Formazione Religiosa

Mercoledì, 17 Novembre 2010 18:03

L'azione e le opere dello Spirito (Arcangelo Bagni)

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In questa prima scheda ci soffermiamo su quattro brevi testi dell' Antico Testamento che ci permettono di avviare la riflessione sullo Spirito Santo, il suo progressivo rivelarsi e la sua azione. Iniziamo da alcuni brani del libro di Isaia e da un testo di Ezechiele.

L'azione e le opere dello Spirito

( Is 11,1-5; 42,1-4; 61,1-3; Ez 36,24-27)

di Arcangelo Bagni

In questa prima scheda ci soffermiamo su quattro brevi testi dell' Antico Testamento che ci permettono di avviare la riflessione sullo Spirito Santo, il suo progressivo rivelarsi e la sua azione. Iniziamo da alcuni brani del libro di Isaia e da un testo di Ezechiele.

Accostiamo, come sempre, i testi cercando di rilevare chi sono i personaggi, che cosa fanno, che cosa dicono, quali realtà interpellano. Notiamo, in modo particolare, l'esito degli interventi dei vari personaggi: verso chi è rivolta la loro azione? Come agiscono? Con quali criteri? In virtù di quale forza? Quale è l'esito ultimo a cui si tende?

Rileviamo, infine, nella lettura progressiva dei testi un approfondimento del tema «spirito»? Quale?

1. Lo Spirito e il Re

1. Un germoglio spunterà dal ceppo di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
2. Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di coraggio e prudenza,
spirito di conoscenza e di timore
del Signore.
3. Il timore del Signore lo guiderà.
Non giudicherà dalle apparenze,
né sentenzierà per sentito dire.
4. Giudicherà con giustizia i poveri,
emetterà eque sentenze
per gli oppressi del paese.
Colpirà il violento
con lo scettro della sua sentenza,
e con il soffio delle sue labbra
farà morire l'empio.
5. Come fascia si porrà la giustizia,
come cintura si cingerà la verità
(Isaia 11,1-5)

Per leggere il testo

I versetti analizzati appartengono al grande poema messianico di Is 11,1-9 (parallelo e complementare a 9,1-6) di cui raccoglie diversi motivi teologici: il virgulto successore, la giustizia come fondamento, la pace universale ...

Al tempo del profeta, la dinastia davidica è come un albero troncato. Ma il profeta interviene per ricordare la promessa di Dio di proteggere la casa di Davide: egli crede alla validità di questa promessa e pensa che la dinastia di Davide sia sempre valida per la salvezza di Giuda e di Israele.

Si è subito colpiti, in questo testo, dal richiamo a Iesse, il padre di Davide, che ci colloca immediatamente in un contesto monarchico. Perché risalire così lontano nelle radici della monarchia citando il padre del fondatore della dinastia? Semplicemente perché ogni nuovo re significava un nuovo inizio. La morte del sovrano era vista, infatti, come una profonda rottura e l'avvenimento del suo successore come una nuova speranza. Così il nuovo re veniva salutato come colui che dà inizio a una nuova era piena di tutte le speranze che il re doveva concretizzare durante il suo regno.

Possiamo notare, nel nostro testo, l'insistente presenza dello spirito. Troppo spesso siamo portati a pensare che lo spirito sia legato alla funzione profetica: ora, qui, ci troviamo in un contesto di monarchia. È vero che nel Nuovo Testamento e in Gl 3,1-5 la profezia è considerata come un dono dello Spirito.

Ma nell' Antico Testamento, e in modo particolare prima dell' esilio, lo spirito dice riferimento al re investito mediante l'unzione. Essa esprime il legame particolare del re alla divinità e conferisce - allo stesso tempo - lo spirito: «Samuele prese il recipiente di corno pieno d'olio e lo versò sulla testa di Davide per consacrarlo di fronte ai suoi fratelli. Lo spirito del Signore scese su Davide e, da quel giorno, fu sempre con lui» (l Sam 16,13).

La presenza dello spirito, nel testo esaminato, dice riferimento alle funzioni regali che rimandano alle qualità essenziali che il re possiede grazie alla divinità. Il re deve possedere sapienza, che è l'arte dell'agire bene, e deve condurre il suo popolo a una vita felice: deve anche saper fare la guerra per salvare il suo popolo. Mettere in opera una vera giustizia è uno dei primi compiti del sovrano. Tutte queste qualità non derivano automaticamente dall'essere investiti re; il re le riceve da Dio mediante l'accettazione consapevole della sua carica come sottolinea il testo che evoca lo spirito di conoscenza e di timore del Signore.

L'azione dello Spirito

La seconda parte del testo (vv. 3b-5) descrive le conseguenze pratiche di tutto ciò che il re ha ricevuto, la presenza dello spirito di Dio in lui, sottolineando però in modo particolare una delle funzioni del re: rendere giustizia.

Già il salmo 72 insisteva lungamente su questo aspetto della missione regale. La giustizia ha lo scopo di riparare i torti e rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto. Per questo è necessario avere la forza. Comprendiamo, allora, il richiamo alla giustizia e alla fedeltà come cinture e fascia, segno appunto di forza. Lo spirito conferisce non solo una funzione ma anche i mezzi per attuarla. La lettura dei vv. 6-9 (che abbiamo omesso ma che vanno letti) prolunga il nostro testo in una prospettiva paradisiaca descrivendo le conseguenze di una tale azione: la pace e l'armonia a tutti i livelli.

Al di fuori di questo testo essenziale del Libro di Isaia, troviamo un' altra menzione dello spirito in riferimento alla giustizia (Is 28,6). Lo spirito in rapporto alla saggezza politica è citato in 19,3.14 e 30,1. Ma in Isaia lo Spirito resta prima di tutto legato al re come l'espressione della presenza divina e in vista di un compito di giustizia e di prosperità che deve attuare.

2. Il «servo» e lo spirito

1. Ecco il mio servo che sostengo,
il mio eletto che prediligo.
Su di lui ho posto il mio spirito,
perché porti il diritto alle nazioni.
2. Non griderà, non alzerà la voce,
non farà grandi discorsi nelle piazze.
3. Se una canna è incrinata, non la spezzerà,
se una fiamma è debole non la spegnerà.
Promuoverà fedelmente il diritto.
4. Egli non vacillerà né si spezzerà
finché non avrà stabilito
il diritto sulla terra, la sua legge,
che le isole attendono.
(Isaia 42,1-4)

Per leggere il testo

Invitiamo a leggere anche i vv. 5-9 qui non riportati. Ecco uno degli innumerevoli testi celebri del Deuteroisaia, il profeta dell'Esilio chiamato ad aprire gli occhi della speranza a Israele prostrato e nella incredulità.

Nella prima parte (vv. 1-4) è Dio che presenta un personaggio che riceve il titolo di «servo» e di «eletto» e al quale è affidata una missione. I due titoli si ritrovano tali e quali solo nel Sal 89,4, attribuiti questa volta a Davide.

La missione di questo servo è definita in modo chiaro (vv. 1.3-4): far trionfare il diritto. Se leggiamo ciò che viene detto più avanti (v. 7) comprendiamo meglio cosa significhi far trionfare il diritto: aprire gli occhi ai ciechi, liberare dalle prigioni i prigionieri ...

È evidente che, per i ciechi e quelli che so no nelle tenebre, la giustizia e il diritto che il servo stabilirà non si ridurranno alla semplice casistica dei tribunali. Tutti gli aspetti dei diritti dell'uomo saranno ristabiliti, anche quelli che toccano gli uomini nella loro realtà più profonda. Il servo non realizzerà questa impresa con le armi o con la forza, ma grazie allo spirito del Signore: soavità e mansuetudine con il debole e il vacillante, ma accompagnata da fermezza nel soffrire e tenacia nel realizzare l'impresa; egli non spezzerà il debole, ma nemmeno lui si spezzerà.

La missione di ristabilire il diritto e lo spirito di Dio come la realtà che permette questa realizzazione rimandano a un personaggio regale e messianico. Così la salvezza e la speranza di Israele prendono corpo nell'immagine di una figura regale che realizzerà finalmente la sua missione. Sia che l'autore di questo canto pensi a- Ciro, il re persiano che permetterà agli esiliati di ritornare, sia che pensi al popolo stesso di Israele, è significativo il fatto che qui noi ritroviamo le stesse immagini di Isaia 11 (il testo sopra esaminato) che indicano una precisa logica di azione.

3. Lo spirito e l'unzione

1. Lo spirito del Signore è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato
con l'unzione; mi ha inviato a portare
una buona notizia ai poveri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà agli schiavi,
la liberazione ai prigionieri
2. per promulgare l'anno di grazia
del Signore,
il giorno della rivincita del nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti di Sion;
3. per cambiare la cenere in corona,
il lutto in profumo festivo,
l'abbattimento in veste fastosa.
(Isaia 61,1-3)

Per leggere il testo

Il tempo è trascorso. L'impero babilonese è scomparso. Gli annunci del Deuteroisaia circa l'arrivo di Ciro (vedi testo precedente) e la libertà per gli esiliati appartengono ormai al passato.

Un discepolo del profeta Isaia continua il suo lavoro e la sua riflessione. Siamo in Giudea: un certo ritorno si è realizzato ma la situazione appare certamente non brillante. Le promesse annunciate dal Deuteroisaia son ben lontane dalla realtà. Lo scoraggiamento sembra prendere il sopravvento e sorge la tentazione di non fidarsi più di Dio.

Ecco affacciarsi un inviato del Dio di Israele: Egli - si afferma - sta per iniziare un'era di prosperità e di vita per tutto il suo popolo. La prospettiva che si affaccia è dunque di rinascita.

Ritroviamo nel nostro testo il tema dello spirito e di una missione così come in 42,1-7. Ma qui appare un elemento nuovo: l’unzione, Molto più significativo è il fatto che l'unzione è il frutto dello spirito: «lo spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione»,

Come in 42,1-4 e 49,1-6, il profeta si presenta in prima persona e precisa ciò che lo caratterizza: l'invio, o missione, e il servizio della parola. Egli ha il compito di portare una lieta notizia in qualità di araldo. Proprio per attuare questa missione egli ha ricevuto lo spirito del Signore attraverso l'unzione. Con la parola egli comincia a curare quelli che soffrono, poiché annuncia e promulga un anno giubilare da parte del Signore. Anno giubilare che è sullo stile di Lv 25 o simile a quello di Ger 34.

Il profeta annuncia l'intervento di Dio che si muove in una duplice direzione; da una parte, per fare giustizia nei confronti dei suoi oppositori (solo Dio è Dio) e, dall'altra, per rinfrancare il suo popolo (Dio mantiene fede alle sue promesse).

Questa lieta notizia porta forza di convinzione e opera una trasformazione profonda che chiama alla consolazione (40,1) e i suoi beneficiari sono coloro che soffrono. La gioia cambia i riti di lutto in riti di festa (cf Sal 30), al contrario di 3,24. Il profumo festivo ricorda il salmo 45,8, poiché si trova solo in questi due passi.

Lo spirito continua ad essere il dono che il Signore dà a quelli che hanno la missione di attuare la giustizia e di riscattare il popolo oppresso.

Non è senza significato allora che l'evangelista Luca metta questo programma sulla bocca di Gesù (Lc 4,16-21).

4. Cuore e spirito nuovi

24. «Vi prenderò dalle genti,
vi radunerò da ogni terra
e vi condurrò sul vostro suolo.
25. vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati;
io vi purificherò da tutte
le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli;
26. vi darò un cuore nuovo,
metterò dentro di voi uno spirito nuovo,
toglierò da voi il cuore di pietra
e vi darò un cuore di carne
27. porrò il mio spirito dentro di voi
e vi farò vivere secondo i miei precetti
e vi farò osservare e mettere in pratica
le mie leggi».
(Ezechiele 36,24-27)

Per leggere il testo

Questo celebre testo del profeta appartiene alla seconda parte del ministero del profeta, quando Israele è in esilio. Il disastro si è abbattuto su Israele, il peccato è stato punito. È difficile, in una simile situazione, mantenere ancora la speranza.

Il profeta, che aveva annunciato in maniera lucida il castigo che il popolo aveva meritato per essersi allontanato da Dio, annuncia ora la speranza. È possibile ancora un domani perché il Dio di Israele ha a cuore il suo popolo. Il testo esaminato fa parte di un'unità più ampia (vv. 16-38) che va letta: il profeta - a nome del suo Dio - annuncia un possibile rinnovamento. Dopo una breve presentazione della storia del popolo (nella quale si sottolinea la sua infedeltà come espressione della mancanza di fiducia nell'agire in Dio) il profeta si rivolge al domani: egli insiste sul ritorno del popolo, sui mezzi e sulle conseguenze. Dio sta per intervenire a causa del suo nome che è stato profanato, insultato tra i popoli dove Israele è stato esiliato.

Il nostro testo si sofferma in modo particolare sui mezzi e le conseguenze di questa rinascita.

La rinascita di Israele

La rinascita dice riferimento a scelte radicali: cambiare cuore e spirito del popolo. Si tratta di un'immagine che rimanda alla mentalità dell'epoca. Il cuore è la sede dell'intelligenza che permette all'uomo non solamente di sapere ma anche di vivere. Israele, per intervento radicale di Dio, potrà rivivere. Ezechiele, così come Geremia, è arrivato ad una precisa conclusione: affinché Israele possa vivere in relazione con il suo Dio deve «essere ri-fatto».

Si impone una nuova creazione. Diversamente si cadrebbe ancora negli errori di prima. Nel nostro testo si parla dapprima di uno spirito nuovo; poi, il Signore - per bocca del profeta - annuncia il dono del «mio» spirito. Affinché la relazione con il suo popolo sia possibile, perché essa possa collocarsi al livello voluto da Dio, Dio stesso interviene e offre la condivisione del suo spirito! La solidarietà di Dio verso il suo popolo viene così a collocarsi a un livello tanto inatteso quanto profondo.

Vale la pena di notare che la promessa del profeta circa la rinascita di Israele - con il dono di un cuore e di uno spirito nuovo - è collocata all'interno di un contesto cultuale molto importante e che assume la forma di una purificazione liturgica. Infatti, si fa riferimento alla purificazione mediante acqua pura.

Ezechiele sa bene che la prospettiva del culto è insufficiente: occorre un intervento diretto e particolare da parte di Dio, il dono dello spirito, del suo spirito. Solo così Israele potrà rinascere. Comprendiamo allora perché questo testo di Ezechiele abbia potuto essere presente nel dialogo di Gesù con Nicodemo (Gv 3,5ss).

Alcune provocazioni

Nei testi esaminati si parla dello spirito in riferimento a diversi personaggi e situazioni. Tuttavia, da essi ci sembra possibile cogliere alcune provocazioni in ordine al nostro tema.

Innanzitutto, lo spirito dice riferimento alla logica con la quale Dio opera nella storia della salvezza. Una logica che coinvolge uomini concreti (re, profeti ... ) in precise situazioni storiche e affinché queste si aprano alla novità di Dio.

Poi, lo spirito è dono di Dio, non conquista dell'uomo. Un dono che permette all'uomo di agire in modo tale che quanto appare chiuso e destinato all'insuccesso possa, invece, trovare strade nuove: le strade di Dio.

Quindi, là dove c'è gente che opera per la giustizia proponendo la logica della condivisione a quella del possesso; là dove i poveri sono messi al primo posto e contano perché sono amati da Dio; là dove, per amore della verità, c'è gente disposta a morire, là è in azione lo spirito di Dio.

Infine, la parola ultima non può essere mai il peccato dell'uomo, o della comunità credente. Dio non abbandona l'uomo. Lo accoglie e lo ricrea per riconsegnargli la libertà di figlio di Dio. Non c'è situazione umana che non possa essere raggiunta dall'amore di Dio capace di mettere nell'uomo un cuore nuovo e uno spirito nuovo.

(segue…)

 

(da Parole di vita, n.1, 1998)

Letto 3521 volte Ultima modifica il Giovedì, 20 Gennaio 2011 14:42
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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