Chi ha scritto il Vangelo di Giovanni? Quando? E dove? Mistero. Lo stesso testo non presenta alcun nome di autore perché il titolo è stato messo solo più tardi ma si riconosce debitore di un personaggio misterioso: “il discepolo che Gesù amava”, scrive Alain Marchadour, decano della facoltà di teologia dell’Institut catholique de Toulouse. (1) Bisognerà aspettare i testi di Ireneo di Lione, nell’anno 180, perché si possa pensare che l’apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo e il “discepolo che Gesù amava” sono una sola persona e che essa è l’autore del quarto Vangelo.
Se Giovanni è proprio l’ispiratore, il testimone privilegiato degli avvenimenti riportati in questo Vangelo, non sembra che ne sia il solo redattore: la maggior parte degli esegeti pensa che si tratti piuttosto di un lavoro collettivo attribuito alla “scuola giovannea”, un gruppo di autori fedeli alla testimonianza di Giovanni. Impiantata in Palestina, questa comunità composta di Ebrei, di Samaritani e di Greci che si sono rivolti verso Gesù, conserva strette relazioni con i suoi vicini ebrei. Ma nel 70, in seguito alla rivolta degli Ebrei contro l’occupante romano, Gerusalemme è rasa al suolo; la comunità fugge dal paese e si rifugia in Asia Minore, probabilmente a Efeso. Qui le relazioni con gli Ebrei si fanno tese: espulsa dalle sinagoghe, la comunità nutre rancore verso i suoi antichi vicini e si rivolge ai pagani. Senza successo. Ed è in questo periodo, negli anni 90, che il Vangelo sarebbe stato redatto "per preservare la sua testimonianza di fronte agli scismi e alle eresie che si sviluppavano nel suo seno”, ipotizza Jean-Luc Monneret. (2)
Lo scenario e i personaggi di Giovanni
Questo Vangelo si divide in due parti: dopo il prologo, un capolavoro che condensa tutto il mistero dell’Incarnazione, il Libro dei Segni (o Libro della Fede) racconta il ministero pubblico di Gesù che percorre il paese per portare agli uomini il suo messaggio. Poi viene il tempo della rivelazione, riferito nel libro della Gloria, che si apre con la cena di addio, e infine l’epilogo. Se i Vangeli presentano tutti la stessa sinossi: la storia di Gesù di Nazaret, il quarto Vangelo non adotta né lo stesso inquadramento, né gli stessi personaggi e propone un suo proprio scenario.
L’azione, prima di tutto. Nei Vangeli sinottici il ministero di Gesù si svolge per un periodo indeterminato, intorno al lago di Tiberiade e termina con la sua unica salita a Gerusalemme. In quello di Giovanni, Gesù moltiplica le andate e venute fra la Giudea e la Galilea per il tempo di tre Pasque, cioè per due o tre anni. Inoltre mancano alcuni avvenimenti: per esempio il battesimo di Gesù o la confessione di Pietro. Altri episodi sono nuovi, come le nozze di Cana o la resurrezione di Lazzaro. Anche la missione del Cristo è diversa: contrariamente ai sinottici, il Vangelo di Giovanni non si preoccupa di annunciare la venuta del Regno di Dio, ma sviluppa la nozione di vita eterna, già presente mediante la fede. Ben più che il Profeta o il Messia atteso, Gesù è il Figlio unico del Padre.
Ma paradossalmente, attraverso i suoi racconti, Giovanni traccia anche del Cristo il ritratto di un uomo quasi come gli altri: ha fame, ha sete, soffre per il tradimento dell’amico Giuda. Soprattutto non impone nulla ai discepoli se non di amarsi gli uni gli altri come lui li ha amati.
Segni e simbolismo
Gnostici poi Manichei all’inizio dell’era cristiana, Catari nel Medioevo, Testimoni di Geova oggi: il quarto Vangelo ha ispirato molti gruppi settari e molti movimento esoterici. Così il riferimento a Giovanni è molto presente fra i massoni, a volte qualificati come giovanniti. In certi riti le logge aprono la Bibbia al prologo del Vangelo di Giovanni. Il Venerabile Maestro, cioè il capo della cerimonia, rappresenta san Giovanni, E giustamente: secondo il padre Édouard Cothenet, autore di molti libri sull’argomento, (3) “Questo Vangelo sviluppa dei temi universali e utilizza i grandi simboli dell’Antico Testamento - l’acqua, il pane, il vento, la luce, le tenebre – che convergono verso la persona del Cristo. Come tutti i simboli, restano aperti a varie interpretazioni”, Ognuno vi attinge quel che vuole e lo aggiusta a suo gusto.
D’altronde in questo Vangelo tutto è questione di stile: “Sarebbe un errore il separare i racconti dai discorsi. C’è una dimensione spirituale che si unisce alle realtà materiali”, aggiunge il P. Cothenet. È questa l’originalità di questo Vangelo: dietro ogni guarigione, ogni avvenimento, si nasconde una realtà più profonda. E poi ci sono i segni, quel numero di 153 pesci pescati dai discepoli in Galilea (li hanno contati?), vero rompicapo per gli esegeti, e quel numero 7 che ritorna continuamente (la settimana inaugurale del Cristo, sette viaggi, sette segni). Ancora enigmi. Senza dimenticare gli scontri fra Gesù e gli Ebrei che hanno sollevato false polemiche sul carattere antisemitico dell’opera, e la nozione di lotta fra il bene e il male – la luce e la verità da un lato; la menzogna e il principe delle tenebre dall’altro – cara al movimenti millenaristi.
Per il P. Cothenet bisogna rimanere fedeli allo spirito di Giovanni: “la parola chiave di questo vangelo è la vita; Giovanni ci apre l’intimità del Cristo. È il Vangelo della contemplazione: si tratta di credere per vedere”. E di leggere fra le righe.
Benoît Merlin
1) Guide de lecture du Nouveau Testament, sous la direction de P. Debergé et J. Nieuviarts (Bayard, 2004).
2) L’Évangile dans tous ses états par J.-L. Monneret (Dervy, 2005)
3) La Chaîne des témoins dans l’Évangile de Jean: de Jean-Baptiste au disciple bien-aimé per É. Cothelet (Éd. du Cerf, 2005)
(da Le Monde des religions, n. 14 - Dossier: Les Évangiles)
I sette segni
L’acqua cambiata in vino, la guarigione del figlio dell’ufficiale, quella del malato di Bethseda, la moltiplicazione dei pani, la guarigione del cieco, la resurrezione di Lazzaro e infine quella di Gesù. Si tratta dei sette “segni” e non dei miracoli compiuti da Gesù. Con questo termine l’Evangelista evoca non soltanto i gesti che riveleranno l’identità di Gesù agli occhi del mondo, ma ne trae anche il suo insegnamento.
Così alle nozze di Cana (Gesù compie il suo primo segno cambiando l’acqua in un vino sconosciuto ma eccellente) il lettore può essere colpito da una scena: quando Maria gli chiede di fare un gesto, Gesù la respinge chiamandola “donna”. Strano modo di parlare alla madre! Con questa risposta Giovanni sottolinea che Maria riporta vittoria non per la sua qualità di madre, ma perché è una donna di fede. Un segno, un messaggio. In fine dopo questi segni Giovanni propone un metodo di lettura e spiega ai lettori il procedimento da seguire: “Questi segni sono stati scritti perché voi crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo, voi abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,30-31).
Il papiro P 52
Tale è il nome di codice del frammento di papiro che contiene gli ultimi estratti del Vangelo di Giovanni. Scoperto all’inizio del XX secolo in Egitto, è oggi conservato alla John Rylands Library di Manchester. Nel 1934 il professore Roberts, dell’Università di Oxford, fa risalire il frammento intorno al 125. Calcolando il tempo necessario alla sua redazione e alla sua diffusione, i ricercatori ritengono che debba essere stato scritto 30-35 anni prima. Si tratta del più antico estratto del Nuovo Testamento.