Invecchiamento e fine vita
di Maria Teresa Pontara Pederiva
La bioetica? Non solo per addetti. È l'invito risuonato al Forum, perché il contributo dell'opinione pubblica dev'essere valorizzato. Il tema riguardava specificamente l'invecchiamento e le questioni del "fine vita".
Che dire della condizione degli anziani in Europa? Come vengono vissute dalle famiglie le situazioni di solitudine e di malattia dei nonni? E gli anziani come si collocano all'interno delle società del vecchio continente? Sono ancora capaci di avvertirsi come una risorsa per tutti in termini di esperienza, saggezza, capacità di fare memoria? E del "fine vita" se ne parla o resta un tabù?
Alla vigilia della ripresa della discussione al Parlamento francese della revisione della Legge quadro 2004 in materia di bioetica e di quella di casa nostra alla Camera sulle Dichiarazioni anticipate di "fine vita" (leggi "testamento biologico"), il Consiglio d'Europa ha promosso a Strasburgo il 1° Forum europeo di bioetica (1-5 febbraio 2011).
All'insegna del motto Dall'inizio alla fine della vita, l'umano mi riguarda, le giornate intendevano «ripensare all'uomo di fronte ai progressi della scienza e della tecnica che lo coinvolgono nella sua corporeità». Tema di questa prima edizione: Invecchiamento e termine della vita, così da permettere al grande pubblico di «riappropriarsi del dibattito attorno alla questione dell'invecchiamento e della morte».
«Un successo impressionante» titola a tutta pagina la Tribuna di Strasburgo all'indomani della giornata conclusiva, titolo che potrebbe rappresentare la sintesi dei commenti sui maggiori quotidiani europei, mentre da noi è passato sotto silenzio. Nell'arco di cinque giorni oltre 6.500 presenze, tra 25 diverse manifestazioni, 14 incontri-dibattito, 6 appuntamenti culturali collegati e 5 appositamente dedicati agli studenti delle scuole superiori. Una sfida riuscita, che ha corrisposto nella maniera più che positiva alle attese di Israël Nisand, autentica "anima" dell'iniziativa. Un successo che si può ascrivere all'azione congiunta dei numerosi partner in gioco - secondo la direttrice generale Nadia Aubin - e al lavoro di squadra di tutti i relatori che si sono avvicendati tra conferenze e dibattiti al di là di ogni corrente di pensiero.
Un Forum che parte da lontano
Tutto sembra aver avuto inizio con una determinazione del 1° Meeting internazionale dei Dialoghi di bioetica organizzato dalla Comunità Europea nel febbraio 2009, e precisamente dal Gruppo di etica per le scienze e le nuove tecnologie (EGE), che annunciava la costituzione di un Consiglio scientifico per il Forum europeo di bioetica. Il Consiglio, nella prima riunione del 30 aprile 2010, eleggeva co-presidenti Jean-Louis Mandel, docente al Collège de France, e Jean-François Mattéi, già ministro della salute e presidente della Croce Rossa; vicepresidente Israël Nisand, medico specialista in diagnostica prenatale presso la clinica universitaria di Strasburgo.
Tra i 35 membri sono presenti medici, filosofi, sociologi, teologi cattolici e protestanti, un rabbino, una religiosa per la pastorale della salute, giornalisti scientifici, rappresentanti di associazioni familiari e di volontariato. Una composizione che sanciva l'originalità e la pluridisciplinarietà che caratterizzano la riflessione bioetica rispetto all'etica medica - come sottolinea Marie-Geneviève Pinsart -, una disciplina che comprende tutte le dimensioni dell'umano, ben al di là del solo dato di salute fisica.
«Le convinzioni comuni che ci hanno condotti qui - spiegava in quell'occasione Nisand, convinto sostenitore della gratuità della contraccezione per le ragazze minori di 18 anni- sono quelle di offrire la possibilità a quanti lo desiderano di riflettere sui temi bioetici che non devono in alcun modo restare appannaggio di una manciata di esperti e neppure ostaggio di quella troppo facile scorciatoia di sapore manicheo che vediamo spesso sui mass media con soluzioni bianco/nero». I problemi sono complessi e tutti hanno il diritto di dire la loro, soprattutto i giovani. E, proprio per venire incontro alla loro diversa sensibilità, sono state previste varie modalità espressive, dal teatro alla musica, ai film. «Non abbiamo intenzione di sostituirci ai parlamentari per modificare leggi o farne di nuove, solo un'occasione per riflettere e offrire nuovi elementi di valutazione nella speranza di una successiva analisi da parte politica».
La città di Strasburgo, crocevia di culture - già indicata dall'Unesco come uno dei luoghi ideali di confronto tra bioetica, multiculturalismo e religioni - si è rivelata la sede ideale per un evento di questo genere.
Ma è fin dagli anni 80 che la bioetica entra in Europa. Nell'83 il Consiglio si adopera per la sicurezza delle trasfusioni sanguigne ed evitare qualunque discriminazione dei malati di aids. Poi occorre registrare la Conferenza dei comitati etici nazionali (COMETH), il Comitato direttivo per la bioetica (CDBI) e nel 1997 la Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e della dignità dell'essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina (Oviedo Convention). Più una serie di interventi su temi quali psichiatria, trapianti, ricerche su materiale biologico e bio-banche, eutanasia, staminali, clonazione e quant'altro. Inoltre, alla fine del 2009, su iniziativa del Consiglio d'Europa, era stato organizzato un incontro per i ragazzi delle scuole superiori di Francia, Germania e Austria. Tema: i libri di testo di genetica, in un clima che abbatteva ogni barriera di lingue e tradizioni nazionali.
Una preoccupazione affiora costante: fare in modo che la bioetica non resti una materia per addetti ai lavori, ma che «solleciti e provochi inquietudine mentale, dalle scuole alle università», secondo le espressioni di Didier Sicard e Walter Schwimmer, rispettivamente presidente del Comitato francese di bioetica e segretario generale emerito del Consiglio d'Europa. In un'intervista a Le Parisien, Nisand spiegava: «Gli esperti forniscano sì lezioni, ma aperte a tutti così che ciascuno possa acquisire informazioni e diventare in grado di argomentare da solo attorno a queste complesse questioni. La bioetica non è una torre d'avorio».
Un dibattito franco e plurale
Nel 2011 un bambino su due che nasce avrà la probabilità di arrivare a cent'anni - spiegava Laurence Lwoff, dinamica presidente della Divisione di bioetica del Consiglio d'Europa -; l'aspettativa di vita in Europa ha compiuto un grosso balzo in avanti nel giro di dieci anni.
Ma i cambiamenti non sono mai esenti da nuove preoccupazioni e c'è chi mette in discussione i benefici nell'allungamento della vita. Sono molti coloro che si pongono seriamente l'interrogativo di cosa farne di tanti anni davanti, senza contare che l'invecchiamento globale della popolazione pone seri problemi dal punto di vista economico, sociale o semplicemente del sistema sanitario. Tali questioni coinvolgono tutti e mettono in gioco la nostra visione di uomo, del suo ruolo nella società, dei suoi diritti e libertà, della protezione della sua dignità.
Mentre aumenta la speranza di vita, sembra di fatto diminuire la considerazione per la vecchiaia a favore di una grande vulnerabilità e anche invisibilità delle persone. Di contro, aumenta l'idea che l'avanzare dell'età sia una «brutta esperienza» e si spendono cifre esorbitanti per la ricerca contro «i segni del tempo».
Sylvie, docente di filosofia, sottolinea lo straordinario interesse dei giovani sulle questioni del "fine vita": temi di frontiera dove sembrano saltare le tradizionali certezze e convinzioni religiose in nome di un pluralismo che annulla le distanze.
In Europa, più di una persona su due muore in ospedale dopo un trattamento prolungato, spesso troppo a lungo. Il diritto fondamentale di ogni paziente, riconosciuto a livello internazionale, è quello di consentire o rifiutare il trattamento. Ma nelle situazioni in cui il morente non ha la capacità di parlare, l'esercizio di tale diritto può essere più complesso.
Quali criteri devono ispirare la decisione di avviare, limitare o interrompere un trattamento medico? Medici, operatori sanitari, pazienti, familiari: chi definisce i rispettivi ruoli nel processo decisionale?Come tenere conto della volontà che il paziente ha già espresso? Sono alcuni dei problemi sollevati e discussi nel corso dei dibattiti con una conclusione condivisa: nella ricerca di soluzioni comuni ai problemi, il contributo dell'opinione pubblica deve essere valorizzato. A condizione che il dibattito sia condotto in maniera indipendente, senza pregiudizi di sorta e in un clima di libera espressione della pluralità delle opinioni.
Vecchiaia tra il dire e il fare
Tra i relatori va sottolineata la partecipazione della psicoterapeuta, specialista in fine vita, Marie de Hennezel. Ecco, in sintesi il suo pensiero: oggi il concetto di vecchiaia è combattuto tra il disprezzo e l'ideale. La discriminazione nei confronti dei vecchi è eguagliata solo dall'ipocrisia con cui, nella stagione del politicamente corretto, abbiamo coniato nuovi vocaboli, quali"anziani, pensionati, ex alunni». Ma questo cambiamento di vocabolario non cambia il contesto che avanza nella direzione dell'isolamento in case di riposo e residenze specializzate. Molti gli interrogativi ascrivibili a questa età compresa tra idealizzazione e realtà. Le questioni sollevate dalla bioetica spesso restano prive di risposta. Si dice spesso che il valore di una cultura si misura da come cui trattano i bambini e i portatori di handicap. Si potrebbe aggiungere a questa lista, i malati e i più vulnerabili.
Chiara, ma realistica, la posizione cattolica espressa, in occasione della Tavola rotonda Parole dalle religioni "Onora il padre e la madre",dal giovane vescovo ausiliare di Strasburgo, Christian Kratz, teologo morale e delegato della Conferenza episcopale francese presso la Commissione europea (Comece). Prendersi cura degli anziani è un imperativo che affonda le sue radici nella Bibbia, anche se nessuno può nascondere le difficoltà nel declinarlo oggi nelle situazioni concrete urbane. Se, da una parte, il comandamento richiama l'assoluta dignità della persona umana in ogni fase della vita, dall'altra, implica una riflessione sul contesto culturale. Ogni famiglia è chiamata ad interrogarsi in coscienza sulle effettive possibilità di mantenimento degli anziani tra le pareti di casa: «Spesso ci sarebbe lo spazio, ma una presenza potrebbe talvolta mettere a rischio l'equilibrio familiare». Si tratta di domande di valenza morale, diceva Kratz, cui non è possibile dare risposte valide per tutti.
In chiusura, a pochi giorni dalla nascita - il 26 gennaio all'ospedale di Clamart, nella zona suburbana di Parigi - del primo bébé-medicament, il bimbo concepito a scopo terapeutico per garantire la sopravvivenza del fratello affetto da β-talassemia - Umut-Talha il suo nome, che in turco significa "la nostra speranza" - è stato fissato il tema del Forum 2012: l'inizio della vita.
(da Settimana, n. 8, anno 2011)