Formazione Religiosa

Lunedì, 13 Settembre 2010 15:13

Libera di essere nera (René Luneau)

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La devozione alla Madonna è molto radicata tra i cattolici africani. Apparizioni? Non sempre. Ma di certo anche in terra d’Africa abbondano santuari mariani. Un teologo domenicano francese che ha vissuto a lungo nel continente, ce ne parla.

Libera di essere nera

di René Luneau

 

Di recente sono stato a Lourdes per il 150° anniversario delle apparizioni della Madonna a Bernadette e mi sono chiesto: «La Vergine eviterebbe i sentieri che portano in Africa?». La risposta che mi sono dato è stata che, da alcuni decenni, sembrerebbe non essere più così.

Le prime apparizioni della Madonna in terra africana riconosciute dalla chiesa si registrano a Kibeho, un paese nel sud del Rwanda. Il 28 novembre 1981 la Vergine appare, per la prima volta, ad Alphonsine Mumureke, presentandosi come Nyina wa Jambo (Madre del Verbo). Alcuni mesi dopo si mostra anche ad alcuni compagni di scuola. L’avvenimento provoca in Rwanda un'intensa emozione. Le folle, anche da molto lontano, si riversano a Kibeho, mosse dalla curiosità e dall'aspettativa di miracoli e si radunano attorno al podio sul quale è seduta la veggente, per accogliere dalle sue labbra il messaggio celeste e dalle sue mani l'acqua che la Vergine, dietro sua richiesta, benedice.

Per anni, una commissione teologica e una medica studiano attentamente la personalità dei veggenti (sei ragazze e un ragazzo di 15 anni, Segetashya, che non è neppure catecumeno quando Gesù in persona gli appare; sarà poi battezzato con il nome di Emmanuel), senza notare in loro alcunché di anormale. Anche i messaggi che i veggenti sono incaricati di trasmettere non esulano dall'ordinaria vita di un cristiano: parlano di penitenza, conversione del cuore, spirito di fede, preghiera, carità fraterna, disponibilità, umiltà, fiducia in Dio, vanità del mondo e dignità della persona umana.

L’apparizione del 19 agosto 1982 ha un tono singolare. I veggenti raccontano di aver visto immagini terrificanti: fiumi di sangue, persone che si ammazzavano tra di loro, cadaveri abbandonati insepolti, un albero in fiamme, un abisso spalancato, un mostro spaventoso e tante teste decapitate. Le 20 mila persone presenti sono prese da un senso di paura, se non di panico e tristezza.

Dodici anni dopo, avviene il genocidio. Anche a Kibeho, migliaia di persone sono assassinate. I molti che cercano rifugio nella chiesa vengono massacrati; l'edificio è incendiato. Nel 1996, un campo di rifugiati, installato nei pressi di Kibeho, è attaccato dall'esercito del Fronte patriottico rwandese, al potere a Kigali: migliaia i morti.

Nel 2001, la chiesa del Rwanda, uscita indebolita e divisa dalla terribile prova del genocidio, riconosce l'autenticità delle apparizioni. Mons. Augustin Misago, vescovo di Gikongoro, l'inquisitore dei primi anni, precisa che il riconoscimento delle apparizioni non è articolo di fede; il credente è libero di crederci o meno. Il santuario, consacrato nel 2003 dal card. Crescenzio Sepe, è dedicato alla Madonna del dolore.

Icona miracolosa

Nel 1973, per iniziativa del comboniano Francesco Grotto, la chiesa parrocchiale di Togoville (Togo) è trasformata in santuario, dedicato a Nostra Signora del Lago, Madre della misericordia. L’architetto italiano Ferdinando Michelini (miracolato da san Riccardo Pampuri, medico e religioso dei Fatebenefratelli) dona all'amico comboniano un'icona miracolosa della Madonna, che l'arcivescovo di Lamé “intronizza" solennemente a nome di tutta la chiesa togolese. Da subito, l'icona comincia a compiere meraviglie.

Si racconta che un gruppo di pellegrini, in grave difficoltà mentre attraversava il Lago Togo per recarsi al santuario, si sia trovato misteriosamente sulla riva, sebbene il guidatore della piroga avesse perso la pertica. Nel villaggio circola un altro aneddoto che assicura di un fatto avvenuta molti anni prima dell'arrivo dell'icona: durante un lavacro purificatorio presso un sacerdote del vodù locale, una donna consacrata al feticcio e impossibilitata ad avere figli ebbe la visione di una dama bianca, con un bimbo tra le braccia; qualche tempo dopo, la donna concepì.

Si racconta anche che, nel novembre 1983, in occasione dei festeggiamenti per il decimo anniversario dell'intronizzazione dell'icona, uno sciame d'api, “in forma di ostia, bianca e rotonda", si sia posato proprio sopra la Madonna. Nella tradizione togolose, le api sono segno di benedizione. Parlare di miracolo farebbe sorridere noi occidentali. Eppure, anche i grandi sacerdoti del vodù di Togoville si sono recati più volte a venerare l'immagine della Vergine, forse perché assimilano la devozione alla Madonna alla venerazione per la dea del lago, Mama Kponu.

Sempre in Togo, 1998: corre voce che la Vergine appaia nella piazza della chiesa parrocchiale di Tsévié, a 30 km da Lamé. I veggenti sono giovani, tra cui una rifugiata rwandese. La notizia travalica subito le frontiere e i pellegrini arrivano da Costa d'Avorio, Benin e Ghana. Le apparizioni si sono ripetute, ma la chiesa non le ha mai riconosciute. I fedeli, però, continuano a recarsi a Tsévié per pregare la Vergine.

All’africana

Il 13 maggio 1986, a Nsimalen, a 25 km da Yaoundé (Camerun), alcuni ragazzini stanno giocando nel cortile di una scuola. A un certo punto, sulla cima di un albero vedono una “forma bianca" che richiama fortemente la figura della Madonna venerata nella chiesa parrocchiale. La vedono anche alcuni adulti, che la “identificano" subito:  si tratta senz'altro della Vergine Maria! La voce si sparge fino alla capitale e oltre. La gente accorre: per cinque intere giornate questa strana forma bianca resterà perfettamente visibile. E subito si parla di miracoli. Una bambina di 9 anni, muta dalla nascita, riacquista improvvisamente la parola e si mette a gridare: «Maria, Maria!». Un catechista di Nsimalen ricupera la vista. Una notte, il villaggio è invaso da una luce ininterrotta che consente di leggere un libro e ricamare un vestito senza bisogno di lampada. C'è chi vede il sole trasformato in una lucente palla verde dai bordi trasparenti, e chi giura di aver visto la luna ovale e, su di essa, una donna seduta con il bimba in braccia.

Il clero scuote la testa. Suor Marie-Praxéde, una suora che vive da anni a Nsimalen, non comprende la mancanza di entusiasmo dei responsabili della chiesa. Il parroco le dice che a Lourdes la Madonna è apparsa solo a Bernadette. E lei: «Ma qui siamo in Africa, e la Vergine comprende la nostra mentalità. Perché pretendere che appaia sempre allo stesso modo? Perché noi africani non potremmo avere la nostra Vergine? Voi preti, compreso l'arcivescovo, siete troppo europei e non capite».

L’indignazione della suora è interessante. Bisognerà sempre rifarsi all'autorità del clero - occidentale o formato all'occidentale - per giudicare avvenimenti che avvengono in terra africana e riguardano innanzitutto la gente che vi vive? E la Madonna, per essere riconosciuta, deve per forza attenersi alle norme del diritto canonico? Non può apparire dove e come vuole, foss'anche in cima a un albero? Troppe le grotte di Lourdes replicate nel mondo, quasi che la Vergine non potesse "apparire" che in un antro!


Ragioni di una visita

Il gesuita camerunese Meinrad Hebga ha argomentato: «Non si deve esigere dai cristiani dell’Africa nera di essere i soli a credere senza aver visto. Sarebbe un inganno! È forse un caso che i paesi più favoriti dal "fascinoso” sono i più ricchi materialmente? Fieri dei loro molti santi, tutti operatori di prodigi (almeno in vista della canonizzazione) e di essere originari di "paesi dei miracoli", verrebbero qui a dirci che l'essenziale non è questo, ma la "fede-beata-di-chi-non-vede" e la carità? Grazie mille! Sono discorsi che hanno l'amaro sapore di quelli che pasciuti ecclesiastici sciorinavano al proletariato dell'Ottocento. Noi ne faremmo volentieri a meno».

Sembrerebbe arrivato il tempo per il "fascinoso" di indigenizzarsi e per la Madonna di essere libera di fare anche in Africa le sue "visite a domicilio", fin qui riservate ai più ricchi. Anche se la sua immagine nel continente non potrà più assomigliare in tutto e per tutto a quella di Lourdes o di Fatima. Le apparizioni di Kiheho sarebbero, dunque, una “buona notizia" per l’Africa e la sua chiesa: la religiosità cristiana si starebbe africanizzando. Questo riequilibra le deviazioni causate dall'Occidente, che con la secolarizzazione sistematica e la dimenticanza dell'essenziale (valgono solo la scienza e la tecnica) ha spesso sedotto l’Africa.

Perché  meravigliarsi se, dopo un secolo di cristianesimo, le devozioni cristiane assumessero in Africa carne africana e cominciassero a segnare profondamente la psicologia dei credenti? Gli africani hanno sempre avuto visioni di spiriti e di antenati. Per tanti fedeli, la Madonna o un altro santo sono diventati personaggi familiari, che fanno parte del loro universo quotidiano. Almeno su questo punto, si è operata una reale inculturazione. Per provarlo, non sono necessarie le apparizioni. Bastano i santuari. Ce ne sono in ogni angolo del continente: Poponguine (Senegal), Kita (Mali), Lagos e Kona (Nigeria), Yagma (Burkina Faso), Dassa-Zoumé (Benin), Yamoussoukro (Costa d'Avorio), Nairobi e Subukia (Kenya), Kampala (Uganda), Soweto (Sudafrica), Namacha (Mozambico)...

A partite dal 1970, l'avvenimento del rinnovamento carismatico ha segnato un cambiamento importante nella vita delle comunità africane, ridando diritto di cittadinanza a espressioni religiose radicate nella tradizione e da essa valorizzate, ma che il cristianesimo ha sempre tenute con cura da parte (la trance, ad esempio, considerata "estasi" in Europa, è stata giudicata "possessione demoniaca" in Africa). Oggi, se uno partecipa a un incontro di preghiera degli amanti del Rinnovamento netto Spirito, vede tante persone che cadono in trance durante la processione del SS.mo Sacramento. Simili fenomeni non potrebbero rappresentare, tra l'altro, una protesta contro una liturgia che non da spazio all'ispirazione a all'emozione collettiva? Ernest Kombo, vescovo di Owando (Congo) deceduto l'ottobre scorso [2008], diceva: «Il giorno in cui non ci sarà più trance, sarà grave: vorrà dire che qualcosa è venuto a mancare».

I santi "abitano", anche solo per un momento, i loro devoti, proprio come il vodù "abita" i suoi adepti. La gente ci crede, e non serve dire che Cristo ci ha promesso il suo Spirito, non sua madre o l'angelo Michele. Radicare il Vangelo nella cultura africana è un compito impegnativo e di lunga durata. E Maria di Nazareth, figlia di Israele e serva del Signore, diventa il paradigma anche del fedele cristiano africano. E non dubita che saprà, anche in Africa, situare bene il posto che lei occupa nella storia della salvezza.

(da Nigrizia, dicembre 2008, pp. 60-63)

Letto 6503 volte Ultima modifica il Lunedì, 13 Settembre 2010 15:33
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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