9; 128,5-6; 1 Sam 2,1ss; ecc.) divengono segno trasparente dell’alleanza di Dio (/s 62,5; Ger 33,11). Nulla è semplicemente profano: né l’esultanza che accompagna il raccolto dei frutti della terra, nè l’abbondanza del mosto del vino e dell’olio (Is 9,2; 62,9; ecc.), tanto meno l’allegrezza della convivialità (Est 9,17; 1 Sam 11,15; SaI 23,5). La gioia del popolo di Dio include sempre una dimensione religiosa, per esempio nell’incoronazione del re (1 Sam 11,15; I Re 1,38-40), nel trasporto dell’arca (2 Sam 6,12; ecc.), nella dedicazione del Santuario (1 Re 8,66) o nella vittoria sui nemici (I Sam 18,6; 2Cr 20,27), fino alla ricostruzione delle mura di Gerusalemme distrutta e del Tempio (Esd 3,12-13; 6,22), ecc.
Si apre infine anche nell’Antico Testamento un orizzonte escatologico, è dove si afferma la scomparsa della morte e la promessa di una gioia che non avrà fine (Is 25,6-8, ecc.); analogamente, le immagini di esultanza dei salmi di YHWH Re (Sal 93,1; 96,10; 97,1; ecc.) assumono una dimensione che non si esaurisce nel tempo storico. Le promesse di Dio che non si compiono all’interno della storia di Israele, vengono rilanciate verso un futuro intuito come certo dalla forza della fede (Is 35; 41,1 Bss; 43,19; 61; Ger 31,13; ecc.).

La Gioia della Buona Novella

I Vangeli di Mt e Mc presentano il contenuto della gioia quando parlano della «buona novella» (Mt 4,23; Ma 1,1: 1,14- 15; 8,35; ecc.) portando a compimento le attese messianiche (Is 61,1-3; Mt 11,5; Lc 4,18.43; ecc.). Il Signore Gesù è lo sposo, la cui presenza introduce nella celebrazione del festino escatologico (Mc 2,19; Mt 9,15; 14,15-21; par.). Le beatitudini, che aprono la sua predicazione (Mt 5,3-12; La 6,20-23) annunciano che in Lui è presente la consolazione promessa ai poveri, agli afflitti e ai perseguitati (Mt 11,25-26; Lc 10,21-24) e che si realizzerà pienamente nella Parusia (cfr. Mt 25,2123). Tuttavia, la gioia è l’esperienza già attuale di chi non solo accoglie la Parola (Mt 13,20; Mc 4,16), ma gioca su di essa la propria vita (Mt 13,44). La conversione, il perdono dei peccati (Mt 9,6) non solo allietano l’uomo, ma rallegrano il cuore stesso di Dio (Mt 18,12-14; cfr. Lc 15,7.10). La gioia corona quindi l’evento della morte e risurrezione di Cristo (Mt 28,8.9) e si perpetua nella sua presenza con noi fino alla fine dei tempi (Mt 28,20).
La tematica della gioia attraversa tuttavia, in modo particolare, il Vangelo di Luca: fin dall’annuncio della nascita del precursore (Lc 1,14) e dall’annunciazione dell’angelo a Maria (Lc 1,28) un’atmosfera di letizia e di allegrezza si estende per tutte le pagine del terzo vangelo. Nella Visitazione della Vergine a Elisabetta, il bimbo sobbalza nel grembo dell’anziana cugina (Lc 1,44) e la Madonna celebra nel Magnificat le meraviglie di Dio (Lc 1,46-55). L’esultanza per Colui che visita e redime il suo popolo (cfr. 1,68) si compie con la nascita del Salvatore, il Cristo Signore (Lc 2,1 0-11). La gioia caratterizza la vita terrena di Gesù (10,21-22; 13,17), segna l’esperienza dei discepoli (6,23; 10,17-20) fino a raggiungere il suo apice, dopo l’entrata in Gerusalemme (19,37) e la consumazione dell’evento pasquale, nelle apparizioni del Risorto (Lc 24,41) e a sua ascensione al cielo (24,52).
Nei quarto vangelo e negli scritti della scuola giovannea, la tematica della gioia apre invece uno scorcio profondo sulla vita di Gesù, del Padre e dello Spirito comunicata ai credenti. La gioia di Cristo (Gv 11,15; cf. 4,36) rivela la sua identità di Figlio mandato dal Padre per coinvolgere gli uomini nella comunione trinitaria, e raggiunge il vertice nel dono dello stesso amore ai suoi discepoli (17,13). Giovanni Battista, amico dello Sposo (3,29), gioisce per l’inaugurazione delle nozze messianiche. Anche Abramo aveva esultato (8,56) per l’intuizione profetica del «giorno» del Figlio di Dio. E per la piena realizzazione di questo «giorno», il suo mistero di passione, morte e risurrezione (1 4,28.31), gioiscono i discepoli. La sofferenza per la gestazione del mondo nuovo (1 6,20-22.24) colora la gioia cristiana di una particolare densità: assunto nella croce salvifica, il dolore della vita è trasfigurato nelle piaghe gloriose di Cristo. E il dono dello Spirito Santo dilata la gioia dei discepoli in prospettiva trinitaria (16,22; 20,20-23): nell’incontro con l’umanità gloriosa di Gesù che lo effonde su di loro, ricevono la stessa missione che gli ha affidato il Padre.
Negli Atti degli Apostoli, la gioia appare poi nell’annuncio della Chiesa nascente (At 2,26) e caratterizza la sua vita quotidiana (2,46) anche nella persecuzione (5,41), contagiando coloro che accedono alla fede (16,34), fino ad estendersi anche ai pagani (11,23; 13,48; 15,3) quale frutto della predicazione e del battesimo, per il dono dello Spirito Santo (8,8.39; 15,31).
Paolo riprende e approfondisce nel suo epistolario ciò che avvenne per lui sulla via di Damasco: dall’incontro con il Cristo crocifisso e risorto dai morti sgorga la gioia del credente: aderendo al suo Signore, sperimenta la propria esistenza come un con-morire e un con-risorgere con Lui (Rm 6,8; 2 Tm 2,11). La debolezza diviene allora il luogo dell’autentica forza (2 Cor 2,10; 13,4.9): il discepolo gioisce nella piena condivisione del destino del suo maestro (Fil 2,17-18), ne condivide i sentimenti (FI! 2,1-il; 4,1), si rallegra in Lui (Fil 3,1; 4,4.10) di Lui, per Lui (Rm 6,11; 8,1; 1 Cor, 1,30; ecc.). La gioia (1Ts 5,16), nella quotidiana tribolazione apostolica (2 Cor 6,10), è il riverbero concreto dell’esperienza del Risorto, che anche nella prova dona la pace e l’esultanza escatologica (2 Cor 7,4; Col 1,11.24). In senso proprio, è lo Spirito che rende operante l’evento del Risorto nel cuore degli uomini (1Ts 1,6; Gal 5,22), a tal punto che è possibile affermare che il contenuto della gioia è lo stesso Spirito che dimora nel cristiano (2 Cor 6,6) e produce i frutti che caratterizzano la vita nella fede della risurrezione (Gal 5,16-22: Rm 14,17). Dono dello Spirito, infine, la gioia prende corpo nell’incontro dell’apostolo con le sue comunità (1Ts 2,20, FU 4,1), in cui continua, per fede e per dono della grazia, la presenza del Risorto.
Nelle lettere giovannee, infine, non solo accogliere, ma estendere a tutti la comunione con il Padre e con il Figlio, sarà la dinamica che condurrà i discepoli verso la pienezza della gioia (1 Gv 1,3-4). Causa e contenuto propriamente cristiano della gioia della Chiesa diverrà il vivere nella verità e nell’amore (2 Gv 3-4), cioè la comunione reciproca dell’esperienza della fede (2 Gv 12). Lo stesso insegnamento risuona nelle lettere cattoliche: la profondità della gioia cristiana, si compie nella condivisione del destino del Maestro (Eb 12,lb-4; cfr. 10,34- 39). La prova stessa che inevitabilmente segna in forme sempre diverse la vita dei credenti (At 14,22), viene percepita come l’ambito di una letizia paradossale (1Pt 1,6- 8), in cui si invera l’appartenenza al Signore risorto, fino alla piena identificazione con il suo cammino pasquale (1Pt 4,12-14; cfr. At 5,41).
Il messaggio della gioia del Nuovo Testamento trova quindi il suo apice nell‘Apocalisse: la salvezza escatologica (12,10; 19,5-6) viene rappresentata attraverso le nozze dell’Agnello con la sua Sposa, la nuova Gerusalemme (19,7.9): nella visione apocalittica, asciugate tutte le lacrime e distrutta la morte. per sempre (21,4), Dio e gli eletti abitano i cieli nuovi e la terra nuova (21,1.5), nella realizzazione piena dell’alleanza (21,3). L’esultanza senza fine del cantico nuovo, che celebra la vittoria definitiva sul male (5,9-10; 14,3; 1 8,20), risuona nella città santa, perfezione di bellezza e di splendore (21,15-21): tutto è trasparenza, comprensione piena (22,4), regalità (11,15; 22,5), vita (21,6; 22,1-2) e luce (21,23-24; 22,5).

Concludendo

Nel Cristo Gesù, che ha assunto e trasfigurato nella sua Pasqua il dolore umano, i discepoli partecipano della gioia di Dio e la effondono con la testimonianza del loro amore. La sofferenza non è abolita, ma redenta. Nelle piaghe gloriose del Cristo Risorto risplende l’Amore trinitario, perché i credenti sperimentino nella sequela del loro Maestro l’esultanza dello Spirito Santo. Nell’orizzonte propriamente escatologico si compiranno definitivamente le promesse dell’alleanza, la comunione nuziale, la lode senza fine di Dio per la distruzione del male, ma già da ora lo Spirito effuso nei nostri cuori produce quei frutti di amore, gioia, pace, che significano il prorompere della vita di Dio nel tempo degli uomini.

Sr. Germana Strola  o.c.s.o

 

Letto 2635 volte Ultima modifica il Martedì, 07 Febbraio 2012 09:59
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search